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Protagonista dimenticato dell’inatteso trionfo danese agli Europei del 1992, Lars Elstrup ha abbandonato il calcio l’anno successivo in preda a una crisi mistica: da allora la sua vita è stata un incredibile susseguirsi di eventi.

I Campionati Europei di calcio del 1992 sono ancora oggi, nella mente degli appassionati di tutto il mondo, la perfetta rappresentazione della straordinaria imprevedibilità propria del gioco più bello del mondo: più delle successive imprese della Grecia capace di vincere EURO 2004 e del Leicester di Ranieri e Vardy campione d’Inghilterra, l’incredibile e inaspettato trionfo della Danimarca è la prima immagine che viene accostata accanto al termine “impresa sportiva”.

Danimara Euro '92

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È il successo di tanti: del ct Richard Møller Nielsen, capace di ricompattare un gruppo diviso da polemiche interne e contestato da stampa e tifosi, del portierone Peter Schmeichel che ben presto sarà considerato da tutti il migliore al mondo nel ruolo, del leader Kim Vilfort, che durante l’intera manifestazione ha alternato alle partite le penose corse in ospedale per assistere la figlia gravemente malata.

Tra i tanti nomi a cui è doveroso ascrivere il successo della Danimarca a EURO ’92, competizione a cui la Danske Dynamite non avrebbe nemmeno dovuto prendere parte – è stata ripescata all’ultimo soltanto dopo l’esclusione della Jugoslavia in seguito allo scoppio della Guerra dei Balcani – ne viene però spesso dimenticato uno, che pure ha avuto un ruolo fondamentale nell’impresa e di cui dall’anno successivo il calcio ha perso le tracce: il suo nome è Lars Elstrup.

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Lars Elstrup e il primo colpo di testa al Luton Town

Attaccante rapido e opportunista, da anni nel giro della Nazionale anche se mai capace di prendersi stabilmente una maglia da titolare, Lars Elstrup è tornato l’anno precedente in patria, all’Odense, dopo due stagioni decisamente controverse nel massimo campionato inglese con la maglia del Luton Town.

Per averlo gli Hatters hanno investito l’allora cifra-record di 800mila sterline, e dopo una stagione d’esordio decisamente negativa (9 gol, 5 al malcapitato Macclesfield in FA Cup) il danese è stato il protagonista di una sofferta quanto esaltante salvezza, sfruttando al massimo le sue doti – rapidità di gambe, un tiro secco e preciso, abile soprattutto nella lettura della partita – che si esaltano in contropiede nell’uno contro uno, come possiamo vedere in questo famoso gol rifilato al Nottingham Forest in cui brucia in velocità un’icona come Des Walker.

I presupposti per diventare il nuovo Re di Kenilworth Road ci sono tutti. Ecco che invece in estate Elstrup prima parla di cessione, poi la chiede, infine la esige minacciando altrimenti di appendere gli scarpini al chiodo. È un ricatto a cui il Luton non può che cedere, costretto peraltro ad accontentarsi di un quarto della cifra versata due anni prima proprio all’Odense, ben felice di riabbracciare il bomber che aveva contribuito a rilanciare dopo una fallimentare esperienza in Olanda al Feyenoord, frenata che sembrava aver chiuso il volo del giovane talento esploso nella prima metà degli anni ’80 con la maglia dei Randers.

Dietro l’inaspettato addio al calcio inglese si dice che si nasconda l’insofferenza di Elstrup nei confronti del tecnico Pleat, colpevole a suo dire di vederlo più come una risorsa da utilizzare a gara in corso che come un punto fermo dell’attacco. È invece molto più probabile che si tratti del primo “colpo di testa” di un giocatore sicuramente talentuoso – il compagno di Nazionale Brian Laudrup lo paragona al fresco Pallone d’Oro Jean-Pierre Papin – ma dal carattere decisamente problematico e imprevedibile.

“The Danish Magician”, come è stato soprannominato dai tifosi inglesi, resterà a lungo nella storia del Luton Town: la stagione che segue la sua partenza vede il club abbandonare la massima serie, mai più riconquistata, mentre la cifra-record spesa per ingaggiarla sarà superata soltanto trent’anni più tardi, nel 2019, con l’arrivo dal Rijeka del portiere croato Simon Sluga.

La Danimarca e l’impresa di EURO ’92

Ne sa qualcosa anche il ct danese Richard Møller Nielsen, che non si avvale mai delle sue qualità per tutti i 90 minuti: Lars Elstrup può partire titolare, ed essere inevitabilmente sostituito una volta finita la benzina, oppure essere gettato nella mischia a gara in corso, è sempre parte del gruppo ma non ne è mai un vero protagonista, una situazione che soffre non poco e che crede finalmente di aver risolto il 17 giugno del 1992.

Quel giorno la Danimarca si gioca a Malmö la qualificazione alle semifinali dei Campionati Europei: un suo trionfo prima dell’inizio dei giochi era quotato 300 a 1, il passaggio del turno sembra già un’impresa impossibile, eppure battere la Francia renderebbe il tutto realtà. Con le squadre bloccate sull’1-1 Møller Nielsen si decide finalmente a lasciare mezz’ora di gioco a Elstrup, fino a quel momento inutilizzato.

L’attaccante dell’Odense, che con il forfait di Michael Laudrup in rotta con il ct al punto di rinunciare alla convocazione era sicuro di trovare più spazio, si batte come un leone a tutto campo, ispira i compagni e soprattutto segna, quando mancano poco più di dieci minuti alla fine, il gol che vale l’accesso alle semifinali contro l’Olanda.

