Mario Mandzukic è ormai un giocatore del Milan, l’attaccante croato torna in Europa dopo l’esperienza in Qatar. I numeri e l’apporto negli ultimi dodici mesi
Una campagna acquisti che inizia con Meité e prosegue con l’arrivo di Mario Mandzukic come vice Ibra non può che proiettare la prima della classe in una nuova dimensione. Ma perché Mandzukic arriva al Milan a parametro zero?
Mandzukic: come sono andati gli ultimi dodici mesi?
L’infortunio al tendine rotuleo sul finire della stagione 2018-19 e un’estate tormentata sotto il segno del passaggio della Juventus nelle mani di Maurizio Sarri hanno diviso le strade di Mandzukic e della Juventus, storia d’amore lunga quattro stagioni.
Maurizio Sarri fu chiaro sul finire dell’agosto 2019 “Mandzukic non rientra nel progetto, fatelo partire”. Nessun trasferimento arrivò però entro la fine del mercato e il centravanti croato venne così convocato tre volte tra agosto e settembre: il 24 e il 31 agosto contro Parma e Napoli e il 21 settembre contro il Verona.
Da quel momento, l’orgoglio del numero 17 e le decisioni unilaterali di Sarri portarono alla separazione consensuale del 24 dicembre 2019. Cinque milioni alla Juventus, sette all’anno al giocatore e Mandzukic che si trasferisce all’Al Duhail in Qatar, squadra che poco tempo dopo avrebbe accolto anche Benatia.
7 presenze e 1 gol per Mandzukic con la maglia dei qatarioti in appena tre mesi: sì, perché se il contratto con l’Al Duhail scadeva nel luglio 2020, il centravanti ha continuato a giocare fino al 7 marzo scorso, ultima partita ufficiale in cui ha messo la sua firma. Da allora tanti allenamenti individuali, un’estate passata a seguire le arti marziali e delle idee, come quella del ritorno con il Bologna di Sinisa Mihajlovic, scartate per i motivi più vari.
Oggi, dodici mesi e 24 giorni dopo l’ufficialità del suo trasferimento in Qatar (dove ha comunque vinto il campionato 2019-20) il Milan si aggiudica la corsa ad un cannibale europeo che nell’ultima decade ha certificato la sua importanza negli equilibri del calcio mondiale grazie a una fame inesauribile.
Belve affamate
“Dobbiamo essere belve feroci: così si vince. E si rivince.” In una delle rare interviste concesse nella sua lunga e gloriosa carriera, Mandzukic espresse così il credo calcistico che ne ha contraddistinto la rincorsa di una vita intera.
Coinvolto a sei anni nello scoppio della guerra di Jugoslavia, il futuro centravanti di Bayern, Juventus, Milan e Atletico Madrid lasciò Slavonski Brod per trasferirsi nel sud ovest della Germania a Ditzingen. Sei anni dopo, nel 1996, torna in Croazia perché il padre si vede rifiutare il rinnovo del visto, ma a casa la guerra è finita e inizia la sua carriera da belva affamata.
E belva lo è stato per davvero Mario Mandzukic: 197 gol, 84 assist e lo spropositato numero di 24 titoli conquistati in carriera è lo score di un centravanti capace di rendersi utile sia in fase di rifinitura e conclusione offensiva che in fase di costruzione e rottura del gioco.
Ha vinto ovunque sia andato Mandzukic: 8 titoli nei quattro anni di Bayern Monaco – del quale è stato capocannoniere nel 2014 con 26 gol in stagione – 9 titoli con la Juventus – con la quale ha sfiorato la Champions League nel 2015 e nel 2017 – 1 con l’Atletico Madrid – dove segnò 20 gol nonostante gli infortuni – 5 titoli con la Dinamo Zagabria e l’ultimo conquistato con l’Al Duhail riportano la costanza di rendimento e di importanza che Mandzukic ha avuto in ogni squadra di vertice in cui ha giocato.
Che cosa arriva al Milan?
Che cosa arriva dunque al Milan primo in classifica? Che cosa porterà Mandzukic alla rosa di Pioli? Zlatan Ibrahimovic, totem rossonero e divinità della Curva Sud, ha saltato fino a questo momento 13 partite tra Campionato (10) ed Europa League (3) in stagione.
Un numero infinito di minuti in cui il Milan non ha avuto a disposizione un attaccante di ruolo in grado di addossarsi le responsabilità di trascinare la squadra nei momenti difficili. E poco importa se poi Leao, Rebic, i difensori e tutta la trequarti hanno fatto quadrato riuscendo a sopperire all’assenza del totem Zlatan.
Quindi Mandzukic per prima cosa – visto che la condizione atletica e il ritmo gara non saranno mai quelli dei tempi migliori per le prime settimane – servirà come ricambio per Ibrahimovic, ormai rientrato nei ranghi di Pioli definitivamente.
In seconda battuta la sua esperienza e la sua mentalità saranno di fondamentale importanza per trascinare tutta la giovane squadra rossonera a una consapevolezza maggiore delle proprie capacità e qualità.
Mandzukic, scelto dallo stesso Ibrahimovic, è quell’elemento di esperienza internazionale, incidenza disarmante sulle partite e di impatto sullo spogliatoio che potrebbe servire al Milan per coltivare il ritorno in Champions League.
#Mandzukic – #Milan, ci siamo: una firma per la Champions https://t.co/kvrSwGKw2e
— La Gazzetta dello Sport (@Gazzetta_it) January 17, 2021
Lo stesso contratto di Mario riporta questo in calce: 6 mesi a 1,8 milioni di euro, e altri 12 mesi in caso di qualificazione alla prossima Champions League. Che poi altro non è che la formula che anche Zlatan Ibrahimovic molto probabilmente percorrerà alla fine della stagione.
Un tentativo di rientrare in Champions League dalla porta principale, e chissà che poi – continuando così e con l’apporto del croato – non si possa sognare qualcosa di più da aprile in avanti.
Gol pesanti e sacrificio
Se quindi fino a questo momento il Milan di Maldini e Massara si era concentrato sull’arrivo di giovanissimi prospetti da plasmare tra le mura di Milanello (vedi l’interesse per Simakan passato poi al Lipsia), la scelta di investire su Mandzukic ripercorre quel filo rosso alla ricerca di esperienza internazionale necessaria alla formazione di nuovi e giovani calciatori.
Mandzukic ha segnato nella finale di Champions 2013 vinta con il Bayern contro il Borussia Dortmund, in quella del 2017 persa dalla Juventus contro il Real Madrid e nella finale del Mondiale russo contro la Francia di Mbappé, segnando gli ultimi due gol della campagna della sua nazionale in quel’estate leggendaria.
Una belva affamata capace di segnare gol pesanti e di disimpegnarsi anche da ala sinistra (come nella stagione 2017-18, quando giocò 31 partite da Ala agli ordini di Allegri), che al Milan e a Pioli porterà un bagaglio molto prezioso.
Tatuaggio
Proprio come Zlatan Ibrahimovic, Mandzukic esprime il suo credo calcistico non solo sul campo, ma anche sulla propria pelle, diretta trasposizione di un pensiero univoco che lega uomo e calciatore.
Forza, fortuna, famiglia e fiducia. Questi i quattro cardini che Mandzukic ha tatuati sul braccio destro e che timonano la sua esistenza calcistica e umana sin dai primi passi compiuti a metà tra la Croazia e la Germania. Anche fame ci aggiungeremmo noi, quella che porterà in dote ad un Milan giovane e in crescita continua.
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