Skip to main content

Per il Bayern doveva essere l’inizio di un nuovo ciclo vincente, che riportasse il club ai vertici in Europa. E invece è stato un disastro.

Dal 2012, ultima annata senza nessun titolo conquistato, a oggi, il Bayern ha messo in bacheca l’impressionante numero di 29 trofei. Un dominio assoluto che ha finito per infrangersi proprio nel momento in cui la squadra sembrava destinata a un nuovo salto di qualità, che la riportasse a vincere la Champions League. Non tutto è perduto, ma la situazione è decisamente drammatica: in Bundesliga, i bavaresi sono a -8 dal Bayer Leverkusen capolista; hanno perso malamente (3-0) la Supercoppa tedesca ad agosto contro il RB Lipsia; sono stati eliminati al secondo turno di Coppa di Germania dal Saarbrucken (che attualmente è 11° in terza divisione). Al Bayern resta solo la Champions, dove martedì cercheranno di ribaltare la sconfitta per 1-0 subita a Roma contro la Lazio nell’andata degli ottavi. A inizio marzo, la stagione del club tedesco è già praticamente finita. Il Bayern è in una fase di stallo ben rappresentata dalla situazione del suo allenatore Thomas Tuchel: è già noto ufficialmente che non allenerà più la squadra nella prossima stagione, ma resterà in sella – non chiaro con quanta autorità – fino al termine di questa annata. Arrivato nel marzo del 2023 al posto di Julian Nagelsmann, l’ex Chelsea doveva rappresentare un nuovo corso per il Bayern, sostenuto in estate da alcuni importanti acquisti, come Kim Min-jae e, soprattutto, Harry Kane. Il centravanti inglese è immancabilmente il simbolo di un momento critico per la squadra, pur non avendo personalmente alcuna responsabilità (anzi, si direbbe l’esatto opposto: i suoi 31 gol in 30 partite sono ciò che sta tenendo a galla la squadra). La scelta in panchina di Nagelsmann, nell’estate del 2021, era stata molto coraggiosa: il Bayern aveva messo le mani su un tecnico giovane e molto stimato, che voleva portare una rivoluzione tattica nella squadra. Il ruolo della prima punta era stato uno dei più discussi, con l’addio di Lewandowski e la scelta, per sostituirlo, di Sadio Mané, un trequartista esterno. Attorno al passaggio di consegne tra i due attaccanti si è simbolicamente giocato il cambio di prospettiva del club e, di conseguenza, anche la panchina dell’ex tecnico del RB Lipsia. Con Kane, non solo il Bayern voleva tornare sui suoi passi rispetto alla breve parentesi di Nagelsmann, ma rompeva anche il tabù sulle spese faraoniche sul mercato, investendo ben 100 milioni per l’inglese. A suo modo, anche questa è stata una piccola rivoluzione, che al momento non ha propriamente pagato.

Cosa non sta funzionando nel Bayern Monaco

I problemi del Bayern Monaco di Tuchel
Xabi Alonso, oggi al Bayer Leverkusen, pare destinato a diventare il nuovo tecnico dei bavaresi. (Image Photo Agency)

La prima e più ovvia ragione della crisi del Bayern in questa stagione è che, banalmente, le avversarie in Bundesliga sono state brave, negli ultimi anni, a ricucire il gap tecnico con i bavaresi. Dopodiché è ovvio che questo non è l’unico motivo. In particolare, il club ha dimostrato grossi problemi nel reclutamento di nuovi giocatori. Si è detto dell’infausta scelta di rimpiazzare Lewandowski con Mané, ma in realtà i problemi maggiori sono stati in difesa: nelle ultime tre stagioni sono stati spesi oltre 189 milioni per acquistare nuovi centrali (Upamecano, De Ligt, Kim, Boey) che finora non hanno soddisfatto le attese. A questo aggiungiamo che sta mancando l’apporto dei giovani, un tempo uno dei perni della formazione bavarese: la squadra che ha vinto la Champions nel 2013 aveva 4 giocatori su 11 cresciuti nel settore giovanile del Bayern, quella che riconquistò la coppa nel 2020 ne aveva solo 2, mentre oggi tra gli 11 più utilizzati in stagione da Tuchel l’unico prodotto bavarese è Musiala.

La mancanza di un adeguato ricambio generazionale, acuita anche dal calo delle prestazioni proprio di Musiala in questa stagione, comporta un altro fattore: il predominio dei senatori nello spogliatoio. In Germania se ne parla da un po’, in particolare riguardo Thomas Muller, indicato dalla stampa tedesca come il leader di un gruppo ostile a Tuchel come già lo era stato un anno fa nei confronti di Nagelsmann. Guardando i nomi che i media accusano di aver remato contro gli ultimi due tecnici sembra abbastanza chiaro che esiste una spaccatura nello spogliatoio: i giocatori da più tempo in squadra, tedeschi, che sono cresciuti al Bayern o comunque vi militano fin da quando erano giovani (Muller, Kimmich, Neuer, Goretzka) sono quelli che pesano maggiormente anche sul destino degli allenatori. Non è una novità: non si vince a Monaco se non si ha l’appoggio dei senatori, e lo sa bene anche Carlo Ancelotti, licenziato a settembre 2017 proprio dopo aver perso la fiducia dei giocatori storici del club.