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Tite è l’uomo che ha rilanciato le ambizioni del Brasile, che non vince i Mondiali da vent’anni esatti. E adesso, in Qatar, punta forte a tornare in vetta.

C’era una volta il Brasile patria del calcio. E oggi magari non si può proprio dire che non sia più così, ma è evidente che qualcosa si sia rotto nel futebol verdeoro che conoscevamo un tempo. La Seleção non vince un Mondiale dal 2002 (l’unico altro digiuno più lungo è stato quello tra il 1970 e il 1994), ma a colpire maggiormente sono i risultati ottenuti in questi vent’anni: escluso il quarto posto del 2014 (deludente, dato che giocava in casa e in mezzo prese anche la celebre batosta dalla Germania), non è mai andato oltre i quarti di finale.

Tite è l’uomo chiamato a spezzare il tabù, dopo aver già interrotto la crisi in Copa America con la vittoria del 2019 e il secondo posto dell’anno scorso (in precedenza, dal 2007 erano arrivati due quarti di finale e un’eliminazione clamorosa al primo turno). È lui che ha ridato fiducia e speranza a un paese che non è mai stato in crisi di talenti, ma spesso non ha saputo farli muovere assieme come una squadra.

Come gioca il Brasile di Tite

Adenor Leonardo Bacchi, in arte Tite (che si pronuncia più o meno “Cici”), famiglia originaria di Viadana (Mantova) trapiantata nello stato di Rio Grande do Sul, è stato un attaccante di basso livello negli anni Ottanta. La sua formazione è avvenuta principalmente presso l’Università Cattolica Pontificia di Campinas, dove si è laureato in scienze motorie (è infatti chiamato “il Professore”) come allievo di Felipe Scolari, che poi sarebbe stato ct del Brasile campione del mondo nel 2002.

Da Felipão ha ripreso sicuramente un’impostazione tattica molto europea, la capacità di adattarsi a sistemi differenti e assumere un atteggiamento molto più pragmatico rispetto alla tradizione verdeoro. Soprattutto, Tite ha rilanciato il Brasile adottando un gioco posizionale tipico del moderno calcio europeo, che in patria gli è valso qualche critica proprio per la scelta di un gioco così diverso dallo stile brasiliano classico.

Tite: la carriera d’allenatore

La sua carriera d’allenatore è partita dal basso, emergendo dalle serie minori brasiliane grazie alle esperienze con squadre come Guarany de Garibaldi, Veranopolis, Ypiranga, Juventude e Caxias. Con quest’ultimo club, nel 2000 ha vinto il Campionato Gaucho (il campionato dello stato di Rio Grande do Sul), ottenendo una grande impresa che gli ha permesso di passare alla guida del Gremio, con cui ha poi vinto un altro Campionato Gaucho e la Coppa del Brasile.

Successivamente è stato alla guida del São Caetano e del Corinthians, dove però si scontrò con il potente e discusso procuratore Kia Joobarchian, che di fatto controllava il club attraverso la sua Media Sports Investment, venendo esonerato nel 2005. Tite ha lavorato ancora con Atletico Mineiro e Palmeiras, per poi andare negli Emirati Arabi ad allenare l’Al Ain. Al ritorno in Brasile, un nuovo exploit con l’Internacional, con cui ha messo in bacheca in pochi mesi Campionato Gaucho e Coppa Sudamericana.

Dopo un altro breve passaggio negli Emirati con l’Al Wahda, ha aperto il suo doppio ciclo vincente al Corinthians, richiudendo il cerchio lasciato aperto nel 2004. Tra il 2010 e il 2013, Tite ha conquistato un campionato nazionale, un Campionato Paulista, una Recopa Sudamericana, una Copa Libertadores e un Mondiale per Club alla guida del Timão. Dopo un anno sabbatico, è tornato ad allenare il Corinthians, vincendo un altro campionato brasiliano nel 2015. Un anno dopo, è stato chiamato dalla Federcalcio alla guida del Brasile.

Tite allenatore del Brasile, lo stipendio

Tite è uno dei ct più pagati al mondo, grazie alla sua grande carriera coi club e agli ottimi risultati ottenuti con la Seleção in Copa America. Con 3,6 milioni di euro netti l’anno, è il quarto allenatore più pagato del Mondiali 2022 e il primo tra i non europei. Da sei anni alla guida del Brasile, ha già annunciato che lascerà la panchina dopo il torneo, a prescindere dal risultato finale.

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