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Qatar 2022 continua a far discutere per le disumane condizioni di lavoro nei cantieri e la scarsa trasparenza sulle morti dei lavoratori. Secondo il Guardian, si sarebbe arrivati già a 6.500 decessi

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Sono 6.500 gli operai morti durante i lavori per i Mondiali di Qatar 2022. Una stima che il Guardian definisce però incompleta, poiché basata unicamente sui dati diffusi da alcune ambasciate dei paesi di provenienza di questi lavoratori, che sono principalmente immigrati da altri paesi asiastici. Dalle statistiche, poi, mancano i mesi conclusivi del 2020.

La situazione dei diritti dei lavoratori in Qatar è discussa da anni, ma finora si è potuto fare poco o nulla per migliorarla. Le riforme sono servite unicamente a dimostrare la buona volontà della monarchia del Golfo, senza apportare alcun concreto miglioramento.

Qatar 2022, difficile avere dati precisi

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I dati raccolti dal giornale britannico si rifanno a quanto riportato dalle ambasciate di India, Nepal, Bangladesh, Sri Lanka e Pakistan, i paesi da cui proviene la maggior parte dei lavoratori immigrati impiegati per Qatar 2022. Ma non ci sono numeri relativi a lavoratori di altra nazionalità, originari ad esempio del Kenya o delle Filippine.

Nick McGeehan, direttore di FairSquare Projects, gruppo specializzato nei diritti dei lavoratori nel Golfo, spiega una parte significativa dei morti dal 2011 a oggi si trovavano in Qatar “solo a causa della Coppa del Mondo“.

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Per contro, il comitato organizzatore sostiene che, in questo periodo, le morti collegate ai progetti edilizi di Qatar 2022 sarebbero state solamente 37, di cui 34 non strettamente legate al lavoro svolto. Il 69% dei casi studiati dal Guardian sono stati classificati dalle autorità locali come “morte naturale” e già nel 2019 il quotidiano aveva denunciato come nella maggior parte di casi non venisse svolta alcuna autopsia sui corpi.

Il ruolo della FIFA e del governo del Qatar

La FIFA ha sottolineato che i lavori per i Mondiali prevedono un rigido protocollo sanitario, e che “la frequenza degli incidenti è inferiore a quella della maggior parte dei progetti edilizi in giro per il mondo”. Dichiarazioni che vanno a braccetto con quelle del governo qatariota, secondo cui il tasso di mortalità sarebbe “nei parametri previsti per numero e demografia della forza lavoro”.

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Le polemiche attorno a Qatar 2022 sono sorte fin dall’assegnazione del torneo al paese del Golfo nel 2011, e quattro anni dopo Amnesty International stimava che per il via dei Mondiali si sarebbe arrivati a 2,5 milioni di lavoratorio schiavi. Con una media di 2,5 morti al giorno, la ong denunciava il rischio di superare i 4.000 morti; cifra, che, come possiamo vedere quasi sei anni dopo, era fortemente al ribasso.

Al centro delle accuse il diritto del lavoro di stampo medievale applicato in vari paesi del Golfo, quello della kafala, che vincola il lavoratore al proprio impiego: nessuno può cambiare lavoro senza il consenso del datore, anche in caso di violenze e abusi. Le polemiche hanno costretto il governo ad approvare varie modifiche alla legge, che però secondo molti osservatori sono state unicamente di facciata, come denunciato da Human Rights Watch.

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In tutti questi anni, però, il Qatar ha continuato a ostacolare ogni tipo d’indagine sulle morti misteriose dei lavoratori immigrati, che ormai rappresentano circa il 90% della popolazione del paese, pur non potendo godere dei diritti di cittadinanza. Una situazione che in altre circostanze sarebbe stata considerata criminale dai paesi occidentali è invece taciuta e legittimata per via del ruolo del Qatar nell’economica del calcio.

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