Erik Ten Hag e il Manchester United sembrano inseparabili nonostante le difficoltà. Ecco svelato il probabile perché.
Quando Ten Hag ha lasciato l’Ajax per approdare al Manchester United le aspettative riguardo il futuro della squadra impennarono improvvisamente. La gestione Solskjaer, composta da luci e ombre, aveva scoraggiato al punto tale da buttare la seconda parte della stagione 2021-22 tra le mani prima di Carrick e poi di Rangnick, obbligato a lasciare Old Trafford nonostante le promesse al momento della firma. E così, nell’estate 2022, l’arrivo del tecnico olandese sembrava la luce in fondo ad un tunnel di scelte sbagliate, soldi spesi casualmente e una serie di fallimenti sportivi a cui si intendeva porre rimedio il prima possibile.
Se possibile, la stagione dell’esordio di Ten Hag alla guida dello United alzò ancor di più le aspettative: terzo posto in campionato, vittoria della Carabao Cup e – unica delusione – eliminazione ai quarti di Europa League contro un Siviglia più esperto. Se quindi i risultati sportivi andavano nella direzione richiesta dai tifosi, un’altra missione – meno esplicita – era stata affidata dalla proprietà dei Red Devils al neo tecnico: ripristinare la disciplina in uno spogliatoio dove da tempo sembrava che i giocatori dominassero sugli allenatori.
Una missione complicata, soprattutto quando la rosa è composta da atleti dal valore di mercato in costante ascesa, il cui punto di riferimento è appena tornato ad Old Trafford dalla Juventus dopo aver dominato il mondo del calcio. La prima stagione di Ten Hag partì quindi con la disputa con Cristiano Ronaldo, l’addio del portoghese a novembre, l’arrivo di Casemiro dal Real Madrid e un report della Uefa che spiegava come – alla fine del anno fiscale e quindi a fine stagione – la rosa arrivata terza in Premier League fosse la più costosa nella storia del calcio. 1,42 miliardi il costo di quel Manchester United, che raccoglieva in sé i cartellini di Maguire, Casemiro, Varane e Sancho, tra gli altri. Investimenti importanti, risultati importanti, questa doveva essere l’equazione che avrebbe riportato lo United ai fasti di un tempo, grazie ad un tecnico dedito alla rieducazione di uno spogliatoio fuori controllo.
L’estate successiva porta però venti di cambiamento a Manchester. La proprietà, fino a quel momento rappresentata dagli odiati Glazer, sceglie di proseguire la trattativa con Sir James Ratcliffe, magnate della petrolchimica che nel dicembre scorso acquisisce il 25 per cento delle quote in cambio della gestione della parte sportiva del club. Un cambio di rotta nella gestione del club che con Ratcliffe – attualmente non ancora operativo nell’attesa che la burocrazia della Premier League faccia il suo corso – intende dare un taglio alle spese folli ed inutili alla Antony – di cui parleremo tra poco – per concentrarsi su risultati ottenibili con le risorse attualmente a disposizione. É principalmente il Fair Play finanziario ad incidere su queste decisioni, le quali potrebbero ignorare i risultati sportivi di questa stagione e scegliere di mantenere Ten Hag a capo dello spogliatoio del Manchester anche la prossima stagione.
Ten Hag: questione economica?
Una prossima stagione che potrebbe non iniziare con la Champions League, ad esempio. Dopo la terribile eliminazione da ultimi nel girone di Galatasaray e Copenaghen, il quarto posto in Premier League dista attualmente undici punti, ed è occupato dall’Aston Villa di Unai Emery e Paquetà. Vista la concorrenza, ma soprattutto l’instabilità interna dello United, l’approdo in Champions League è davvero difficile, comportando evidenti perdite economiche e pubblicitarie ad una società già in seria difficoltà. In una situazione tale è quindi imprudente pensare che Sir Ratcliffe possa licenziare Ten Hag quando sul contratto da nove milioni di sterline rimangono ancora dodici mesi, per poi dedicarsi alla ricerca di un sostituto in un’estate che si prospetta densa di cambiamenti sulle panchine europee.
D’altro canto, al tecnico olandese si possono imputare i fallimenti di Antony ed Onana, costati rispettivamente novantacinque e cinquanta milioni e il cui rendimento non si è rivelato di certo all’altezza dei loro cartellini. Oltre a queste spese “folli” che Ratcliffe vuole ridurre, anche la gestione di Jadon Sancho – messo fuori rosa per questioni disciplinari – o le figuracce in Europa che sono costate un abbassamento sostanziale del valore della rosa, sono da imputare alla gestione Ten Hag, fallimentare tanto a livello sportivo quanto a livello economico negli ultimi mesi.
Sir Ratcliffe in estate cambierà le carte in tavola, in primis decidendo che cosa fare dei tanti talenti in rosa messi in difficoltà dalle richieste di disciplina dei Glazer e svalutati dai risultati altalenanti del tecnico olandese.
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