Jorge Sampaoli sta rivoluzionando il Brasileirão con il suo calcio propositivo e votato all’attacco. Ma l’Atletico Mineiro è solo l’ultimo dei suoi capolavori
Atletico Mineiro – Goias si preannunciava come un match molto delicato soprattutto per il Galo, che alla fine – al termine dell’ormai consueta prestazione maiuscola – si è imposto con un rotondo 3-0, conservando la vetta della classifica del Brasileirão. Là, largo sulla fascia destra, si è mosso un ragazzino che in pochi hanno riconosciuto dal principio. Numero 33 sulle spalle, 16 anni appena compiuti e tanta voglia di strafare per mettersi in mostra.
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Dalla panchina urla, consigli e anche una pacca sulla spalla da parte di Jorge Sampaoli, che alla vigilia del match contro il Goias ha deciso di lanciare dal primo minuto Savio Moreira de Oliveira, l’ennesimo prodotto del settore giovanile dell’Atletico Mineiro. Savio ha giocato 71 minuti, uscendo streamato tra i complimenti dei compagni e dello stesso Sampaoli: “È all’inizio di un’avventura che spero possa diventare importante – ha detto il tecnico – ma deve ancora lavorare molto”.
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Jorge Sampaoli d’altronde è così: o lo si ama o lo si odia. Nel primo caso, è pronto a immolarsi per te, come raccontarono alcuni artefici della prima vittoria in Copa America del Cile alla stampa locale, rivelando retroscena della fantastica cavalcata che nel 2015 portò la Roja ad alzare finalmente quel trofeo maledetto. Se invece i rapporti non decollano, non si fa problemi a dirtelo. Magari ci si può venire incontro per andare in battaglia uno al fianco dell’altro, ma mancherà sempre feeling.
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Su questi capisaldi il manager argentino ha strutturato la propria carriera, cominciata nella polverosa provincia di Santa Fe e continuata attraverso un Erasmus mondiale che lo ha portato ad allenare in Perù, Cile, Ecuador, Argentina e Spagna prima di sbarcare in Brasile, dove ha plasmato la rinascita del Santos prima di accettare l’incarico offertogli dall’Atletico Mineiro.
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Hombre vertical, poco incline ad accettare compromessi, Sampaoli ha sempre pagato in prima persona e non ha mai nascosto le proprie responsabilità ove fossero palesi. La sua carriera è disseminata di episodi particolari che esaltano la sua figura umana. Per esempio, ai tempi in cui allenava lo Sport Boys in Perù, nei giorni precedenti al quadrangolare di qualificazione alla Copa Libertadores i calciatori ‘rosados’ dichiararono uno sciopero per protestare contro i mancati pagamenti di alcuni stipendi.
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Minacciarono di non scendere in campo, così la stampa – interpellando proprio Sampaoli – cominciò a chiedere numi all’allenatore, a sua volta ancora in credito con il club: “Penso ci sia poco da discutere: hanno ragione i miei ragazzi” chiosò alla tv peruana, a pochi giorni dalla consegna delle dimissioni per rimettersi in viaggio verso la destinazione successiva. Un carattere forte, si diceva: nel 2016, dopo il divorzio dalla federazione cilena, gli venne teso un agguato in aeroporto a Santiago.
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“Non voglio più vivere né lavorare in Cile” dichiarò alla stampa locale a poche ore dalla vile aggressione ricevauta a colpi di sputi e pietre. Aveva portato il Cile in cima al continente, è stato cacciato ma non sconfitto viste le immagini che lo ritraggono mentre invita al confronto faccia a faccia un tifoso. Due anni dopo, in Argentina, Sampaoli è stato accusato di aver molestato una cuoca dipendente del centro federale di Buenos Aires: secondo un giornalista di Radio Mitre, l’AFA avrebbe insabbiato tutto.
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E poi c’è il campo, con i rapporti talvolta complicati verso i big delle squadre che ha allenato, due su tutti Leo Messi e Arturo Vidal. Il primo, dicono i beninformati, ci ha avuto un mezzo alterco durante la preparazione del Mondiale 2018, facendogli capire che nell’Argentina non comanda l’allenatore, ma un tavolo collettivo composto dai calciatori più vecchi e rappresentativi. Con Vidal, invece, ha sempre dovuto fare da protettore.
Durante la Copa America poi vinta dal Cile, il centrocampista dell’Inter causò un incidente in auto e successivamente venne trovato positivo all’alccol test: “Non è successo nulla di grave – disse un Sampaoli in versione pompiere – ci sono momenti in cui vanno prese delle decisioni: qui il gruppo è tutto e, se Vidal ha qualche problema, di certo non influirà sulla squadra”. E che dire della denuncia per oltraggio a pubblico ufficiale del 2018? Insomma, un personaggio bello fumantino.
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🎙️ Com a palavra, o treinador!
📺 Veja a entrevista do técnico Jorge Sampaoli após a vitória sobre o Goiás.
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La rinascita in Brasile
L’ultimo periodo in panchina, distribuito tra la (buona) stagione al Siviglia e il fallimento con l’Argentina, lo aveva un po’ segnato. In tal senso, sbarcare in Brasile lo ha aiutato a riprendersi definitivamente. E quando Sampaoli si trova a suo agio riesce a dare sempre il meglio. Il suo Santos ha giocato a tratti il miglior calcio dell’America Latina, strappando in scioltezza il pass per la Copa Libertadores.
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Dopo un battibecco con la direttiva del Peixe causa mancati investimenti sul mercato, l’argentino sbatte la porta e va via. Firma con l’Atletico Mineiro, che gli dà diverse garanzie economiche sulle quali poter costruire una squadra forte e ambiziosa. Poi Sampaoli ci mette del suo, chiedendo alla dirigenza alcuni giocatori che secondo lui possono diventare valori aggiunti. Capita così che a Belo Horizonte arrivino l’interessante attaccante Marrony, il mediano Allan, il terzino Guillerme Arana e Ramon Martinez.
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La squadra gioca un 4-2-3-1 votato alla proattività e alla valorizzazione di tutti gli interpreti in campo. La difesa è blindata dalla coppia di centrali Rabello – Rever, a destra sgasa il classe 1998 Guga e in mezzo si alternano il 22enne ecuadoriano Alan Franco, il venezuelano Savarino e gli eleganti Hyoran e Keno. Davanti, invece, Marrony ed Eduardo Sasha hanno il compito di finalizzare per una squadra che, al momento, ha di gran lunga il miglior attacco del Brasileirão.
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L’Atletico Mineiro di Sampaoli, sbarcato nel Minas Gerais per sostituire Rafael Dudamel, è una macchina perfetta: oltre a poter nuovamente tornare a vincere un campionato importante come quello brasiliano – che, nella metà bianconera di Belo Horizonte, manca dai tempi di Dadá Maravilha -, infatti, il Galo ha cominciato un processo di costruzione che in breve tempo poterlo farlo diventare una superpotenza del continente.
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