Ci aveva messo un po’ Kevin Lasagna a vincere le diffidenze attorno a un cognome dal marcato richiamo culinario che nulla o quasi aveva a che fare con il mondo del calcio. Gol e prestazioni di spessore, un’escalation inarrestabile capace di condurlo dai campi polverosi delle serie minori alla Nazionale maggiore. La dura vita dell’attaccante però, si sa, non ammette pause.
E così, complice un inizio di campionato ben al di sotto dei suoi standard abituali, KL15 (come era stato ribattezzato dai tifosi del Carpi) è costretto a guardare in faccia la realtà. E magari interrogarsi sui motivi per i quali sotto porta continui a mancargli l’istinto del gol, caratteristica probabilmente in grado di ultimare quel passaggio necessario per essere considerato come uno dei migliori attaccanti italiani.
Il potere dei numeri
Da quando le statistiche hanno preso piede anche nel calcio, nulla sfugge anche agli occhi dei più distratti. Croce e delizia di ogni calciatore professionista, i numeri spiegano pregi e difetti, indicando su quale aspetto insistere e lavorare alla costante ricerca di un effettivo miglioramento. In particolare, con il termine “expected goals”, si intende rappresentare il potenziale offensivo prodotto da una squadra o da un singolo giocatore all’interno di una partita. Più alto è il numero rispetto alle reti effettivamente realizzate, più possibilità ci sono di trovarsi davanti a un problema da risolvere.
Dopo le prime 5 giornate di campionato disputate finora, Lasagna è a quota 0.62 xG (dati Wyscout). Un numero che, se rapportato allo 0 nella casella dei gol segnati, conferma lo scarso feeling con la porta avversaria da parte dell’attaccante classe ’92 (al momento sesto nella speciale classifica relativa agli expected goals stilata da “l’Ultimo Uomo”). Peggio di lui, soltanto Lukaku, Dzeko, Kouame, Ibrahimovic e Lozano.
Occorre ricordare tuttavia che a precederlo c’è tutta gente andata a bersaglio almeno una volta, particolare non di poco conto che rende bene l’idea di come all’attaccante bianconero stia mancando il gol in maniera preoccupante. Non è un caso neppure il terzultimo posto dell’Udinese di Gotti che segna poco ma subisce di più rispetto al recente passato.
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La grande ascesa di Lasagna, debuttante di successo
Dalla Promozione alla Serie A in quattro stagioni, Lasagna era balzato agli onori delle cronache nel gennaio 2016 quando con la maglia del Carpi aveva messo a segno la prima rete nella massima serie proprio all’Inter, la sua squadra del cuore. Momenti indimenticabili che oggi appaiono quanto mai lontanissimi ma dai quali ripartire con il chiaro obiettivo di invertire il fastidioso trend.
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Una favola moderna quella dell’attaccante mantovano, partita dalla gloriosa Governolese sulle sponde del fiume Mincio dove segnava valanghe di gol in coppia con il compagno di reparto Samuele Paldetti e proseguita con il Cerea nei Dilettanti, prima del grande salto grazie al geniale intuito di Cristiano Giuntoli.
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L’esplosione in Emilia agli ordini di un grande motivatore come Fabrizio Castori, poi l’approdo all’Udinese dove in pochi anni è diventato capitano e uomo simbolo del club. Tra le sue caratteristiche, Lasagna non ha mai avuto quella del goleador, quanto piuttosto di un attaccante dotato di infinite energie, qualità organiche sopra la media e una progressione devastante in campo aperto.
Reduce da una stagione tra le più positive della sua carriera, la stessa che gli ha permesso di essere più volte convocato in Nazionale dal ct azzurro Mancini, a ventotto anni Lasagna è chiamato a dimostrare di non essere capitato in A per caso.
Una consacrazione attesa e auspicata da più parti, con in testa proprio Antonio “Totò” Di Natale, uno che di gol e Udinese se ne intende parecchio.