Lewandowski e compagnia, calciatori che fanno la differenza nei rispettivi club ma che poi in nazionale deludono, anche se non sempre per colpa loro.
Anche contro l’Argentina, nella terza partita dei mondiali in Qatar, Robert Lewandowski ha disputato una partita anonima senza quasi toccare il pallone, isolatissimo e facile preda della difesa Albiceleste.
Tutt’altra vita rispetto a quando sia col Borussia Dortmund che col Bayern Monaco che col Barcellona è il principale terminale offensivo di squadre che viaggiano a velocità molto più spedita.
Lewandowski, le statistiche
Il bomber polacco, probabilmente il più forte centravanti puro dell’ultimo decennio, ha vinto tra le altre cose una Champions League, una Supercoppa Europea, un Mondiale per Club e 10 volte consecutive la Bundesliga (due col Borussia Dortmund e otto col Bayern Monaco). Persino col Lech Poznan nel 2010 conquistò la lega polacca.
Sette volte capocannoniere del campionato tedesco, Lewandowski in carriera con i club ha segnato la bellezza di 558 gol in 776 presenze. Roba da cecchino, senza dimenticare partite assurde in cui ad esempio fece cinque gol in 9 minuti durante Bayern-Wolfsburg del 24 settembre 2015, entrando peraltro dalla panchina.
Anche con la Polonia le statistiche dicono che Lewa è una macchina da gol, 77 in 137 presenze. Con un enorme “però”, dietro. Sì, perché di quei 77 solo uno, contro l’Arabia Saudita in questa edizione della manifestazione, è arrivato in un mondiale. Salutato addirittura piangendo, a dimostrazione del peso che l’attaccante aveva sulle spalle.
Questo perché la Polonia non ha la stessa rosa (o gli stessi allenatori) di un Bayern o di un Barcellona o di un Borussia Dortmund. Quindi è normale vedere Lewandowski remare in mezzo alle difese avversarie invece di metterle in soggezione.
Lewandowski e i suoi “fratelli”
Ci sono giocatori comunque che come il bomber polacco hanno avuto questo rapporto alterno tra club e nazionali, specie ai mondiali dove su alcuni grava una vera e propria maledizione.
Impossibile non partire da un nome che ha fatto epoca, ma che in coppa del mondo non ha mai segnato un gol, in due partecipazioni: è Zlatan Ibrahimovic, di cui è superfluo ricordare il curriculum a livello di club, ma che terminerà la carriera senza aver mai timbrato in un mondiale. E dire che la Svezia di occasioni gliene aveva date, sia nel 2002 che nel 2006, spingendosi fino agli ottavi di finale: invece niente, zero gol, nemmeno contro Trinidad e Tobago o Senegal. Trinidad e Tobago dove giocava Dwight Yorke, stella del Manchester United campione di tutto nel 1999, ma a secco nel 2006, edizione in cui si ammainarono bandiere come Nedved o Figo, fenomenali coi club ma senza nessuna gioia personale al mondiale.
Incredibile ma vero, nemmeno Marco Van Basten ha mai segnato a un mondiale. Molto sfortunato con gli infortuni, va detto, il “Cigno di Utrecht” (peraltro un centravanti “alla Lewandowski”), tanto da aver partecipato a una sola edizione, a Italia ’90. In quell’Olanda disastrosa, che pareggiò tre partite prima di uscire agli ottavi con la Germania, il centravanti del Milan (3 Palloni d’Oro più svariati titoli in rossonero e con l’Ajax) fece una clamorosa cilecca.
Prendendo in considerazione solo le squadre che hanno partecipato ai mondiali (altrimenti George Best potrebbe stare tranquillamente in questa lista, ma l’Irlanda del Nord all’epoca era davvero poca cosa e non si qualificò mai) un altro grosso nome che possiamo fare è quello di Kenny Dalglish, uno dei più grandi nella storia del Liverpool, ma che con la Scozia raccolse davvero poco, anche a livello personale. Tre partecipazioni ai mondiali (1974-78-82), 2 gol e mai oltre la prima fase a gironi.
A proposito di Inghilterra, in quanto a sbalzi tra club e nazionale ai mondiali non si può non mettere in questa lista uno dei centrocampisti più forti degli ultimi due decenni e cioè Frank Lampard, capitano del Chelsea campione d’Europa, calciatore totale ma a secco in tre edizioni dei mondiali disastrose per i Tre Leoni. Anzi, Frankie sbagliò pure un rigore contro il Portogallo nei quarti di finale nel 2006, dopo i tempi supplementari.
Per l’Italia chi potremmo mettere? Senza dubbio uno che ha fatto sfracelli col club ma pochino in nazionale, senza mai segnare ai mondiali, in epoca recente è stato Ciro Immobile.