La Scozia torna a prendere parte alla fase finale di una grande manifestazione superando ai rigori la Serbia: dopo 23 anni la Tartan Army interrompe quella che era una vera e propria maledizione e può guardare al futuro con fiducia grazie al ct Steve Clarke.
23 giugno 1998, stadio Geoffrey Guichard di Saint-Étienne: si chiude il girone A dei Mondiali di Francia ’98, la Scozia affronta il Marocco e vincendo avrebbe ancora la possibilità di prendersi il 2° posto che vale il passaggio del turno. Finisce 3-0 per gli africani, comunque eliminati, doppietta di Bassir e gol di Hadda, scozzesi non pervenuti.
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12 novembre 2020: siamo a Belgrado, stadio Rajko Mitić noto anche come Marakana. Al termine di una prestazione eroica, dopo aver corso il rischio di pagare carissima l’unica distrazione in una partita altrimenti quasi perfetta, la Scozia supera ai calci di rigore la Serbia e si qualifica per EURO 2020, che a causa della pandemia da coronavirus andrà in scena nel 2021.
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La lunga attesa della Scozia
Tra queste due date, tra il triplice fischio finale dell’arbitro emiratino Busajm a Saint-Étienne e il rigore di Mitrović parato da Marshall che ha fatto esplodere di gioia un intera nazione, sono passati 8.178 giorni, o se preferite 22 anni, 4 mesi e 28 giorni. Calcisticamente un’eternità, più di una generazione, un lunghissimo periodo di tempo in cui la Scozia sembrava essersi quasi rassegnata ad essere poco più che una comparsa nel panorama calcistico mondiale ed europeo.
Presente in ben 8 occasioni ai Mondiali di calcio – per 5 volte consecutivamente, dal 1974 al 1990 – la Scozia non poteva immaginare che sarebbe servito così tanto tempo per tornare ad assaporare l’aria di un grande appuntamento calcistico. Da Francia ’98 a oggi si sono alternati ben 6 ct: Berti Vogts, Walter Smith, Alex McLeish (due volte), George Burley, Craig Levein e Gordon Strachan. Nessuno di loro è riuscito a spezzare quella che con il tempo ha assunto i contorni di una vera e propria maledizione.
A riuscire nell’impresa alla fine è stato Steve Clarke, 57enne ex difensore e bandiera di St. Mirren e Chelsea, rinato dopo alcune esperienze agrodolci alla guida del piccolo Kilmarnock, trascinato dal fondo della classifica della Premiership scozzese alla qualificazione all’Europa League. Due stagioni, due premi incassati come allenatore dell’anno e poi la chiamata della Scozia, reduce dall’incredibile 3-0 rimediato dal Kazakistan nel debutto delle qualificazioni per EURO 2020.
My dad is my hero. Watching my hero take Scotland to an international competition is the greatest thing I'll ever see.
— John Clarke (@johnclarke88) November 12, 2020
This should be #Scotland’s new national anthem.
Yes, Sir. I can boogie!https://t.co/ZBr2RkLoUC pic.twitter.com/4uzW7azwRJ— The Edinburgh Football Show Podcast (@EdinburghFooty) November 12, 2020
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Sembra incredibile, dato che è passato poco più di un anno dall’arrivo di Clarke e meno di due dall’incredibile lezione di gioco subita dai kazaki, ma la Scozia che si qualifica a EURO 2020 non può essere definita davvero una sorpresa. La vittoria contro la Serbia è stata più che meritata, il gol di Jovic proprio nel finale è arrivato nell’unica distrazione di una squadra altrimenti attenta, determinata, che però ancora una volta ha rischiato lo psicodramma mostrandosi poco precisa nelle occasioni che sono arrivate per chiudere la sfida dopo il vantaggio iniziale.
Il grande lavoro di Clarke
Certo non parliamo di una squadra fortissima in senso assoluto, ma la sensazione che il problema fosse soprattutto mentale è più che netta: nelle 15 partite in cui ha finora guidato la Nazionale, Clarke ha ottenuto 8 vittorie, 3 pareggi e 4 sconfitte, prima della sfida con la Serbia la Scozia arrivava da 8 risultati utili consecutivi, una striscia che aveva spinto all’ottimismo il commissario tecnico, che aveva parlato di una squadra calma e sicura dei propri mezzi.
