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Mancini VialliDai trionfi con la Sampdoria al commovente abbraccio nell’avventura condivisa in Nazionale: quella tra i due è un’amicizia da raccontare

Il gol di Matteo Pessina, involontariamente, ha regalato una di quelle immagini che, vada come vada, rimarranno impresse nel film dell’Italia a Euro 2020. Subito dopo la rete segnata dal centrocampista dell’Atalanta, infatti, le telecamere hanno indugiato su un Roberto Mancini esultante a pugni chiusi.

Mancio aveva capito che la qualificazione, dopo tante difficoltà, era raggiunta e si è lasciato andare. Non appena si è voltato verso la panchina è stato raggiunto da Gianluca Vialli e tra i due è nato un abbraccio forte, emozionante, quasi commovente. Dura qualche secondo, poi i due si danno una pacca sulla spalla e tornano al loro posto.

Mancini Vialli e la Sampdoria: una storia d’amore

Un gesto riproposto in tutte le salse dalle tv, immortalato dai giornali e ripostato sui social network, che simboleggia non solo l’unità e la coesione di un gruppo capace di spingersi fino ai quarti di finale, ma anche lo storico rapporto tra due amici la cui amicizia ultradecennale ha trasformato in fratelli.

“Mancini Vialli”. Due nomi, certo, ma anche due undicesimi di quella squadra che a inizio degli anni Novanta fece sognare la metà blucerchiata di Genova e impressionò non solo l’Italia, ma l’Europa intera, arrivando a giocarsi una finale di Coppa dei Campioni (persa contro il Barcellona) e a vincere uno Scudetto, dopo aver disputato due finali di Coppa delle Coppe.

Una delle quali, nella stagione 1989/1990, la Sampdoria riuscì a vincerla, in finale contro l’Anderlecht. Quella sera, a Goteborg, fu Gianluca Vialli a segnare la doppietta decisiva ai tempi supplementari, dopo una partita noiosa, tirata e molto nervosa, in una serata che ancora oggi i tifosi blucerchiati ricordano con le lacrime agli occhi.

Mancini Vialli e un’amicizia storica

Quella tra Mancini e Vialli è un’amicizia storica, forte, ben salda proprio dai tempi in cui i due, giovanissimi, si incontrarono a fine anni Ottanta in quel di Genova. A cementificare i rapporti tra i due ci pensa Vujadin Boskov, il vero collante di quella squadra che, i giornali, ai tempi ribattezzarono ‘Sampdoro’.

Boskov li rende centrali al suo progetto, Mancini e Vialli si trovano bene in campo – perché il primo dipinge calcio e il secondo finalizza senza pietà – ma anche fuori, diventando quasi inseparabili. Due caratteri differenti, che si completano e si moderano a vicenda in un Genova che ormai è ai loro piedi.

Fondano addirittura un club all’interno dello spogliatoio, quello dei Sette Nani in cui Mancini è Cucciolo, anche se dal carattere non si direbbe, e Vialli è Pisolo per la sua proverbiale pigrizia. Rimarranno insieme otto anni, poi il bomber andrà alla Juventus e, dopo altri sette anni, il Mancio sceglierà la Lazio.

Le strade dei due sono rimaste separate fino al 2019, quando Mancini – fresco di nomina da commissario tecnico – sceglie Vialli nel ruolo di capo delegazione dell’Italia, tornando a lavorare fianco a fianco con un fratello, anche se non di sangue, che sta combattendo una dura battaglia contro il cancro. Il resto è storia recente, sperando che il finale possa tingersi di azzurro.

Non solo Mancini Vialli: lo staff azzurro

La Sampdoria che a cavallo degli Ottanta e Novanta fece sognare migliaia di tifosi blucerchiati è ben rappresentata nella Nazionale di Mancini. Infatti, oltre a Vialli, ci sono diversi ex compagni di squadra del Mancio entrati a far parte dello staff.

Tra gli assistenti figurano Alberigo Evani, blucerchiato dal 1993 al 1997 dopo un’ottima militanza del Milan, centrocampista d’ordine e qualità che condivise gli ultimi anni di Samp con l’attuale ct, e Attilio Lombardo, oltre 200 presenze e vari titoli vinti in blucerchiato.

A loro due vanno aggiunto Giulio Nuciari, storico secondo di Pagliuca, alla Sampdoria per finire la carriera, e Fausto Salsano, motorino di centrocampo che a Genova ci è cresciuto e poi ci ha giocato in due riprese per un totale di undici anni.

Mancini Vialli, dicono di loro

Gianluca Pagliuca, altra grandissima gloria della Sampdoria dei tempi che furono, in un’intervista rilasciata a GQ si è soffermato sul forte rapporto tra Mancini e Vialli: “Mancio era più orso, Luca più figlio di buona donna, ma lo dico con affetto. In ogni caso: due allenatori già quando giocavano”.

“Inoltre – ha aggiunto l’ex portiere – sono stati due calciatori baciati dalle divinità del pallone”. E spesso litigavano, come quando durante una partita Vialli chiamò un pallone che Mancini non gli diede “e allora non si parlarono per una settimana, si chiamavano soltanto per cognome, come se non si conoscessero”.

Poi risolsero, ovviamente. Da amici veri, fratelli nati nello stesso anno – il 1964 -, il che gli è valso, tra gli altri, il soprannome di ‘Gemelli del gol’. Diversi, oltre tutto, ma quasi uguali quando correvano dietro a quel pallone che li fece conoscere durante un ritiro con una delle tante nazionali giovanili nelle quali hanno giocato. “Gli dicevo di venire alla Sampdoria – racconterà Mancini – mica sapevo che Mantovani lo aveva già comprato”. E invece sì: il resto, è storia.

 

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