Il pallone ha ripreso a rotolare soltanto da pochi giorni ma è già tempo di verdetti e trofei. E nello scenario di uno Stadio Olimpico deserto, Napoli e Juventus si contenderanno il primo titolo post emergenza COVID-19. Quella Coppa Italia che potrebbe aggiungere un’altra, importante pagina al romanzo della loro storica rivalità.
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La seconda finale
Dopo aver superato le due milanesi in semifinale, bianconeri e azzurri si affronteranno nell’atto finale della competizione per la seconda volta nella loro storia. Nell’unico precedente, nel 2012, furono Cavani e Hamsik a mandare al tappeto la Vecchia Signora, regalando ai partenopei un importante successo nel giorno dell’addio alla Juventus del suo capitano, Alessandro Del Piero.
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Quel 20 maggio di otto anni fa, sulle due panchine sedevano Antonio Conte e Walter Mazzarri. Sembra essere trascorsa un’eternità. Perché ora alla guida delle due formazioni ci sono Gennaro Gattuso e Maurizio Sarri. Proprio quel Sarri che del Napoli fu grande condottiero, traghettando gli azzurri a un passo dal sogno scudetto nella stagione 2017-2018.
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Sarri, ci eravamo tanto amati
Come in una fotografia. Nella mente di molti tifosi napoletani c’è ancora perfettamente impresso lo stacco imperioso di Koulibaly al minuto 90 della trasferta di Torino. Il 22 aprile di due anni fa, in uno Juventus Stadium ammutolito, l’incornata del centrale senegalese su assist di Callejon portò il Napoli a meno uno dagli uomini di Allegri. Tifosi e giocatori in festa, Sarri scatenato in panchina.
Poi la disfatta di Firenze e la Vecchia Signora che, dopo la vittoria sull’Inter, prese definitivamente il largo verso il titolo. Avrà sicuramente ripensato a quell’incredibile finale di stagione Maurizio Sarri, quando il 16 giugno dell’anno scorso mise la firma su un contratto che lo legava proprio a quei colori, il bianco e il nero, contro i quali aveva dato vita ad una delle battaglie sportive più belle degli ultimi anni. Una scelta mai perdonata da tanti tifosi napoletani.
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Napoli Juventus, bomber e tradimenti
Amare visceralmente i propri beniamini, per poi sentirsi traditi. Fu ciò che accadde anche con Josè Altafini, quel fenomenale attaccante italo brasiliano che, dopo sette anni in maglia azzurra, fece le valigie per trasferirsi a Torino. Una decisione aggravata dalla rete allo scadere che decise quel famoso scontro diretto del ’75.
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Un successo che consegnò di fatto il titolo ai bianconeri, estromettendo la propria ex squadra dalla corsa al titolo. “José, core ingrato”, fu lo striscione che gli dedicarono i tifosi partenopei al San Paolo. Una frase rimasta negli annali. Quasi un titolo da copertina. Furono 86 i sigilli in maglia azzurra prima del passaggio alla Juventus. Cinque gol in meno di Gonzalo Higuain, che alla Juventus si trasferì 44 anni dopo.
Il 28 luglio del 2016, “El Pipita” si tramutò nell’acquisto più costoso nella storia della Serie A e, al contempo, in una delle maggiori delusioni nella storia del tifo azzurro. Perché faceva davvero male vedere con un’altra maglia quell’attaccante che all’ombra del Vesuvio riuscì a superare il record di gol in un singolo campionato. Eppure, quando il Napoli di Sarri giunse ad un passo dal sogno in quello stadio freddato dal lampo di Koulibaly, Higuain era lì, sul terreno di gioco. Probabilmente non prenderà parte alla finale di Coppa Italia. Una sfida mancata che però sbiadisce il fascino della sfida. È solo l’ennesimo infuocato duello nel romanzo di una delle principali rivalità del calcio italiano, ricco di tradimenti e colpi di scena.
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