In 18 mesi Clarke ha avuto modo di studiare il materiale umano a disposizione e di allestire una formazione che lo sfruttasse nel migliore dei modi, puntando nel 2020 sulla difesa a tre a protezione di David Marshall, 35enne portiere del Derby County nel giro della Nazionale dal 2004 e diventato con la parata su Mitrovic l’eroe di un Paese intero.
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Scozia, i punti di forza e i calciatori imprescindibili
Il vero punto di forza è ovviamente il capitano Andrew Robertson, terzino sinistro del Liverpool e vero leader carismatico, capace di caricare i compagni prima delle due lotterie dei rigori vinte (prima contro Israele e poi contro la Serbia) che hanno spianato la strada a EURO 2020.
“All’89° uno dei nostri ha perso l’uomo e siamo finiti ai supplementari. era logico pensare “sarà un’altra storia sfortunata?”. e invece è stato in questo momento che abbiamo dimostrato di avere carattere.”
In Nazionale “Robbo” gioca esterno di centrocampo, coperto da Kieran Tierney, 23enne jolly dell’Arsenal che sembra aver trovato il suo posto come centrale difensivo sinistro. Ha 23 anni anche Scott McTominay, emerso con José Mourinho al Manchester United – lo Special One lo preferiva a Pogba – e oggi uno dei giocatori più promettenti della Tartan Army insieme agli attaccanti Oliver McBurnie, Lyndon Dykes e soprattutto Ryan Christie, autore del gol del vantaggio sulla Serbia.
Punti fermi di una Nazionale abbastanza giovane, e che quindi può finalmente guardare al futuro a medio termine con un po’ di ottimismo, sono anche l’esperto attaccante Leigh Griffiths, i centrocampisti John McGinn e Stuart Armstrong, stelle rispettivamente di Aston Villa e Southampton, così come i centrali difensivi Liam Cooper, inglese naturalizzato scozzese un anno fa e subito punto fermo della squadra di Clarke, e Declan Gallagher.
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Quest’ultimo ha una storia tutta particolare: cresciuto nel Celtic, sembrava aver buttato via una carriera promettente anche a causa di una vita privata tutt’altro che irreprensibile – nel 2015 è addirittura finito in prigione per rissa aggravata – e invece è riuscito ad affermarsi prima nel Motherwell e poi in Nazionale, dove è arrivato 28enne un anno fa e alla quinta presenza ha saputo tenere a bada nel migliore dei modi un attaccante di razza come Mitrovic.
Sono stati questi gli uomini capaci di spezzare una maledizione durata quasi un quarto di secolo: non è più il momento di rimpiangere i Wembley Wizards, è arrivato il momento di smetterla di pensare all’errore di Iwelumo, al fallo di Hutton fischiato da Mejuto Gonzalez che costò EURO 2008 o all’incredibile 4-6-0 di Levein, alle tante grandi manifestazioni passate sotto il naso di un’intera generazione di tifosi.
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In un edizione degli Europei che sarà itinerante, la Scozia giocherà due delle tre gare del suo girone all’Hampden Park di Glasgow, contro Repubblica Ceca e Croazia, ed è logico che la speranza dell’intera Tartan Army è che per la prossima estate il coronavirus possa essere finalmente un ricordo.
Tornare allo stadio sarebbe bellissimo, il massimo sarebbe poterlo fare nell’unica gara che la banda di Clarke giocherà in trasferta, un appuntamento da segnare in rosso sul calendario per ogni appassionato di calcio: il 18 giugno 2021, a Wembley, la Scozia sfiderà l’Inghilterra in 90 minuti che più delle altre sfide sanciranno il troppo a lungo atteso ritorno nel calcio che conta di una squadra che forse non sarà bellissima da vedere, ma che appare oggi solida, efficace, con una precisa identità tattica e che può finalmente guardare al futuro dopo aver spezzato una maledizione che sembrava infinita.
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