La comunicazione di Mourinho a Roma sarà un’esperienza da vivere. L’arrivo a Trigoria dello Special One – o ex, che si voglia dire – è forse, prima dell’inizio della prossima Serie A, la cosa più entusiasmante che sarebbe potuta accadere nel calcio italiano.
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Mourinho comunicazione: starà benissimo a Roma
Fra la vittoria del centrodestra a Madrid e le insurrezioni indipendentiste in Scozia, dopo la Superlega, l’Europa si ferma ancora per parlare di calcio: Mourinho va alla Roma.
Non può non essere una notizia folle, quasi nosense vista la polarizzazione dei due protagonisti. Infatti, da un lato c’è Mou, vincitore di 25 trofei e, anche se in calo nelle performance (nessun titolo dal 2017), rimane comunque per appeal e competenze uno dei migliori cinque allenatori del mondo. Che poi al Tottenham sia stato un fiasco, è un piccolo grande dettaglio.
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Dall’altro lato c’è la Roma, che con una nuova proprietà americana, a Trigoria da nemmeno un anno, ha giocato un campionato pessimo e smarrito ogni certezza tecnica. E quindi, costretta a rinunciare all’attuale progetto tecnico, abbandonato insieme alla costruzione dello stadio, chiodo fisso da cinque anni, a cui la società ha dovuto definitivamente rinunciare.
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Questo matrimonio però è giusto, perché ci sono due brand – Mourinho e l’AS Roma – che si devono rilanciare, sia come immagine (lo Special One ha perso freschezza nei 13 mesi al Tottenham, la Roma in Europa è caduta sul più bello) che a livello sportivo – entrambi hanno fallito sul campo.
Per il tecnico portoghese la Roma potrebbe essere l’ultimo progetto tecnico interessante prima di trovare spazio in una nazionale come commissario tecnico. Sarebbe un’occasione per provare a vincere gli unici trofei di lusso che non ha mai vinto – gli Europei e la Coppa del Mondo.
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Si è definito conquistato dalla piazza, dall’amore dei tifosi, e proprio lui, astuto demagogo e abile manipolatore, può trasformare veramente la curva sud nel 12simo uomo per tutta la stagione. Anche se dividerà.
Perché Mourinho, per atteggiamenti e linguaggio, ha spesso diviso le tifoserie. Ma Roma, la città di Roma, è pronta a sposarsi con Mourinho: lo dimostrano l’entusiasmo dei tifosi con caroselli e cori ieri alla notizia dell’annuncio ufficiale.
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Mourinho comunicazione: la sua strategia
Ci saranno conferenze stampa focose, dichiarazioni taglienti e le solite bagarre italian-style contro tutto o tutti (da sottolineare: un campionato con artificieri dei toni come Conte, Spalletti – probabile al Napoli, speriamo – Simone Inzaghi, e magari anche Allegri). Ma è proprio questo è ha attirato Mourinho in Italia.
La sfida non è solo in campo, in cui la sua squadra sarà necessariamente meno forte dei competitors per la qualificazione alla Champions League (parole dei Friedkin), ma anche fuori, nella comunicazione.
Come si vestirà, José Mourinho? In Inghilterra, doveva rispondere esteticamente a climi rigidi e ventosi, a Roma, una delle capitali del Mediterraneo, potrebbe orientarsi più su un codice elegante in stile Fonseca – suo predecessore portoghese, tra l’altro, i due si stimano a vicenda.
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E i social? Per chi si interessa di calcio, queste non sono più stupidaggini. Mourinho ha più di 2 milioni di followers su Instagram e aggiorna costantemente il suo profilo, con un feed un po’ boomer, ma che esprime lucidamente la personalità bizzarra dell’allenatore. Ci aspettiamo sicuramente più cibo e più turismo, ma anche qualche locuzione romana in più. E’ anche un modo per legarsi alla città.
Che legame costruirà proprio con Roma? Se si escludono Londra e Milano, Mourinho non ha mai interamente legato con i posti in cui è andato. A Manchester viveva in un albergo (di lusso) e a Madrid non aveva portato la famiglia. Roma sembra, apparentemente, per lui, il Fernweh, quella nostalgia per un luogo che non si conosce, ma che, forse, già sapeva lo avrebbe conquistato.
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Il portoghese ha un forte interesse negli investimenti immobiliari – ha proprietà o è socio di immobili di lusso in Portogallo e Inghilterra, fra cui una catena di hotel – e in questo senso Roma lo attira come meta di vita, a cavallo fra la passione di una tifoseria cittadina che può dargli tutto – la Roma è un brand globale, ma il core de Roma è indistinguibile – e il fascino che può suscitare ritornare in Italia in una città caratteristica, unica, in cui Mourinho diventa un puntino sulla mappa.
Un po’ come Gotham City: ci sono i personaggi delle elezioni comunali, la politica nazionale, gli scandali giudiziari, le periferie da gestire, i turisti e, infine, anche Mourinho.
Mourinho comunicazione: come Benitez
Mourinho potrebbe ricevere quell’affetto e costruire quel rapporto che, a suo tempo, aveva costruito Benitez con Napoli.
Per i tifosi azzurri (e in generale i napoletani) era diventato Don Rafé, nickname partenopeo per un professionista che ha sposato il progetto Napoli non solo per il campo, ma anche per quello che c’è fuori. Si era arrivati a un punto (spiacevole, certo) in cui a Verona, i tifosi dell’Hellas, insultavano i napoletani e Benitez insieme, anche se l’allenatore è nato a più di 2000 km di distanza.
Mourinho a Roma potrebbe essere esattamente la stessa cosa, diventare un’esperienza da studiare e di cui godere anche per chi non tifa Roma. E’ esattamente il bello del calcio, il fatto di poter andare oltre il gioco e impegolarsi in queste beghe che non sono state mai inutili ai fini sportivi. Soprattutto a Roma.
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