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Quando al novantunesimo di un Milan-Ajax storico Filippo Inzaghi superò Lobont con un pallonetto, tutto San Siro esplose di felicità

23 aprile 2003, allo stadio San Siro si gioca la semifinale di ritorno tra Milan ed Ajax, quindici giorni dopo lo spento 0-0 dell’andata in Olanda. Ai rossoneri, privi di Pirlo, Seedorf e Gattuso, non resta che conquistare il passaggio del turno per rendere accettabile un’annata che altrimenti scivolerebbe nell’inesorabile dimenticatoio. Il terzo posto in campionato alle spalle di Inter e Juventus non lascia spazio a velleità in patria, ma la sfida contro gli olandesi può aprire le porte ad una semifinale tutta italiana con l’Inter già certo del passaggio del turno dopo la doppia sfida al Valencia.  Al fischio di inizio il Milan ha una sola opzione: vincere la gara per evitare che la regola del gol in trasferta regali il passaggio all’Ajax, e ottenere così il pass per sfidare i cugini il mese successivo. 

Dopo diversi minuti di affondi rossoneri, Christian Brocchi sgancia un tiro dal limite dell’area imbeccato da Ambrosini che Lobont disinnesca con una parata in tuffo da copertina. La serata non vede però l’Ajax protagonista nel primo tempo e Shevchenko, involatosi sulla destra, crossa al centro un pallone che viene deviato da Van Damme innalzandosi preciso sulla testa di Inzaghi: 1-0 Milan ed esplosione di gioia per i 76 mila di San Siro. La partita sfuma nell’intervallo ma alla ripresa, su assist di Van der Meyde inizia a concretizzarsi il potenziale psicodramma rossonero: Litmanen segna sotto misura al minuto 63, Shevchenko risponde con un altro gol di testa assistito da Filippo Inzaghi al minuto 65 ma, tredici minuti più tardi, è Pienaar a segnare in mischia il gol che varrebbe il passaggio per l’Ajax e l’abisso infernale per il Milan di Ancelotti. 

In quei dieci minuti che separano dal fischio finale il film di una intera stagione passa davanti al popolo rossonero: alti e bassi in Serie A, una Coppa Italia da conquistare ma che da sola non può soddisfare le ambizioni della rosa di Ancelotti e una Champions League che sta sfumando, con un potenziale derby in semifinale ad attendere una città intera che scomparirebbe solo per colpa di un gol preso in mischia da Pienaar. 

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Milan – Ajax: un gol che vale una stagione 

Gli ultimi istanti di partita vedono Tomasson entrare per supportare Shevchenko e Inzaghi negli ultimi assalti alla ricerca di quel gol che conferirebbe senso a una stagione intera. L’ennesima parata di Lobont su Shevchenko sembra mettere la parola fine alle speranze rossonere ma, a tempo praticamente scaduto, Maldini supera la linea di centro campo e scaglia un pallone verso il limite dell’area di rigore. Ambrosini di testa sovrasta il diretto avversario facendo schizzare la palla verso Filippo Inzaghi. L’uomo delle competizioni europee, a quel tempo in lizza per la vetta della classifica cannonieri insieme a Raul, fa rimbalzare il pallone davanti a Lobont che esce alla disperata. Il pallonetto che scaturisce dal movimento della gamba destra del nove rossonero anticipa le intenzioni del portiere ajacide che può solo disperarsi guardando il pallone parabolare verso la rete e sentendo la curva Sud esplodere di felicità quando Tomasson per poco non rischia di vanificare tutti gli sforzi. 

Si, perché il tabellino alla fine del match non parlerà di una doppietta di Filippo Inzaghi, ma del duplice assist servito ai compagni di reparto, con Tomasson eroe per una notte della campagna europea rossonera. Il gol di Inzaghi – assegnato a Tomasson solamente per gli almanacchi – valse ai rossoneri di Ancelotti una stagione intera. Non per le poche pretese in campionato, ma soprattutto per quella doppia sfida meneghina centrata dall’Inter un giorno prima e per poco sfumata solamente per responsabilità rossonera. Quella rete, segnata nei minuti di recupero di una gara che il Milan avrebbe dovuto controllare meglio, offrì il punto di partenza per una trionfale campagna europea che – grazie alle vittorie contro Inter e Juventus – rese leggendaria una stagione altrimenti di infernale mediocrità.