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Scarsa qualità, zero ricambio generazionale e una situazione interna delicata: nonostante la presenza di Lapadula, il Perù è in totale regressione

Che imporsi con la maglia del Perù non sarebbe stato facile, Gianluca Lapadula lo aveva già capito qualche settimana fa, quando sui social venne bersagliato da battute e insulti per aver postato il suo nuovo tatuaggio raffigurante un guerriero Apache al posto di un Inca. Un errore, in buona fede, che però non è passato inosservato.

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Questo succede quando vuoi per forza ingraziarti qualcuno, ha bisbigliato qualche suo nuovo compagno di nazionale. Si sperava che, almeno in campo, le cose andassero diversamente: invece, dopo la batosta subita dai rivali storici del Cile, è arrivato anche lo 0-2 casalingo contro l’Argentina, in un match che l’Albiceleste ha archiviato nel primo tempo senza problemi.

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Ora la Bicolor di Ricardo Gareca langue sul fondo della classifica con un solo punto, alla pari della Bolivia e dietro al Venezuela, che contro il Cile ci ha addirittura vinto. Qatar 2022 sembra ormai lontano, nonostante il cammino verso il Mondiale sia appena agli inizi, e non si può certo dire che la situazione si sia palesata come un fulmine a ciel sereno. Anzi, proprio tutt’altro.

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Perù e l’illusione del 2018

Il popolo peruviano ha ancora negli occhi la grande rimonta del 2017, quando la nazionale guidata dal Tigre disputò un girone di ritorno perfetto nel cammino verso il mondiale russo. Il Perù superò il Cile e si classificò alla fase finale del campionato del mondo dopo aver vinto lo spareggio contro la modesta Nuova Zelanda.

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La rete di Farfan segnò il ritorno sul palcoscenico intercontinentale a 32 anni dall’ultima volta. A scandire la gioia di un’intera nazione ci pensò la voce di Daniel Peredo, che solo qualche mese dopo morì a causa di un arresto cardiaco mentre giocava a calcetto con dei colleghi. A lui è dedicato un murales gigante davanti allo stadio dell’Alianza Lima, nel cuore de La Victoria.

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Poi lo sfortunato cammino in Russia, cominciato con la sconfitta di misura contro la Danimarca – match nel quale Cueva sbagliò il possibile rigore del vantaggio -, succeduto dall’1-0 incassato dalla Francia nonostante l’ottima prestazione di Guerrero e compagni. Inutile il 2-0 all’Australia che segnò l’eliminazione presa comunque molto bene dagli oltre 30mila peruviani che seguirono la Bicolor nel tour europeo.

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La delicata situazione del Perù

Da allora sembrano passati secoli, è invece sono trascorsi circa due anni. A pochi mesi dalla Copa America il Perù è in difficoltà, tra una squadra che non decolla, un ricambio generazionale che tarda a palesarsi per mancanza di materia prima e una situazione interna che non aiuta. Negli scorsi giorni, infatti, a Lima è stato perpetrato un vero e proprio colpo di stato ai danni di Martin Vizcarra.

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L’ormai ex presidente del Perù è stato fatto fuori in maniera anticostituzionale e, al suo posto, è salito provvisoriamente al potere Manuel Merino. Provvisoriamente, sì, perché il governo ‘abusivo’ che faceva capo a questo ex militante di Azione Popolare è durato sei giorni, giusto il tempo utile al popolo per scendere in piazza e invitarlo ad andarsene con una spedizione sotto la sua stessa villa.

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Merino, salito al Governo grazie al supporto della Marina militare, è stato contestato anche dagli stessi calciatori della nazionale, ed è probabile che la delicata situazione interna abbia influito negativamente sulle prestazioni in campo. Timorosa, senza idee né carattere: così è stata definita la Bicolor di Gareca, alle prese con un processo di rifondazione che, stavolta, potrebbe essere più grande di lui.

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Lapadula non incide

In tutto questo, il ct del Perù aveva incassato la disponibilità di Gianluca Lapadula a vestire i colori della nazionale. Figlio di madre peruviana, l’attaccante del Benevento era nel mirino della federazione da qualche anno, tanto è vero che lo stesso Gareca viaggiò in Italia per convincerlo in prima persona. Una volta capito che le speranze di vestire la maglia azzurra erano nulle, Lapadula ha detto sì.

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In campo, però, non sono arrivate le risposte tanto attese: dopo un esordio impalpabile contro il Cile, il 30enne torinese ha giocato tutta la partita contro l’Argentina totalizzando statistiche imbarazzanti, tra le quali spiccano i soli 27 palloni toccati al fronte di 1 solo dribbling, 5 palle perse e ben 5 duelli persi su 8. Certo, il contesto non lo ha aiutato, ma se qualcuno si fosse per caso illuso di aver trovato il post Guerrero, è ora che torni sulla terra.

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Un ricambio generazionale inesistente

Già, perché il problema del Perù è proprio questo, ovvero appoggiarsi ancora su una generazione che ha dato tutto. Paolo Guerrero è attualmente ai box per un brutto infortunio al ginocchio,, ma se fosse disponibile sarebbe titolare inamovibile a quasi 37 anni. Lo stesso discorso vale per Jefferson Farfan, suo coetaneo, Carlos Zambrano (classe 1989) e il portiere Pedro Gallese, 30 anni compiuti di recente.

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Le stelle scarseggiano e molto spesso peccano di continuità. È il caso, per esempio, di André Carrillo, Edison Flores e Cristian Cueva, tutti sotto i trent’anni ma anche calciatori che, nonostante abbiano girato mezzo mondo, non hanno mai inciso nemmeno in campionati di seconda fascia tipo quelli arabi.

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Infine, come se non bastasse, il campionato locale è povero, mediamente vecchio e pieno di stranieri che non alzano il livello. A livello federale il Perù lavora male, produce poco talento e ha un’organizzazione approssimativa, a tal punto che quando i calciatori si ritrovano nel centro de La Videna, non sono rare le loro scorribande notturne per Lima.

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Il futuro, quindi, è abbastanza incerto. “Non siamo alieni, è ovvio che la situazione generale ci condizioni – ha detto Gareca facendo un po’ il punto – i ragazzi hanno amici e familiari che stanno soffrendo. Il nostro obiettivo non è vincere il girone, né arrivare secondi o terzi: ci proveremo ma non sarà facile”. Questa volta, probabilmente sarà impossibile.

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