La Svizzera è da tempo una Nazionale di grande talento ma che ha raccolto magri risultati: EURO 2020 può essere l’occasione per invertire la tendenza?
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Quello contro il Galles non è stato decisamente l’esordio migliore: uno scialbo 1-1 che ha dimostrato i limiti di una Svizzera che da tempo cerca una grande affermazione internazionale, e che mercoledì contro l’Italia è già chiamata a una sfida decisiva del suo Europeo.
Negli ultimi sette anni, gli elvetici hanno raggiunto due volte gli ottavi di finale dei Mondiali e una volta quegli degli Europei, vivendo il loro miglior periodo di sempre ma dando comunque l’impressione di aver raccolto meno del dovuto.
Talento e multiculturalismo
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Scorrendo la rosa della Svizzera appare subito evidente che quella di Vladimir Petkovic sia una squadra di indubbie qualità: Akanji, Elvedi, Zakaria, Xhaka, Freuler, Shaqiri, Embolo sono solo alcuni dei grandi nomi a disposizione dell’ex-tecnico della Lazio. Dodici etnie diverse sparse su tre continenti, due soli giocatori (Sommer e Gavranovic) sopra i 30 anni: un presente brillante e un futuro con buone prospettive.
Se la fisicità e l’atletismo sono senza dubbio caratteristiche di spicco della rosa (basti pensare a Zakaria, Akanji, Elvedi, ma anche a un cursore a tutta fascia come Mbabu), la qualità di giocatori come Xhaka e Shaqiri è la chiave di volta per cambiare le partite, ispirando la manovra offensiva. Non a caso, gli elvetici sono riusciti a vincere il proprio girone di qualificazione pur avendo fatto solo un punto in due partite contro la Danimarca, rivelando anche una certa concretezza e solidità mentale.
Le incognite della Svizzera
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Tuttavia, il primo match degli Europei ha messo di fronte Petkovic ai limiti della sua squadra. Uno su tutti, la pericolosità offensiva: contro il Galles, Seferovic è stato abbastanza impalpabile, Shaqiri ha girato a vuota, e l’attacco è stato tenuto in piedi da un ispiratissimo Embolo, capace di puntare più volte palla al piede al difesa britannica, seminando il panico.
Una situazione che è lo specchio di una rosa che ha proprio nelle punte la sua maggiore incognita: Garvranovic e Seferovic sono gli unici attaccanti reduci da una stagione stabile da titolari nelle loro squadre (anche se il primo gioca nel campionato croato). Gli altri quattro (Shaqiri, Embolo, Vargas e Mehmedi) hanno segnato complessivamente appena 16 gol nell’annata appena conclusa.
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Proprio il già citato Breel Embolo sembra il giocatore che meglio rappresenta questa squadra: talento immenso, a 18 anni al Basilea era considerato uno dei maggiori prospetti a livello mondiale, in grado di accomunare qualità atletiche e tecniche. Oggi ha 24 anni, è ancora in tempo per esplodere ma viene da anni di alti e bassi in Bundesliga, prima con lo Schalke 04 e ora col Borussia Monchengladbach, nei quali non è mai andato oltre le 8 reti stagionali.
La realtà della Svizzera è dunque questa, quella di una squadra che dipende in maniera imprescindibile dall’estro dell’incostante coppia kosovara Xhaka-Shaqiri. E che deve anche trovare una maggiore lucidità complessiva, perché contro il Galles è mancata anche la compatezza difensiva.
Le insidie del calendario
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Oltre a questo, i ragazzi di Petkovic si trovano in una situazione di calendario alquanto svantaggiosa: il Gruppo A è infatti diviso tra le due sedi tra loro più distanti di tutto l’Europeo, Roma e Baku, separate da oltre 4.000 chilometri. Che si traducono in un lungo volo attraversando due fusi orari.
Dopo aver giocato contro il Galles in Azerbaijan, la Svizzera si è spostata a Roma per affrontare l’Italia, dopodiché dovrà tornare a Baku per sfidare, domenica prossima, la Turchia. Arriverà così a quello che dovrebbe essere una sorta di spareggio per la qualificazione agli ottavi dopo una massacrante settimana di avanti e indietro tra i due poli opposti dell’Europa, per vedersela con avversari ormai da giorni stabilitisi nella capitale azera.
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