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Una rete da vero opportunista, un biglietto da visita eloquente in vista della sfida successiva che invece lo vede tornare mestamente in panchina: Møller Nielsen gli concede ancora una volta appena mezz’ora, e anche se stavolta il gol non arriva Elstrup è comunque glaciale nella lotteria finale dei calci di rigore, spiazzando Van Breukelen dopo l’errore di Van Basten.

 

È il suo successo personale: Lars Elstrup sa di aver dato più di quanto ha avuto, è un attaccante di razza, in gran forma, ha appena 29 anni e si è sempre comportato da professionista, anche se a Luton avrebbero qualcosa da ridire. Nella finale che consegna la Danimarca alla storia lui non scende in campo, probabilmente per sua scelta, rifiutando di incrociare lo sguardo del ct che cerca qualcuno da buttare nella mischia nei minuti finali. Nello storico successo danese, comunque, il suo contributo è stato innegabile.

Sommeren ’92, un’estate da ricordare

Nell’estate del 2015 il regista danese Kasper Barfoed realizza “Estate ’92” (Sommeren ’92), opera che tra fiction e documentario racconta l’incredibile impresa della Danimarca in quei campionati europei a cui non avrebbe dovuto neanche prendere parte. Tra il difficile rapporto di Møller Nielsen con i giocatori, l’ammutinamento di Michael Laudrup, le parate di Schmeichel e il dramma personale di Vilfort il film, pur non risultando indimenticabile, fa il suo dovere.

In tutto questo Lars Elstrup è una figura assolutamente secondaria, nessun attore viene chiamato a interpretarlo e la sua controparte reale (il film alterna parti girate alle riprese delle partite realizzate all’epoca) appare soltanto in occasione del gol alla Francia: nessuna gloria personale, anche se di fatto si tratta del gol che ha cambiato la storia della Danimarca e di EURO ’92.

L’addio al calcio, Lars Elstrup diventa Darando

L’anno successivo al trionfo europeo la vita di Lars Elstrup viene completamente stravolta, e quello che era uno degli attaccanti più noti in tutta la Scandinavia si trasforma nel giro di pochi mesi in un vero e proprio desaparecido. Il tutto accade in tempi estremamente rapidi: colpito da sempre più frequenti attacchi di panico, deluso dalla fine di un lungo rapporto sentimentale che lo faceva sentire al sicuro, abbandona ad appena 30 anni quel mondo del calcio che lo fa sentire tanto sotto pressione.

130 reti a livello di club in 340 partite giocate, 13 in 34 presenze con la Danimarca e il contributo determinante che abbiamo raccontato nel trionfo di EURO ’92, pur in perfetta forma fisica e con la possibilità di giocare ancora diverse stagioni ad alto livello, Lars Elstrup ritiene il calcio la fonte dei suoi mali, è stanco di vivere per soddisfare le aspettative degli altri e negli anni successivi è vittima di depressione, un male oscuro che insieme a un crollo emotivo lo porta a un lunghissimo periodo di blackout.

Per uscire da questa situazione finisce per unirsi alla Compagnia dell’Oca Selvaggia, una setta anarco-buddista gestita dal santone inglese Michael Barnett che opera nei dintorni di Odense. È qui che Lars Elstrup rinasce come “Darando”, nome che significa “il fiume che sfocia nel mare”: sono anni turbolenti, che il diretto interessato descrive come un percorso di ricostruzione spirituale ma su cui in molti gettano pesanti ombre, parlando di un rapporto con i genitori che si è sgretolato nel giro di poche settimane, di droga e sesso di gruppo.

Forse si tratta semplicemente di speculazioni e niente di più, dato che anche dopo aver lasciato l’Oca Selvaggia Lars, che è ormai conosciuto per essere un tipo senza peli sulla lingua, racconterà di come in realtà i membri si aiutassero tra loro semplicemente confrontandosi sui temi più importanti della vita e definirà Barnett “il mio maestro”.

Le tante vite di un personaggio unico

Certo il finale non è dei migliori, dato che dopo aver persino fondato una propria estensione dell’Oca Selvaggia, denominata “il Cuore del Sole”, il fu Lars Elstrup (ora Darando) viene sorpreso mentre si aggira nudo per i mercati di Copenhagen, arrestato dopo aver preso a pugni un ragazzino reo di aver riso di lui e incarcerato per resistenza a pubblico ufficiale.

È la fine – pare – del suo rapporto con la setta, che lo espelle, non certo la fine delle sue avventure. Poco dopo quanto avvenuto a Copenhagen invade il campo durante una partita amatoriale nei pressi di Londra, quindi si ritira a vivere su una barca e scrive una biografia decisamente fuori dalle righe, in cui racconta tutte le sue imprese sportive – ha persino venduto la medaglia di EURO ’92 – e soprattutto extra-sportive. Sembra aver finalmente messo la testa a posto, trasuda quasi saggezza, afferma di voler vivere lontano dalle luci dei riflettori, ma nel 2016 è protagonista, completamente nudo, di un’invasione di campo durante la sfida di campionato tra Randers e Silkeborg.

Eccentrico, imprevedibile, costantemente alla ricerca della pace interiore e di un proprio posto nel mondo, Lars Elstrup sembra infine averlo finalmente trovato in India, dove si è stabilito ormai da qualche anno dopo aver girovagato il mondo. I ricordi di EURO ’92 e di quel gol che ha enormemente contribuito a scrivere la storia dello sport danese non possono che essere semplici frammenti di una vita passata, una delle tante per un uomo rinato in più occasioni, mai banale e capace di far parlare di se come di sparire improvvisamente, assecondando il suo vecchio soprannome di “mago danese”.

Fino alla prossima “impresa”.

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