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La Serie A si proietta in una nuova realtà approvando l’ingresso di fondi di investimento come soci di minoranza. Cosa sono i private equity e come cambia il calcio italiano?

La Serie A si appresta a entrare finalmente nel futuro. Nell’ultima assemblea di Lega, la totalità dei presidenti hanno votato definitivamente a favore per la costituzione di una media company supportata da uno dei due private equity (vi spiegheremo cosa sono) in corsa. Il primo passo verso un calcio differente è stato quindi fatto: in un secondo momento, invece, verrà anche stabilito quale dei due fondi di investimento in corsa sarà il compagno di un’avventura che si preannuncia rivoluzionaria.

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Sia chiaro, niente che all’estero – leggi Premier League – non sia stato già fatto, ma sappiamo che in Italia i tempi di reazione e proposta sono particolarmente biblici. Il presidente della Lega Serie A, Paolo Dal Pino, si è detto soddisfatto di questo primo passo: “Comincia un nuovo cammino, una nuova era. Studiavamo da tempo una soluzione del genere e finalmente siamo riusciti a giungere a un accordo con i presidenti”.

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Le prossime mosse della Lega

Entro la fine di settembre la Lega comunicherà la scelta dell’advisor per andare avanti nel progetto. In gara ci sono la cordata Cvc, Advent e Fsi, con un’offerta da 1,625 miliardi immediati, o quella composta da Bain Capitale e Neuberger Berman, che propone 1,35 miliardi. Entrambe le proposte sono per entrare come soci di minoranza con una quota del 10%.

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L’obiettivo? Semplice: fare più soldi. Nello specifico, almeno un miliardo di euro immediato alla scrittura del prossimo bando, per poi raddoppiare la cifra durante il prossimo triennio. Un progetto ambizioso, complicato, ma anche economicamente vantaggioso se le cose dovessero andare bene. Già a luglio il presidente del Napoli, Aurelio De Laurentiis, aveva convocato una riunione informale in quel di Roma.

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In quell’occasione, però, molti suoi colleghi avevano nicchiato per la prospettiva di un cambiamento così radicale. Tra i più entusiasti, ancora oggi, c’è Urbano Cairo, che da tempo predica un innalzamento di livello in Lega per quanto riguarda lungimiranza e capacità manageriali, mentre Claudio Lotito parrebbe essere ancora molto dubbioso, ma dopo aver incassato la quasi unanimità per il sì, si è adeguato.

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Cos’è la private equity e come si applica al calcio

Ma cos’è la private equity e come può essere applicata al calcio? Secondo la definizione dello Zanichelli, per private equity si intende una tecnica di investimento consistente nel finanziare una società non quotata in Borsa, ma dotata di elevate potenzialità di crescita, per poi disinvestire con lo scopo di ottenere plusvalenze dalla vendita della partecipazione azionaria. In sintesi, la Lega Serie A ha un prodotto potenziale sul quale merita investire, potenziandolo e rendendolo più appetibile sul mercato.

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Per questo motivo, l’advisor incaricato di affiancare la Lega promuoverà la Serie A tramite nuovi metodi di sponsorizzazione, vendendo i diritti tv all’estero – negli ultimi 10 anni c’è stato un calo sensibile in tal senso – e proponendoli per multipiattaforme, andando a stravolgere quello che fino a oggi è stato il mercato televisivo italiano.

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Il punto di forza della private equity infatti risiede nel fatto che, rispetto al passato, da ora in poi sarà la Lega stessa a produrre e distribuire i propri contenuti “internamente”, potendosi permettere di non doversi più avvalere del classico intermediario, in modo tale da massimizzare i profitti e non dover più pagare provvigioni di vendita a realtà esterne.

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A proposito di intermediari, alla fine del 2017 in Italia aveva tenuto banco il caso Mediapro, società spagnola e advisor di rilievo che, in giro per il mondo, ha una posizione molto importante in fatto di possesso e ritrasmissione di eventi sportivi. Gli spagnoli erano sbarcati da noi su imbeccata della Lega, che aveva ritenuto poco convincenti le prime offerte presentate per l’acquisto dei diritti calcistici per il triennio 2018-2021.

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Mediapro avrebbe solo dovuto gestire la transazione tra le parti, ma alla fine ha provato a ribaltare il banco cercando di entrare in lotta con gli altri broadcaster per l’acquisto dei diritti tv, per poi produrre il famoso canale della Lega da ridistribuire su più piattaforme. Un cavillo legale non glielo ha permesso, così i presidentI – per superare il miliardo di euro complessivo sul triennio – si sono di nuovo appoggiati a Sky, aiutata dalla neonata DAZN.

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Ora però, se le cose andranno come dovrebbero, ogni broadcaster e ogni piattaforma farà corsa a sé. L’unica preoccupazione della Lega sarà quella di raccogliere più soldi possibili da ogni possibile cliente, in modo tale da avere più liquidità da immettere in un calcio falcidiato dalla crisi e devastato dai danni dovuti alla recente pandemia. Il tutto, con la partnership di fondi speculativi pronti a tutto per guadagnare. Il progetto di private equity, almeno sulla carta, può essere vincente.

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