Shakhtar Inter rappresenta un passo indietro per i nerazzurri di Conte. Dopo un buon primo tempo, Lukaku e compagni sono calati di ritmo regalando agli ucraini un punto prezioso: ecco le tre chiavi di lettura di un match che, in chiave Champions League, complica il cammino dell’Inter
Quanto possono cambiare le cose in due mesi? Nel calcio, molto, come dimostrato da Shakhtar Inter, duello tra due squadre assolute protagoniste degli ultimi mesi. Ad agosto l’Inter aveva schiantato lo Shakhtar nella semifinale della scorsa Europa League, trascinata da un Lukaku in forma straordinaria e da una manovra avvolgente, poderosa, straripante.
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Nella seconda giornata della fase a gruppi di Champions League, invece, Shakhtar Inter finisce 0-0. I nerazzurri, ai punti, avrebbero pure meritato di vincere, ma la squadra di Conte – ancora una volta – è calata alla distanza, evidenziando alcune carenze già messe in mostra in questo primo scorcio di stagione. E la classifica, adesso, piange: un punto in due partite obbligano l’Inter ad andare a punti col Real Madrid.
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Shakhtar Inter, Lautaro non funziona
Lautaro Martinez sta soffrendo un periodo di involuzione preoccupante. Già a Marassi, nel match vinto contro il Genoa, al momento del cambio aveva dimostrato insofferenza verso la panchina. In Ucraina, invece, è rimasto in campo quasi fino alla fine, macchiando una prestazione anonima con un gol fallito a porta vuota.
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Se avesse segnato, probabilmente l’Inter avrebbe portato a casa i tre punti, ma la cosa che dà più da pensare riguarda il poco smalto dell’argentino, fiaccato ancora dalla traversata oceanica con la nazionale. In più, a livello di presenza sta facendo gli straordinari, alla pari di Lukaku. I due sono meno lucidi e quando non girano, il belga se non altro dà un contributo fisico importante. Lautaro, invece, diventa evanescente.
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Il calo della ripresa
I nerazzurri giocano solo un tempo, proprio come successo a Genova. In quel caso fu il secondo, a Kiev il primo di uno Shakhtar Inter in cui solo la traversa ferma dall’esultare prima Barella e poi Lukaku. Ma, col passare dei minuti, l’Inter cala di intensità e lo Shakhtar, in campo senza punte, nella ripresa si permette anche alcune ripartenze da sballo.
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Perché questa discontinuità? Dovrebbe chiederselo soprattutto Antonio Conte, ce dalla panchina ha varie risorse da pescare per provare a cambiare l’inerzia del match. E invece i nerazzurri, tornati per l’occasione al classico 3-5-2, diventano praticamente innocui, consegnando agli avversari un pareggio che, alla luce del loro esordio vincente, va più che bene.
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Monodimensionalità tattica
Nel secondo tempo di Shakhtar Inter, vedendo gli ucraini difendere con un baricentro bassissimo, ci si è chiesti se avesse senso tenere in campo tre centrali di ruolo senza che gli altri avessero nemmeno un numero 9 in campo. La risposta è semplice: no, non ha avuto – a posteriori – senso. Essere dogmatici è un conto, ma tra le peculiarità di un allenatore top dovrebbe esserci anche la capacità di leggere lo spartito a gara in corso.
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Conte non ha rinunciato al suo trio difensivo, non ha rischiato nulla ma, soprattutto nel secondo tempo, ha creato davvero troppo poco. Serve un’inversione di marcia perché il girone di Champions League, a oggi, è compromesso. E sarà Conte il primo a dover alzare l’asticella, adattandosi all’andamento del singolo match senza continuare ad autospecchiarsi nelle proprie convinzioni.
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