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José Mourinho è un personaggio che vive di conflitti destinati a fare storia: oggi, il suo nuovo nemico è il Liverpool di Jurgen Klopp, che ieri lo ha sconfitto nei minuti finali della sfida di Anfield.

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Lo “sketch” sugli infortuni del Liverpool è da antologia, e conferma l’immenso talento comunicativo di Mourinho, che spesso in conferenza stampa crea pezzi destinati a restare nella storia, magari esagerando ma senza mai stravolgere la realtà: i Reds hanno infatti avuto tanti infortuni, ma questo vale bene o male per tanti altri club europei.

L’intento è abbastanza chiaro: in caso di vittoria, il suo Tottenham non avrebbe dovuto sentirsi “in difetto” verso il Liverpool a causa delle assenze degli avversari. Tuttavia è ovvio che da un po’ lo Special One abbia individuato nella squadra di Klopp il suo bersaglio preferito.

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Mourinho e le sue “nemesi”

È dall’inizio della stagione che José Mourinho lancia frecciatine verso i Reds, intensificatesi con l’avvicinarsi della sfida di ieri sera, che però ha visto il Liverpool vincere (anche se solo all’ultimo minuto e in casa propria). Di per sé, nulla di strano: il portoghese ha da sempre una tattica psicologica precisa, quella di aggredire gli avversari che lui reputa le principali “nemesi” della stagione fin dalle conferenze stampa.

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La sua rivalità con Guardiola è arcinota: dopo la famosa semifinale tra Inter e Barcellona, nel 2010, lo spagnolo criticò una decisione arbitrale a vantaggio dei nerazzurri, e Mourinho rispose che Guardiola era “l’unico uomo che si lamenta per una decisione corretta”. Un anno dopo, col portoghese al Real Madrid, la polemica andò avanti con accuse precise di favoritismi da parte della UEFA verso il Barcellona (“Se dico quello che penso la mia carriera finisce oggi”), e di nuovo, più di recente, dopo la sentenza sul City in merito al fair play finanziario.

Chi lo ricorda durante la sua esperienza italiana, ha ancora memoria di tutte le volte che Mourinho ha accusato gli avversari di qualcosa, in particolare verso la Juventus. Dichiarazioni che ormai hanno fatto storia: gli “zeru tituli“, l’area di rigore “di 25 metri”, la “prostituzione intellettuale” dei giornalisti che non parlano dei rigori a favore dei bianconeri.

Per Mourinho è fondamentale trovare un nemico e accusarlo di essere trattato meglio (dagli arbitri e dalla stampa) rispetto alla sua squadra: sebbene sia sempre al volonte di club di primo piano e con grandi giocatori, ci tiene a costruirsi l’immagine dell’outsider. Sono sempre gli altri a essere implicitamente in vantaggio, per cui sono loro a dover dimostrare qualcosa.

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La rivalità con il Liverpool può sembrare una novità, ma non è proprio così. Senza dubbio, le recenti dichiarazioni contro la squadra di Klopp sono dovute esclusivamente alla sfida per lo scudetto a cui i due stanno prendendo parte, ma già in passato Mourinho aveva tirato colpi bassi ai Reds.

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Nel 2018, quando lo Special One sedeva sulla panchina del Manchester United, disse che il Liverpool intendeva “comprarsi il titolo“, investendo tantissimo su nuovi giocatori (Alisson, Keita, Fabinho, Shaqiri): un riferimento polemico a ciò che Klopp aveva detto due anni prima, quando i Red Devils avevano acquistato Pogba, sostenendo che non aveva intenzione di spendere così tanto sul mercato. Dopo la sconfitta di ieri sera, Mourinho ha spiegato senza troppi giri di parole che “ha perso la squadra migliore”.

Probabilmente, questa battaglia psicologica andrà avanti almeno fino alla fine della stagione. D’altronde non è la prima volta che Mourinho si trova in competizione con il Liverpool, cosa capitata di frequente negli anni Duemila, quando il portoghese era al Chelsea e sulla panchina dei Reds sedeva Rafa Benitez. La curiosità è che, nel 2004, dopo la Champions vinta con il Porto, Mourinho era stato proprio a un passo dal diventare allenatore del Liverpool: poi, Jorge Mendes e il Chelsea si misero di mezzo, e sulle sponde del Mersey arrivò proprio Benitez.

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