Una promessa da onorare. Quel patto segreto sancito tra il presidente del Benevento Oreste Vigorito e Nicolas Viola è divenuto realtà con ben 7 giornate di anticipo sulla tabella di marcia. L’annata da record dei sanniti, conclusasi con il trionfale ritorno in serie A, coincide con la miglior stagione della carriera di una delle ex promesse del nostro calcio.
Ai tempi della Primavera della Reggina infatti, il classe ’89 era considerato una delle grandi speranze del calcio italiano, tanto da attirare su di se l’attenzione di molti club di prima fascia. A distanza di quasi quindici anni, la storia ha dimostrato come non sempre il talento da solo possa bastare per “arrivare” e che spesso il percorso di un calciatore non segue una linea tracciata. Non per questo però, dimostrare nel tempo il proprio valore, deve essere visto come un rimpianto sul quale riflettere.
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Nicolas Viola, una stagione da incorniciare
A trent’anni suonati Nicolas Viola è diventato uno dei giocatori più influenti dell’ultimo campionato di serie B, tra gli assoluti protagonisti della cavalcata del Benevento di Pippo Inzaghi. Maturo, evoluto, dominante. Colui che Roberto De Zerbi ha recentemente definito come uno dei centrocampi più intelligenti e carismatici mai avuti a disposizione nella sua giovane carriera da allenatore, è finalmente riuscito a scrollarsi di dosso l’ingombrante nomea di eterno incompiuto.
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Padrone del proprio destino e in larga parte artefice di quello dei propri compagni. 27 presenze stagionali, 9 reti e 4 assist. Miglior marcatore stagionale, tra i 5 centrocampisti migliori nel rapporto tra gol realizzati e minuti disputati dell’intero torneo cadetto. Numeri inequivocabili di una crescita impensabile solo fino a qualche mese fa, merito anche di un’intuizione tattica che gli ha permesso di tornare a incidere maggiormente in zona offensiva.
Nato e cresciuto come trequartista puro, nelle sue esperienze con le maglie di Palermo, Ternana e Novara, Nicolas Viola aveva arretrato il proprio raggio d’azione, divenendo a tutti gli effetti un regista basso davanti alla difesa. “Il nuovo Liverani”, l’aveva addirittura definito in un’intervista Angelo Gregucci, illudendo i tifosi rosanero ma soprattutto contribuendo a caricare di responsabilità i sogni di un ragazzo ancora giovanissimo che aveva ancora tutto da dimostrare. Trovare la giusta collocazione in campo non è cosa semplice, un problema che accomuna tanti protagonisti del calcio di oggi, chiamati spesso a uno scrupoloso lavoro introspettivo prima che tecnico-tattico.
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L’intuizione vincente
Inzaghi e il suo staff hanno lavorato duramente su di lui, riuscendo nell’intento di trasformalo in una mezzala moderna abile in entrambe le fasi di gioco. I risultati soddisfacenti, già sotto gli occhi di tutti, ci vengono testimoniati dai numeri forniti da Wyscout. Nicolas Viola è stato più incisivo in zona gol (1.81 tiri di media a partita) ed eccelle dal punto di vista tecnico in “passaggi accurati” (80.2%) e “lanci lunghi” (51.4%). Sorprende notare come, al dato sui “dribbling riusciti” (57.7%), si accompagnino le percentuali riguardanti “duelli vinti” (51.3%), “intercetti palla”(3.55) e palle recuperate nella metà campo avversaria (43.1%).
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Non essendo particolarmente dotato dal punto di vista della mobilità, si era inconsciamente portati a pensare che per esprimersi al meglio Nicolas Viola dovesse essere alleggerito da compiti difensivi. La mossa tattica di Inzaghi ha dimostrato il contrario, portando alla luce un lato sconosciuto del suo modo di giocare e restituendo al Benevento un centrocampista moderno in grado di fare tutto e bene. Recordman di presenze in B nella storia del club campano, ha partecipato al 26% delle realizzazioni della squadra, mettendo a segno 9 reti nella quali è racchiuso tutto il repertorio di giocatore completo.
Titolare inamovibile dei calci piazzati, ha segnato quattro volte su rigore (20 su 21 in carriera), due su punizione e tre dalla lunga-media distanza. Per comprendere a pieno la crescita in senso assoluto di Viola, il consiglio è quello di riguardare la tripletta al Trapani. Un’autentica goduria per i palati sopraffini, una disdetta per chi l’aveva troppo frettolosamente dato per disperso.