Luis Enrique e la Spagna eliminati malamente dai mondiali in Qatar, le ragioni di un flop che ha provocato molte reazioni critiche verso il commissario tecnico.
Fuori ai rigori agli ottavi di finale come nel 2018, la Spagna si interroga sul futuro di Luis Enrique, indicato come uno dei maggiori responsabili di questo ennesimo disastro. Subito dopo l’eliminazione molti si sono soffermati sulla reazione di Luis Enrique, che è parso rilassato, addirittura sollevato: è andato a salutare gli avversari, uno per uno, mentre consolava i suoi giocatori, sotto choc per la sconfitta. Ai microfoni del dopogara in realtà il tecnico ha rilasciato dichiarazioni di circostanza senza calcare troppo la mano sulla prestazione della squadra, specificando di non avere nessuna voglia di pensare al suo futuro ma solo di tornare a casa a riabbracciare tutti i suoi parenti e anche “i suoi cani”.
Probabilmente il suo futuro è segnato, con Roberto Martinez l’ex ct del Belgio che bussa alle porte della federazione e in alternativa con Marcelino, ex allenatore del Valencia e dell’Athletic Bilbao. In realtà il percorso della Spagna a questo mondiale è stato l’opposto dell’Europeo dell’anno scorso, quando le Furie Rosse erano arrivate al torneo tra mille critiche e con “Lucho” nel mirino per le convocazioni (nessun giocatore del Real Madrid) e per uno stile di gioco che non entusiasmava. I primi pareggi stentati, poi il boom con due belle vittorie su Slovacchia e Croazia: ai quarti il trionfo ai rigori sulla Svizzera prima di incocciare contro l’Italia e un’altra eliminazione dal dischetto.
Da lì iniziò la luna di miele dei media e dei tifosi con Luis Enrique, che ha acquisito uno status di leader assoluto, forse fin troppo, surrogato da due belle Nations League: in una ha perso in finale con la Francia, nell’altra è alle final four, che si disputeranno l’estate prossima. Le scelte di rottura del tecnico, con tanti giovani anche inesperti convocati (Gavi su tutti, chiamato quando aveva accumulato appena una manciata di presenze col Barcellona), sono piaciute ai più. Soprattutto quell’aura di vicinanza, di umanità, che il ct ha trasmesso negli ultimi mesi, fino all’ultima decisione visionaria dal punto di vista comunicativo: le conferenze-stampa sostituite di fatto da delle chiacchierate sul canale social Twitch, una linea diretta coi tifosi degna del personaggio, uno che non si è mai fatto problemi con l’essere coerente fin dai tempi della sua gestione della Roma.
Luis Enrique Spagna al Mondiale
La colpa più grave di Luis Enrique però è stata forse la sua feroce determinazione nel voler controllare tutto, senza sapere che gli imprevisti sono dietro l’angolo. I mondiali in Qatar erano iniziati benissimo, con un 7-0 al Costarica quasi da videogame. Tutto aveva funzionato alla perfezione, anche se i Ticos si erano consegnati completamente agli avversari, come uno sparring partner pugilistico. Il pareggio con la Germania, che nel finale poteva tramutarsi addirittura in una sconfitta, per la prima volta ha messo la Spagna nella condizione di poter decidere del proprio destino, e l’ha fatto nel peggiore dei modi.
Abbiamo visto tutti nella partita col Giappone come per tre minuti le Furie Rosse si fossero trovate addirittura eliminate, mentre il Costarica vinceva 2-1 coi tedeschi. Lì non si è capito bene cosa fosse nella mente di Luis Enrique e quindi della Spagna: volevano vincere il girone, evitare la Croazia e concentrarsi sul Marocco? Ma poi perché evitare la Croazia che avevano battuto agli Europei un anno fa? Insomma, è sembrato tutto un grande pastrocchio fatto per di più con un pizzico di supponenza, scegliersi lo spicchio di tabellone potenzialmente “più debole” per andare avanti il più possibile, col risultato di uscire subito, agli ottavi.
Col Marocco, poi, uno stillicidio di 120 minuti. Il gioco verticale che si era visto sia col Costarica che con la Germania che nel primo tempo col Giappone, sparito. E anche certe decisioni tattiche hanno lasciato perplessi, come Llorente terzino destro (il ragazzo non sa più che ruolo occupare avendone cambiati almeno 4-5 negli ultimi anni) o la rinuncia a Morata per proseguire nella linea del “falso centravanti”. Del resto per il Qatar di centravanti puri a parte l’ex juventino Luis Enrique non ne aveva convocati, e sì che di opzioni la Liga ne aveva date, da Aspas a Borja Iglesias fino a Joselu, gente già in zona doppia cifra in campionato. Ancora più incomprensibile il cambio Nico Williams-Sarabia appositamente per i rigori. Il giovane dell’Athletic stava mettendo in ambasce la difesa del Marocco, era entrato nel secondo tempo, e toglierlo per mettere un presunto rigorista (che poi ha sbagliato il suo tiro dagli 11 metri) è parso azzardato.
Anche lì, però, giocatori giovani e più comodi da gestire per decisioni complesse. Con Xavi, Iniesta o la vecchia generazione vincitrice di tutto non sarebbe successo. Ma quella generazione naturalmente non c’è più ed è inutile rimpiangerla. La Spagna dopo la vittoria al Mondiale del 2010 ha vinto solo 3 partite in 3 edizioni. Per il resto sconfitte o pareggi, ed eliminazioni ai rigori. Si dirà che per arrivare a quel trionfo, in mezzo a due Europei, ci erano voluti anni di pane duro e delusioni. Vincere in Qatar con questa rosa sembrava impresa molto difficile, però anche uscire senza segnare un gol, nemmeno un rigore, contro il Marocco agli ottavi di finale.