La partita pareggiata dall’Italia contro l’Olanda ha messo in mostra ancora una volta le grandi doti di Lorenzo Pellegrini, centrocampista che piace agli allenatori per la qualità che abbina a una duttilità tattica comune a pochi. Di Francesco lo ha lanciato, Paulo Fonseca consacrato e Mancini se lo coccola.
Le due partite giocate dall’Italia in Nations League non hanno lasciato particolari spunti in eredità . Tra le proposte più interessanti, di quelle da sottolineare con la matita rossa, c’è senza dubbio l’ennesimo cambio di ruolo per Lorenzo Pellegrini, un profilo che – in questi anni – ha dato prova di sapersi adattare a vari abiti tattici differenti. Roberto Mancini, per sua stessa ammissione, lo stima parecchio, a tal punto da regalargli due maglie da titolare contro Polonia e Olanda.
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Pellegrini lo ha ripagato con il gol del momentaneo vantaggio sugli Oranje, nato da una bella imbucata da destra di Barella sulla quale il centrocampista della Roma ha portato a conclusione un inserimento in area perfetto, concluso con un tocco sotto misura che non ha lasciato scampo al portiere avversario. La rete di Pellegrini è stato un po’ l’highlight azzurro di una partita per lunghi tratti bloccata, giocata tra due squadre che, a un certo punto, hanno accettato di buon grado il pareggio.
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Lorenzo Pellegrini, un calciatore polivalente
L’Italia di Roberto Mancini ha ormai adottato il 4-3-3 come modulo definitivo, ma a cambiare sono spesso gli interpreti. Per esempio, per questa doppia sfida di Nations League non era disponibile Lorenzo Insigne e cosi il commissario tecnico, anziché ricercarne uno switch, ha deciso di dirottare largo a sinistra proprio Pellegrini. Che, precisiamolo, ha disputato due prestazioni decisamente generose, alle quali – gol a parte – è mancato un po’ di smalto nelle fasi salienti dei match.
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Contro la Polonia i suoi movimenti a riempire il campo hanno dato fastidio agli avversari, che però hanno scelto un’impostazione più di rimessa più rimarcata rispetto al possesso e al palleggio dell’Olanda. Infatti, a Danzica Pellegrini ha giocato un grosso numero di palloni nella zona di campo che è ormai diventata sua da un po’ di tempo, ovvero la trequarti. Viceversa, contro l’Olanda gli è stato richiesto un po’ più di sacrificio nel gioco senza palla.
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Pellegrini, il ‘tuttocampista’ di Fonseca e Mancini
In realtà Pellegrini aveva già dato segnali incoraggianti per quanto riguarda la particolare duttilità tattica. Se a Sassuolo veniva impiegato da mezzala in un 4-3-3, a Roma è stato spostato trequartista per esigenze di squadra – leggasi primo infortunio di Zaniolo – e poi proprio lì si è consolidato, rivelandosi una risorsa molto importante per Paulo Fonseca. Il tecnico portoghese lo ha stimolato con continuità , ottenendo ottimi risultati sia sul breve che sul lungo periodo.
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Andando un po’ a scorrere le sue heatmap e qualche statistica, i numeri confermano le impressioni del campo: da quando milita in Serie A, Pellegrini ha messo insieme quasi 130 partite da centrocampista centrale, una cinquantina da trequartista e diverse apparizioni nei due davanti alla difesa in un 4-2-3-1. Gli score ne tratteggiano perfettamente la crescita: 10 gol e 25 assist con la Roma, 11 reti e 8 passaggi decisivi col Sassuolo, club nel quale ha affinato il proprio approccio al professionismo.
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Nel calcio moderno è fondamentale sapersi reinventare. Lo ha capito anche Roberto Mancini, che in Nazionale lo ha già spostato ovunque, facendogli implicitamente capire che – anche se gli uomini cambiano – lui rimane sempre un calciatore pressoché insostituibile per come interpreta entrambe le fasi di gioco. “È un calciatore polivalente” disse di lui il ct qualche mese fa. E in effetti, vedendolo muoversi in campo, l’impressione è che di questo Pellegrini sia difficile fare a meno.
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