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Mentre l’emergenza sanitaria legata al Coronavirus non cessa, a Monza il club deve fare i conti con un possibile caso di tamponi falsi

Un inizio di campionato non certo sorprendente, punti che faticano ad arrivare nonostante la fuoriserie costruita in fase di mercato e ora, come un fulmine a ciel sereno, in casa Monza scoppia anche il caso tamponi. La Dda di Milano, nelle ultime ore, ha aperto un fascicolo su Cristiano Fusi, collaboratore esterno del club, ora indagato per aver consentito a soggetti terzi – ma soprattutto privi di titoli – di effettuare un giro di tamponi sui tesserati della società brianzola.

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Il caso è scoppiato dopo un controllo da parte di Nas e Guardia di Finanza effettuato nel centro sportivo di Monzello. Al momento Silvio Berlusconi, proprietario e presidente del club, viene considerato estraneo ai fatti così come l’intera società. La responsabilità, per quanto emerso dalla prime indagini, sarebbe quindi esclusivamente riconducibile al comportamento del dottor Fusi, che parallelamente ricopre anche il ruolo di medico della nazionale azzurra di sci alpino.

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Ieri si sono tenuti gli accertamenti di Nas e Gdf per verificare il rispetto e la regolarità delle procedure per l’esecuzione dei tamponi anti Covid. E’ emerso che il Monza è in regola sotto tutti i profili igienico sanitari. Sono state visionati le fatture di pagamento e i nomi dei medici che, a turno, effettuano i tamponi rapidi. L’AC Monza ha fornito tutta la documentazione richiesta e non è coinvolta nelle indagini.

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Caso tamponi al Monza: le accuse

Le accuse rivolte al medico del Monza al momento sono principalmente due e sono molto gravi. Si parla infatti di concorso nell’esercizio arbitrario della professione ed epidemia colposa, anche se per entrare maggiormente nei particolari dell’inchiesta bisognerà attendere un po’ di tempo, perché al momento le carte sequestrate dalle forze dell’ordine sono coperte da segreto istruttorio.

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A coordinare le indagini è stata infatti coinvolta anche la Direzione Antimafia di Milano, che da tantissimo tempo denuncia il tentativo della ‘ndrangheta di intrufolarsi nei business legati all’emergenza: mascherine, tamponi, sanificazioni ma soprattutto lo smaltimento illecito di rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo sono gli affari che il malaffare si contende a colpi di minacce e corruzione.

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Per quanto riguarda la parte sul dottor Fusi, dai pochi particolari emersi pare però che l’inchiesta si concentri più su “approvvigionamento e la modalità di esecuzione di tamponi”, quest’ultimi sequestrati assieme a diverse documentazioni nelle quali si specificano “casa produttrice, lotto e termine di validità” oltre al sistema di smaltimento degli stessi. Proprio a questo proposito, il Monza si sarebbe rivolto a una società che si occupa di “rifiuti, energia rinnovabile e gas”, ma non di tamponi.

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Il club prende le distanze

Il dottor Fusi, oltre a essere il principale consulente medico del Monza, collabora anche con un paio di cliniche private che esercitano parecchio nel mondo del calcio. La società ha però preso le distanze sin da subito: “Lo screening che il Monza Calcio ha affidato al dottor Fusi e ad altri due suoi colleghi della clinica Zucchi – si legge nel comunicato ufficiale pubblicato sul sito dei brianzoli – è solo ulteriore rispetto a quello “ufficiale” affidato al laboratorio San Giorgio di Milano”.

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Ergo, il Monza è estraneo agli eventuali affari collaterali di Fusi. “Ieri si sono tenuti gli accertamenti di Nas e Gdf per verificare il rispetto e la regolarità delle procedure per l’esecuzione dei tamponi anti Covid. E’ emerso che il Monza – precisa la società – è in regola sotto tutti i profili igienico sanitari. Sono state visionati le fatture di pagamento e i nomi dei medici che, a turno, effettuano i tamponi rapidi”. Per questo motivo, “l’AC Monza non è coinvolta nelle indagini”.

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In questa prima parte di stagione, la società lombarda è stata massacrata dal Coronavirus, dovendo rinviare diverse partite e recuperando i negativizzati solo alla spicciolata. Per questo sono stati intensificati i controlli, in una zona d’Italia tra le più colpite dall’emergenza sanitaria. E, proprio per tale motivo, la società si era affidata anche a pareri esterni come quello del dottor Fusi. Ora indagato, in attesa di novità.

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