Il caos scaturito recentemente dalla querelle Juventus-Napoli ha messo tanti punti interrogativi su un campionato che partiva già sotto auspici non proprio esemplari. Adesso, tra problemi con il protocollo, decisioni da prendere e tanti positivi in molte squadra di Serie A, il torneo italiano rischia di subire una pesante battuta d’arresto, se non addirittura di fermarsi. Un rischio che, in fondo, persiste anche se nessuno vuole parlarne ad alta voce. Per provare ad analizzare meglio quanto accaduto in questi giorni, Minuti Di Recupero ha contattato il giornalista esperto di economia e direttore di Sporteconomy Marcel Vulpis. Con lui si è parlato non solo di eventi recenti ma pure delle conseguenze per il mercato in tempi di COVID-19.
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Vulpis: “Monte ingaggi? I costi gestionali restano alti. Juventus-Napoli? Nessuno ha colpe ma il protocollo va rivisto”
Innanzitutto, qual è il suo parere sulla vicenda che ha coinvolto Juventus e Napoli?
“Di fatto è successo ciò che doveva succedere. Il protocollo studiato a giugno da parte della FIGC e dei soggetti coinvolti era sicuramente perfetto per quel periodo storico. Nel frattempo, però, la situazione è cambiata. Anche il numero dei morti sta aumentando, così come aumentano i contagi. La colpa di questa situazione non è né del Napoli né della Juventus, così come non lo è della Lega o della FIGC. Forse il Ministero della Salute poteva essere maggiormente proattivo e guidare il processo di implementazione del protocollo.
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C’è stato dolo? Non credo. Però le casistiche poi cambiano. Il virus è in continua evoluzione numerica, qualitativa e quantitativa. Le regole di oggi andavano bene a giugno ma non vanno bene adesso. Il problema vero risiede nella scarsa conoscenza dei rapporti tra parti dello Stato, il CTS non comanda sulle ASL. Se quei medici ritengono che quel tipo di contagio possa diventare volano in altre regioni, giustamente i calciatori si fermano. Il rapporto è Regione-ASL.
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C’è stata una mancanza da parte degli addetti ai lavori, così come scarsa conoscenza del mondo Sanità-Regione. La sanità è in delega alle Regioni. Se l’unità sanitaria locale ha ritenuto che i giocatori del Napoli potessero diventare veicoli del contagio la polemica diventa anche inutile. Non è colpa di nessuno. La Juventus chiaramente stava a Torino, a parti invertite anche il Napoli si sarebbe comportato come hanno fatto i bianconeri, presentandosi allo stadio e aspettando. Ora il Giudice Sportivo ha bloccato la questione. Tutto è molto difficile”.
Si tende a percepire tutto questo come una lotta tra Juventus e Napoli, quando in realtà potrebbe trattarsi di uno scontro tra mondo del calcio e Stato.
“Più che altro è uno scontro tra livelli di politica regionali e il rapporto con lo Stato. Agnelli non centra nulla, non è che ce l’ha con il Napoli. La Lega ha ragione da una parte ma la situazione epidemiologica è peggiorata. Il protocollo dev’essere rivisto. Secondo me il Napoli non merita il 3-0 a tavolino”.
Inevitabilmente si è trattato anche di un calciomercato diverso per via del COVID-19.
“Con dei bilanci fondamentalmente in perdita (Juventus e Barcellona avevano entrambe -97 milioni) è un momento difficile per tutti. Da questo punto di vista, chiaramente la situazione è difficile, non potevamo aspettarci dei colpi che non potevano esserci. Il mercato italiano è uno dei più poveri, ed è stato colpito in pieno da questa crisi”.
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Monte ingaggi e playoff: il pensiero di Vulpis
C’è da valutare ovviamente anche la situazione del monte ingaggi delle squadre di Serie A dopo il mercato.
“Credo che quando hai dei rapporti firmati in tempi pre COVID-19 magari può esserci stata una limatura, come per il lockdown. I contratti – quindi i costi gestionali – devono essere onorati. Se è stato stabilito quel tipo di importo e viene pagato, non è che la mattina ti svegli e non paghi. C’è un contratto e va onorato. I costi gestionali sono alti ma erano stati fatti presumibilmente in tempi diversi. I nuovi contratti saranno riparametrati a elementi e fattori non compresi finora. Magari nei prossimi contratti ci saranno clausole COVID-19. Per fare un esempio, potrebbe anche essere che un calciatore possa vedersi decurtato lo stipendio in caso di nuovo lockdown”.
In virtù di questa crisi, si è tornato a parlare di playoff per la Serie A. Lei cosa ne pensa?
“Credo che sia una formula moderna. Io sono per l’idea della finale secca tra le migliori due ma dipende dal tipo di stagione. Se la Juve o il Napoli hanno tanti punti sulla seconda (10-15-20), non ha senso fare il format Superbowl. C’è un chiaro predominio di una delle due. Se invece il numero di punti non risulta più alto di 3-4 (basterà poi decidere un determinato parametro) e quindi se lo scarto è minimo, magari una sola partita, secondo me ci potrebbe anche stare. Darebbe lustro al prodotto calcio e permetterebbe di fare certe operazioni che ora non si fanno.
Siccome però gli italiani sono tali e sono furbi pensano a fare il campionato da secondi, a difendere il secondo posto, poi anche se prendono 50 punti dalla Juventus c’è il Superbowl. Non sarebbe corretto che chi ha avuto perfomance di altissimo profilo possa perdere una partita contro la seconda e perdere il campionato.
Anche la costruzione di come arrivarci quindi dev’essere trasparente, condivisa e con una logica di buonsenso. La soluzione dev’essere condivisa ma non può essere votata – con rispetto parlando – dal Benevento o dal Crotone o comunque da tutti i club. Bensì da 6-7 squadre che possono competere realmente competere per il titolo. Al giorno d’oggi, per esempio, potrebbero essere Atalanta, Napoli, Juventus, Inter. Già il Milan dell’anno scorso, per fare un esempio, non entrerebbe in questo ragionamento. E’ una cosa che andrebbe valutata correttamente, magari anno per anno”.