Quattro partite sono “sub iudice”, ma cosa vuol dire questa locuzione latina tanto diffusa in ambito giuridico e, oggi, anche in quello calcistico, dopo i match non gicoati del 6 gennaio?
Il Giudice Sportivo si è espresso: al termine dello scorso turno di Serie A, il primo del 2022, andato in scena iovedì 6 gennaio scorso, quattro partite su dieci sono da considerarsi “sub iudice”. Ma che significa?
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L’utilizzo di un frase in latino, non proprio tipica del gergo calcistico contemporaneo, può aver spiazzato molti tifosi che si sono ritrovati a leggere le notizie delle decisioni del Tribunale Sportivo. Il problema è chiaramente legato alle quattro partite non disputate a causa dei contagi nelle squadre (Atalanta-Torino, Bologna-Inter, Fiorentina-Udinese e Salernitana-Venezia), sulla cui omologazione dei risultati il giudice era chiamato a prendere una decisione.
Giudice Sportivo. Risultati sub iudice. pic.twitter.com/PlDgM2Frxw
— Alessandro Alciato (@AAlciato) January 8, 2022
“Sub iudice”: cosa significa il termine del Giudice Sportivo
Si tratta evidentemente di una locuzione latina, molto diffusa nel settore della giurisprudenza (che si basa in gran parte sull’eredità del diritto romano antico, cioè, sulle leggi e i sistemi di giudizio di quella società che aveva il latino come sua lingua ufficiale). Chiunque mastica un po’ di diritto sa che le terminologie latine sono molto frequenti, e che questa non rappresenta certo un’eccezione.
Il significato di “sub iudice” (scritto talvolta anche “sub judice”, dove la “j” rappresenta una variante della “i” nel latino medievale) è in realtà abbastanza semplice e intuibile anche in italiano: indica che una determinata materia è ancora “sotto il giudice”, cioè deve ancora essere giudicata.
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È un termine che viene utilizzato in relazione a questione controverse, su cui il giudice si riserva più tempo per prendere una decisione. Nel caso delle quattro partite di Serie A “sub iudice”, il Giudice Sportivo deve ancora prendere una decisione definitiva: la controversia ruota attorno al conflitto tra il protocollo della FIGC, che prevderebbe il 3-0 per la squadra che non si è presentata, e le leggi del governo nazionale, che conferiscono alle ASL l’autorità sanitaria locale e quindi anche il potere di vietare una trasferta di un club sportivo.
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