Davide Nicola ha fatto mea culpa per la disfatta contro il Milan, ma le difficoltà del Torino nascono da ben più lontano
“Abbiamo toppato clamorosamente: è solo colpa mia”. Davide Nicola commenta così la fragorosa caduta casalinga del Torino contro il Milan, un 0-7 arrivato a soltanto diciassette mesi da un altro risultato identico, il 25 gennaio 2020, maturato contro l’Atalanta. Mai, nella storia della Serie A, era successa una cosa simile.
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D’altronde, sotto la gestione di Cairo il Torino sta scrivendo più record negativi che positivi: l’aria che si respira attorno all’ambiente granata è di disaffezione pura per la proprietà e di rimbalzo anche per tutto ciò che le gravita attorno. I tifosi vorrebbero qualcosa in più, ma Cairo – ormai è evidente – non può o non vuole darglielo, e anche quando ci prova – tipo costruendo una rosa che oscilla tra il settimo e l’ottavo monte ingaggi della Serie A – finisce per peggiorare le cose.
Nicola, professione psicologo
L’arrivo di Nicola è stata una mossa fatta per addolcire una piazza stufa dell’andamento sportivo del Torino, un colpo a effetto – post esonero di Giampaolo – sulla scia di quello che lo scorso anno portò sulla panchina granata l’ex figlio del Filadelfia, Moreno Longo. Torinese di Luserna, tifosissimo del Toro, Nicola ha provato a lavorare sulla tenuta mentale della squadra, debole a 360 gradi.
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Purtroppo, il Torino rischia la retrocessione, di calcio se n’è visto decisamente poco e, soprattutto, la batosta patita dal Milan rischia di lasciare strascichi importanti in vista dello spareggio di La Spezia. Così, il mister granata dovrà nuovamente lavorare a fondo sulla tenuta mentale del gruppo, già in passato messo sotto torchio per ripulirsi la testa da quella “melma” di giampaoliana memoria.
Nicola non ha colpe
La brutta sconfitta ha aperto nuove polemiche riguardo la gestione dell’impegno contro il Milan. Nicola, forse per un senso di autoconservazione, ha deciso di dare fiducia alle seconde linee, facendo un po’ di turnover e lasciando riposare quelli impiegati di più e alcuni diffidati: “Evidentemente le cose non sono andate come dovevano – ha detto sconsolato – mi prendo la colpa, ovviamente: ho caricato troppo la partita e stravolto eccessivamente la squadra”.
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Che, in campo, semplicemente non è scesa, rinunciando a giocare sin dal principio un match già difficile di suo. Il Milan ha affondato come una lama nel burro, con giocate rapide, nello stretto e in verticale, senza lasciare minimamente spazio alla reazione granata. Uno scossone che non c’è stato, nemmeno quando Calhanoglu ha deciso di riaprire la partita regalando a Zaza un pallone sanguinoso, poi sparato da Bremer su Donnarumma.
Il tradimento dei gregari
Tuttavia, il meno colpevole di questa situazione è proprio Nicola. Paradossalmente, verrebbe da dire, ma le scelte di un allenatore vengono sempre fatte in funzione dell’obiettivo e, se può capitare di sbagliarle, non si può mai mettere in dubbio la buona fede di chi si gioca il posto in prima persona. Nello specifico, l’idea era quella di lavorare sugli stimoli delle cosiddette seconde linee, regalando loro la possibilità di mettersi in mostra e, perché no, candidarsi per il rush finale.
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Invece Nicola, che del concetto di gruppo e dei rapporti umani ha fatto il suo manifesto, è stato brutalmente tradito soprattutto dai gregari, quelli che avrebbero dovuto finalmente cominciare a dare un contributo ma, invece, hanno solo contribuito a scrivere l’ennesima pagina ignobile della gestione Cairo. Giocatori come Rodriguez, Lyanco, Baselli, Linetty – tanto per citare i casi più eclatanti – hanno finito il loro tempo al Torino e, in estate, dovranno forzatamente essere mandati via.
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Una società irresponsabile
Purtroppo, se certe prestazioni vengono tollerate e altrettanti comportamenti permessi, la colpa anche qui non è dell’allenatore, ma del contesto in cui viene obbligato a lavorare, senza essere minimamente spalleggiato dalla società e, anzi, spesso lasciato solo al comando. Capita così che ci siano calciatori che entrano in campo in ciabatte, altri che mandano avanti il loro agente a lamentarsi – come Ricardo Rodriguez – per poi fornire prestazioni imbarazzanti.
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Nicola, semplicemente, è stato preso in mezzo da una situazione molto più grande di lui, alla pari di Longo, Giampaolo e Mazzarri, che capita l’antifona, il giorno dopo l’esonero, corse in società per rescindere il contratto in modo tale da non correre il rischio di essere richiamato.
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E, da adesso in poi, l’unica speranza in chiave salvezza per il Torino si chiama proprio Nicola: se il mister riuscirà a ricostruire la testa dei calciatori, allora si centrerà l’obiettivo. Viceversa, diventerà l’ennesima vittima sacrificale data in pasto ai tifosi da una proprietà lacunosa. Lei sì, probabilmente, da Serie B.
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