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I Mondiali di Qatar 2022 sono sotto accusa in Norvegia, ma un boicottaggio è tutt’altro che facile: il paese del Golfo controlla infatti una grossa fetta dell’economia del calcio globale

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All’inizio è stato il Tromso, un piccolo club norvegese neopromosso nella Eliteserien. Il 26 febbraio scorso, ha diffuso una nota rivolta alla Federcalcio di Oslo chiedendo che la Nazionale boicotti il Mondiale di Qatar 2022. Nel giro di pochi giorni, altri club si sono aggiunti all’appello, tra cui anche il Rosenborg, la società più vincente del calcio locale.

Un presa di posizione significativa, visto che riguarda una nazione che nel 2022 potrebbe essere tra le più interessanti, grazie a talenti che Haaland e Odegaard, e tornare a competere a livello internazionale per la prima volta dal 1998. Ma, purtroppo, potrebbe servire a poco, poiché il Qatar è una potenza economica che tiene in piedi il calcio mondiale.

Perché boicottare Qatar 2002

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I motivi del boicottaggio li ha spiegati lo stesso Tromso nel suo comunicato: l’assegnazione del Mondiale di Qatar 2022 è stata accompagnata da molte ombre, a partire da comprovati casi di corruzione che hanno coinvolto l’allora presidente della FIFA Sepp Blatter e altri dirigenti internazionali, pagati dal Qatar per farsi affidare l’organizzazione del torneo.

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Poi c’è la questione dei morti. Sì, i morti. Una recentissima inchiesta del Guardian ha stimato almeno 6.500 lavoratori morti nei cantieri di Qatar 2022, ma il numero è molto probabilmente superiore. Si tratta di lavoratori immigrati da alcuni dei paesi più poveri dell’Asia, impiegati in condizioni disumane e senza nessun diritto, in un regime di sostanziale schiavitù. È stata questa inchiesta a causare la reazione del Tromso.

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Un boicottaggio impossibile

Purtroppo, difficilmente il boicottaggio norvegese avrà un seguito a un livello più alto. La monarchia del Golfo tiene sostanzialmente in scacco il mondo del calcio grazie alla propria onnipresenza economica: Qatar 2022 è stato possibile proprio perché le mani del Qatar sono già ovunque nel calcio, il Mondiale è solo la logica conseguenza di questa situazione.

Non si pensi solo al Paris Saint-Germain: la vera testa di ponte della famiglia Al-Thani nel football globale è la compagnia aerea Qatar Airways, partner ufficiale della FIFA fin dai Mondiali del 2018, nonché sponsor principale di alcune delle più note squadre del mondo: Barcellona, Bayern Monaco, Roma, Boca Juniors e Club Africain Tunis.

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Ma ci sono anche la banca QNB, a lungo sponsor del Trabzonspor, e la rinomata Aspire Academy di Doha, che vanta collaborazioni con il Leeds e il LASK Linz, oltre a possedere direttamente gli spagnoli del Cultural Leonesa e i belgi del KAS Eupen. Sempre attraverso l’Aspire, il governo del Qatar ha inoltre riversato per anni denaro in progetti di scouting in Africa.

E poi ci sono gli investimenti indiretti. Ad esempio, la Qatar Investment Authority, proprietaria del PSG, rappresenta il terzo principale azionista di Volkswagen, sponsor principale del Wolfsburg e delle Nazionali di calcio degli Stati Uniti, e ha una importante partecipazione in Barclays, sostenitore numero 1 della Premier League. Il network beInSports, anch’esso di proprietà qatariota, è uno dei principali investitori mondiali nel settore dei diritti televisivi, con accordi con Champions ed Europa League, Serie A, Coppa Italia, Liga, Copa del Rey, Brasileirao, Bundesliga, Premier League, Ligue 1 e Ligue 2.

Qatar 2022, sportwashing nel Golfo

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Qatar 2022 è la risultante di un lungo progetto di sportwashing, attraverso cui la famiglia Al-Thani (che è a capo di una monarchia assoluta, e quindi controlla direttamente ogni azienda qatariota citata fin qui) ha deciso di migliorare la propria immagine internazionale. Ai Mondiali, il Qatar potrà mostrarsi come un paese moderno e progredito, e sfruttare la vetrina offertagli dalla FIFA per attirare nuovi investitori.

Da anni sono state messe radici nel calcio globale, per sostenere questo progetto: la rotta per Qatar 2022 è iniziata molti anni fa. Già nel 2011, fu organizzata la Coppa d’Asia (evento non da poco, considerate le difficili relazioni tra il Qatar e gli altri paesi del continente, e del Golfo Persico in particolare). Nel 2014, il calcio italiano è stato il primo d’Europa a organizzare un torneo a Doha, con la Supercoppa replicata poi nel 2016. Le ultime due edizioni del Mondiale per Club sono anch’esse state ospitate lì.

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