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L’anonimato, l’exploit e la discesa all’inferno: la storia del São Caetano, matricola paulista che a inizio secolo fece innamorare il Brasile

C’era una volta il São Caetano. Potrebbe cominciare con questo inciso la storia di un piccolo e (ai più) sconosciuto club paulista che, all’inizio di questo secolo, aveva fatto sognare gli appassionati di calcio brasiliani. L’Estadio Anacleto Campanella, situato nel sud della cosmopolita San Paolo, ai tempi era addirittura diventato oggetto di pellegrinaggi per vedere all’opera una piccola realtà in grado di tenere testa alle big del continente.

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Mettetevi nei panni di un papà che, la sera, dopo aver lavorato dodici ore in una delle tante fabbriche che producono pregiate ceramiche, torna a casa per rimboccare le coperta al figlio, raccontandogli quegli sfortunati eventi che, ormai una ventina di anni fa, scossero sportivamente il Brasile. Piccoli, ma con un cuore grande così: Globo Esporte definì così i calciatori del São Caetano all’indomani della sfortunata sconfitta in finale di Copa Libertadores datata 2002.

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São Caetano, la creatura di Jair Picerni

Il São Caetano oggi occupa il 43esimo posto nel ranking nazionale per club, ma un tempo la realtà con sede nell’area metropolitana di San Paolo era riuscita a spingersi fino alla sesta piazza. Merito, in primis, di due secondi posti in campionato, ottenuti nel biennio 2000 – 2001, ma soprattutto della grande cavalcata in Libertadores dell’anno successivo. I brasiliani, che ai tempi si fecero largo in mezzo a giganti continentali quali Boca Juniors, River Plate e una pletora di connazionali agguerrite, spiccavano per come affrontavano le partite senza alcun timore reverenziale.

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“Avevo un gruppo di gente che aveva fame, i ragazzi volevano emergere e non sentivano alcuna pressione” ha raccontato anni dopo Jair Picerni, allenatore del club in quegli anni, intervistato dalla tv brasiliana. Oggi Picerni, che in carriera vanta un’esperienza ventennale sulle panchine brasiliane, non allena più, ma ritiene sempre che quella con il São Caetano sia stata l’avventura più bella mai condotta da protagonista.

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Picerni aveva avuto un grande merito, ovvero quello di cementare un gruppo praticamente alla prima esperienza nel calcio di un certo livello. Lo fece con allenamenti mirati, recuperando calciatori sulla via del tramonto e valorizzando protagonisti inaspettati, quasi improvvisati. Quello che venne costruito al São Caetano fu un vero e proprio microcosmo a parte, dove tutti rendevano più del reale valore ma, soprattutto, un contesto nel quale il ‘noi’ veniva sempre messo davanti all”io’.

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Sfortuna e rigori: la Libertadores 2002

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Dopo due secondi posto nel Brasileirão, il São Caetano si approccia alla Copa Libertadores 2002 come outsider. La fase a gruppi si preannuncia molto complicata, perché la matricola brasiliana se la deve vedere con Cobreloa, Cerro Porteño e Alianza Lima. Ma, un po’ a sorpresa, la squadra di Picerni vince il girone, passando il turno con il miglior secondo attacco di tutta la Libertadores. E qui inizia il bello: agli ottavi batte ai rigori la Universidad Catolica dopo un tiratissimo 2-2, mentre ai quarti – sempre dal dischetto – i paulisti si sbarazzano del Peñarol.

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Il tutto, senza sbagliare un solo tiro dagli undici metri. Che, ma al São Caetano ancora non lo sanno, si trasformeranno a breve da croce a delizia. Già, perché dopo aver vinto la semifinale con l’America di Città del Messico, i brasiliani trovano l’Olimpia per l’ultimo doppio atto. Ad Asuncion Ailton, un carneade che da lì a un anno si ritirerà, risolve la partita, aprendo poi anche il match di ritorno. Tutto fatto? Macché: il Pacaembu viene zittito dal ritorno dell’Olimpia, che ribalta la contesa. Si va ai rigori e lì, il São Caetano, stavolta ne sbaglia due.

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La lenta e inesorabile discesa

Prima del 2002, il São Caetano aveva già ceduto le sue stelle all’estero, per monetizzare da una situazione che poi effettivamente si rivelerà irripetibile. Adhemar, centravanti da 50 gol in due stagioni, va allo Stoccarda per non vedere mai il campo. Amantino Mancini sbarca alla Roma mentre Cesar, viceversa, venne prima recuperato dopo qualche anno passato in carcere e poi ceduto in Italia, alla Lazio, dove si inserirà molto bene.

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Nella doppia finale contro l’Olimpia era invece presente il giovane Marcos Senna, che lascerà il Brasile per volare al Villarreal, conquistandosi anche la chiamata nella nazionale spagnola. Il São Caetano, al contrario, imbocca un’inesorabile parabola discendente subito dopo il Paulistão vinto nel 2004, vero e proprio canto del cigno per un club che, ancora oggi, annaspa in quarta divisione.

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La società è passata per vari fallimenti e altrettante retrocessioni che, a un certo punto, avevano fatto sparire i caetanistas dalla mappa del calcio brasiliano. Difficile rivederli lassù a breve e, proprio per questo motivo, dalle parti dell’Alfredo Campanella, oggi, l’unica cosa ancora di casa è sempre e solo la nostalgia di ciò che fu.

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