Napoli Atalanta vede trionfare gli Azzurri ma tramanda ai posteri diversi spunti interessanti: dal ruolo di Mertens alla prestazione di Fabian Ruiz fino all’incisività di Osimhen e Bakayoko, ecco le 3 chiavi del match
Sabato 17 ottobre 2020 verrà ricordato come il giorno in cui la Dea viene riportata sulla terra. Napoli Atalanta finisce 4-1 e, a memoria, per trovare una sconfitta così netta della squadra di Gasperini bisogna fare uno sforzo di memoria discretamente profondo. Questo perché l’Atalanta cade fragorosamente non solo dal punto di vista del risultato, ma anche per la maniera in cui la goleada è maturata. Dall’altra, il Napoli di Gattuso ha giocato un primo tempo da occhi a cuoricino, archiviando la pratica in meno di 45 minuti.
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Certo, di sicuro le nazionali hanno inciso, perché il Napoli si è potuto allenare per due settimane senza sosta mentre i bergamaschi hanno recuperato molti effettivi in extremis, ma nel weekend che porta all’esordio europeo Gasperini dovrà rivedere alcuni meccanismi, soprattutto in difesa. Gattuso se la ride e ha ragione: fisicamente la squadra è stata a tratti straripante e anche nella ripresa, dopo il gol di Lammers, non ha subito alcun ritorno da parte degli avversari. Il Napoli ha vinto il match a 360 gradi, prevalendo nei duelli individuali lungo tutto il terreno di gioco.
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Napoli Atalanta, il fattore Lozano
Hirving Lozano è uno dei calciatori maggiormente cresciuti rispetto alla scorsa stagione. Vederlo in campo, nella veste di esterno a sinistra, è una delizia per gli occhi perché al posto dei dribbling inutili e giocate inconcludenti, il messicano è finalmente diventato un valore aggiunto. Il 4-2-3-1 gli permette di esprimersi al massimo, sgravato da qualche compito difensivo e assistito a dovere da Hisaj, che puntando con continuità il fondo gli permette di accentrarsi per fare male in area di rigore. La sua doppietta sarebbe da inserire nel cosiddetto ‘Manuale del Calcio’ alla voce ‘come si attacca il secondo palo‘.
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Sfruttando gli ottimi movimenti di Osimhen, il messicano si trova spesso nella posizione migliore per concludere e, come testimoniano le statistiche, a livello realizzativo Lozano ha ripreso il canovaccio momentaneamente abbandonato dopo l’addio al PSV. Alla base, inoltre, c’è stato un chiarimento totale con Gattuso, che lo scorso anno non aveva avuto alcun problema a relegarlo in panchina a causa della sua attitudine poco incline al sacrificio. La trasformazione, però, sembra totale. E se allle doti tecniche di Lozano si aggiunge anche una tenuta mentale perfetta, Ringhio potrebbe aver trovato un’arma in più in chiave Champions League.
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Dal 4-3-3 al 4-2-3-1: il ruolo di Mertens e la corsa di Osimhen
Napoli Atalanta è stata anche la partita di Dries Mertens. Il belga è partito in posizione di trequartista pur non essendo un numero 10 puro. L’intenzione di Gattuso è quella di avere più imprevedibilità tra le linee tenendo il belga nel vivo della manovra e, contestualmente, lasciare che sia Osimhen a spendersi per lui. Mertens ha disputato una prestazione di ottimo livello, trovandosi particolarmente a suo agio sul centro-destra, dove con Di Lorenzo e Politano è spesso andato a comporre un triangolo in grado di tagliare completamente fuori i ripiegamente di Gosens.
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L’olandese spesso si trovava da solo nel dover affrontare le incursioni azzurre da quella parte, venendo saltato con regolarità. Il motivo? Semplice, il grande lavoro di Osimhen su Palomino: la punta ex Lille ha sfiancato l’argentino a tal punto che, tra un tempo e l’altro, Gasperini ha deciso di avvicendarlo. Però Osimhen si è speso tantissimo per la squadra, correndo come un forsennato e pressando l’Atalanta ogni volta in cui l’azione ripartiva con una costruzione bassa. Il gol ha solo impreziosito una prestazione generosa, ma anche di qualità. E l’impressione è che il nigeriano abbia ancora ampi margini di crescita.
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Bakayoko fondamentale, Fabian Ruiz dominante
Napoli Atalanta è stata fondamentalmente una partita che gli Azzurri hanno dominato nel primo tempo e gestito bene nella ripresa. Gasperini, in ottica turnover, ha deciso di risparmiare qualche titolare e, paradossalmente, aver rinunciato a un equilibratore del calibro di Freuler è stato un mezzo suicidio. Dall’altra parte, invece, va sottolineato il grande impatto di Bakayoko: il Napoli aveva fortemente bisogno di un centrocampista con le sue doti fisiche e atletiche, visto che l’ex Chelsea è un profilo totalmente assente nella rosa di Gattuso.
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La sua presenza ha permesso a Fabian Ruiz di essere molto più libero in fase di costruzione: lo spagnolo ha forse sfoderato la miglior partita da mesi e il merito non può non essere (anche) ascritto all’associatività di Bakayoko. I due si sono implementati a vicenda e dato sicurezza a una manovra risultata fluida, varia ed eterogenea. Anche quando i ritmi si sono abbassati, in mezzo al campo il Napoli si è mosso sempre in maniera particolarmente ordinata, segno che – oltre alle qualità tecniche – la banda Gattuso comincia a credere seriamente nelle proprie possibilità. E, a posteriori, una domanda sorge spontanea: come sarebbe andata a Torino, se si fosse giocato?
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