Simone Pafundi è un grande mistero del nostro calcio, anche se forse a ben guardare, il passaggio al Losanna qualche senso ce l’ha.
Diciott’anni compiuti da un mese e un prestito al Losanna per crescere sulle orme di Dimarco, Calafiori, Gnonto e Sebastiano Esposito. Simone Pafundi è un mistero del nostro calcio ammalato di risultatismo e incapace di rischiare una stagione per lanciare quello che potrebbe essere un vero e proprio talento generazionale. Lo aveva detto anche Mancini, quando nel novembre 2022 lo aveva fatto esordire contro l’Albania rendendolo il più giovane esordiente degli ultimi cento anni: nella lista dei convocati, primo in assoluto c’è Pafundi, poi tutti gli altri.
Una dichiarazione di intenti che non si è però mai concretizzata nella nostra Serie A, con l’Udinese – proprietaria del cartellino – incapace di costruire intorno a lui un ambiente adatto a qualcosa di più che il semplice esordio a sedici anni, a causa di una situazione sportiva che in questa stagione ha toccato uno dei punti più bassi della gestione Pozzo. E così Pafundi è emigrato, ha lasciato il Friuli per trasferirsi in Svizzera al Losanna, dove il club di proprietà di Jim Ratcliffe – oggi responsabile sportivo del gruppo del Manchester United – veleggia nei bassifondi di classifica e offre al giovane trequartista di Monfalcone una maglia da titolare e una speranza per il futuro. Esattamente come fatto da giocatori che oggi sono rappresentativi della nostra Serie A – da Dimarco a Calafiori – il passaggio in Svizzera e non in Serie B per mitigare l’impatto con i grandi dopo la primavera può essere utile: con questi sei mesi Pafundi può migliorare le sue qualità fisiche e prendere confidenza con un calcio costante, diverso dalle rassegne internazionali delle giovanili azzurre in cui brilla di luce propria.
É stato nello stadio intitolato a Diego Armando Maradona, in Argentina, a La Plata, che Simone Pafundi ha messo in luce tutto il suo talento, durante il mondiale Under 20 dello scorso anno. In semifinale contro la Corea del Sud ha segnato il gol vittoria su punizione replicando quasi fedelmente le punizioni più iconiche del dieci argentino, idolo suo e del papà, originario di Napoli. Quella punizione – associata alla cavalcata degli azzurrini fino alla finale persa con l’Uruguay – lo ha catapultato al centro delle attenzioni mediatiche del tifo azzurro, che in questa stagione si aspettava di vederlo in Serie A con la maglia dell’Udinese. In un progetto tecnico povero come quello dell’Udinese attuale ci si aspettava che Pafundi fosse il diamante intorno al quale provare a costruire qualcosa, così da lanciarlo tra i grandi e svezzarlo dalle gare giovanili. Invece l’Udinese ha scelto un’altra strada: affidarsi all’usato sicuro di Thauvin e dare pochissimo spazio al giovane trequartista classe 2006, forse anche per proteggerlo dalle fatiche che la squadra sta vivendo in questa stagione. Andando controcorrente, potremmo ipotizzare che per difendere il proprio investimento l’Udinese ha scelto di non esporlo alle difficoltà dell’annata attuale, mandandolo, di comune accordo con il suo entourage, a fare le ossa a pochi chilometri dal confine.
Simone Pafundi gioca divinamente
Ma se il contesto viene arricchito dal cammino fatto con l’under 19 nelle qualificazioni al prossimo europeo, dove il ragazzo ha segnato cinque gol in sei partite, sono le caratteristiche tecniche a dirci qualcosa in più sul motivo per il quale in Italia – oggi – spazio per lui non ce n’è stato.
Alto 166 centimetri e dotato di una tecnica impressionante Pafundi è il classico trequartista capace di spaziare su tutto il fronte d’attacco e la cui caratteristica principale è la visione di gioco. Nel calcio della bassa Serie A di oggi spazio per un giocatore simile non se ne trova, e sintomo ne è la prima parte di stagione di Baldanzi con l’Empoli, invalutabile a causa di una situazione di squadra e di gioco inesistente.
Immaginate Pafundi in un Udinese che fatica a costruire gioco e che si deve affidare al ritorno di Pereyra per cercare di offrire al proprio pubblico qualche trama offensiva di livello quasi accettabile? Ecco, nemmeno noi. Per questo la scelta di andarsene è condivisibile, nella speranza che già in estate qualche allenatore del nostro campionato scelga di puntare su di lui – e sul suo talento – tutte le fiches della propria credibilità. A Napoli, dopo averlo visto festeggiare con la squadra il titolo a Udine, non vedono l’ora che De Laurentiis investa su di lui. In fondo lo ha fatto anche Mancini nel 2022, etichettandolo come il talento più puro presente nelle nostre nazionali, anche meglio di Casadei, eroe del mondiale Under 20 e oggi relegato al Chelsea U21.
Simone Pafundi è quindi un potenziale talento generazionale, qualcosa che passa difficilmente e che ricorda da vicino giocatori eterei come Paulo Dybala e per questo non vorremmo che si perdesse tra le maglie del nostro calcio, capace di autosabotarsi come poche altre istituzioni in Europa.
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