Ci sono due cose insolite nell’attuale presente del PSG: la seconda semifinale di Champions consecutiva e il secondo posto in campionato. Questo perché ci si è abituati a vedere il PSG come un club bifacciale, grande in casa e in difficoltà all’estero, come solo una macchina da soldi senza mai un chiaro programma tecnico. Entrambe sbagliate – o almeno, la seconda.
Non è vero che il PSG è solo un brand – anche se, nel rapporto calcio-moda, il migliore – e non è una squadra senza un orizzonte tecnico-tattico compiuto – per quanto, al netto di una enorme superiorità tecnica, a volte siano stati mancati gli obiettivi più importanti.
Stasera, in PSG-Manchester City, la squadra francese sfida forse la peggiore delle tre possibili opponenti, ma lo fa con un tasso di maturità altissimo, perfino più alto dell’anno scorso, quando arrivò in finale superando con difficoltà Atalanta e Lipsia. La partita contro il Bayern andò male, ma il PSG ha assaporato contro Neuer e Coman il senso dell’arrivare al livello ultimo, raggiungendo quell’ultimo gradino antecedente alla poltrona de “I migliori d’Europa”. Dopo un cammino del genere, il PSG ha il diritto di pensare di sedercisi quest’anno.
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PSG-Manchester City: i francesi sono arrivati in alto
Il PSG come club ha un valore di 9,25 miliardi, ed è il nono nella top 20 mondiale, mentre per rosa è al quarto posto – la prima è proprio la rivale di stasera, il City. La crescita graduale del PSG parte da un quarto posto con Giuly e Horeau, passa per una sorta di fase hypebeast con Pastore, Menez e Maxwell – a cui poi si aggiunge Ibra – e arriva al top mondiale con il trio Neymar, Mbappe e Cavani.
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Ma nessuno ha mai ritenuto il PSG completamente al pari delle pretendenti per la finale, nemmeno quando, anno scorso, aveva davanti l’Atalanta o il Lipsia. Il problema dei francesi è sempre stato il peso storico, connesso a un senso di incertezza circa la gestione del peso di un doppio confronto di alto livello.
Era stato eliminato in modo clamoroso dal Barcellona, poi dal Real Madrid, dal Manchester United (il primo di Solskjaer). Cioè contro avversari che sarebbero dovuti essere i competitor sportivi, economici e di brand del PSG, e quindi a un suo ipotetico livello. Il PSG è sempre stato eliminato e proprio quegli errori hanno contribuito a perdere garanzie sulle capacità di arrivare in alto della squadra di Al Khelaifi. Ma la svolta di anno scorso – paradossale se si pensa a una sconfitta – sta proprio qui.
Il PSG è uscito dall’involucro di squadra fragile, si è evoluto in una formazione finalmente da top 4, fino al punto che PSG-Manchester City possa essere un incontro alla pari. Anche se Guardiola ha dalla sua una squadra tecnicamente più forte.
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PSG-Manchester City, i numeri
I numeri del City sono importanti, ma quelli del PSG non sono da meno. I francesi segnano in Champions da 34 partite consecutive, Mbappe è il secondo capocannoniere dopo Haaland (eliminato proprio dal City) e, soprattutto, il PSG ha il miglior attacco d’Europa con 146 gol segnati – di cui 21 in Champions League, in testa nella competizione insieme al City.
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Quando le due squadre si erano affrontate nel 2016 c’era stato un sostanziale equilibrio, strecciato da un gol nella gara di ritorno in Inghilterra (dopo il 2-2 di Parigi) da un gol di Kevin De Bruyne. Il problema per i francesi è che il rapporto con le squadre inglesi non è buono: contro Manchester United, City, Chelsea (due volte) sono sempre usciti, tranne in un’occasione nel 1997 contro il Liverpool.
L’arrivo di Pochettino a inizio gennaio ha cambiato il progetto tecnico dei francesi. Il PSG adesso è più intelligente nella gestione del pallone, merito del 4-2-3-1 in cui Verratti (definitiva colonna del tecnico uruguagio in Francia) e un ritrovato Di Maria permettono alla squadra di giocare corti e con un baricentro alto, offrendo una qualità di palleggio che quest’anno ancora non si era vista.
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Dopo il pareggio del Chelsea contro il Real Madrid le chance di vedere i Blues in finale sono un po’ più alte. Per questo già si parla di finale inglese contro il Manchester City – il che sarebbe anche abbastanza clamoroso considerando che è stato l’anno della Brexit – ma forse, qualcuno, sottovaluta troppo il PSG. Anche perché proprio in Inghilterra hanno avuto l’esempio di cosa succede quando una squadra perde una finale di Champions e si ripresenta in semifinale l’anno dopo.
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