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Nikola Kalinic non è più un giocatore del Verona da ieri sera, da quando ha rescisso a sorpresa il contratto che lo legava all’Hellas. In compenso non è rimasto svincolato a lungo, dato che ha firmato subito con l’Hajduk Spalato.

Un vero choc in casa veronese, visto che il mercato in entrata è chiuso, a meno di non affidarsi a qualche disoccupato di lusso. Effettivamente ieri contro la Juventus il Verona aveva schierato Lasagna, con Simeone squalificato, mentre di Kalinic si erano perse le tracce.

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Kalinic, la scelta

L’ormai ex attaccante del Verona torna dunque in patria, in Croazia, all’Hajduk Spalato dove aveva cominciato la sua carriera da professionista prima di girare il mondo, dalla Russia all’Italia fino alla Spagna.

Una decisione, la sua, abbastanza sorprendente visto che comunque Tudor lo considerava il primo cambio di Simeone. Anzi, addirittura a inizio stagione i due venivano considerati in ballottaggio nelle gerarchie, per il ruolo di centravanti.

L’esplosione del “Cholito”, però, ha limitato notevolmente il minutaggio del croato, che comunque in questa prima metà di campionato ha timbrato 4 volte in 400 minuti giocati, una media perfino buona. A cui ha aggiunto due assist.

L’anno scorso pure ha giocato abbastanza poco, 19 presenze totali, mettendo insieme 6 gol.

Ora, questa decisione repentina, che lo porterà comunque a giocare nel campionato di casa, in un Hajduk Spalato che al momento viaggia in quarta posizione e non ha impegni europei da rispettare, essendo stato eliminato nel secondo turno preliminare di Conference League dal Tobol kazako.

Nell’Hajduk ci sono vecchie conoscenze del calcio italiano, come Fossati e soprattutto Marko Livaja, che di Kalinic sarà compagno di reparto.

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Kalinic, la parabola

A 34 anni compiuti un mese fa la carriera dell’attaccante croato volge inevitabilmente verso l’oblio e il tramonto. Difficile pensare che possa tornare protagonista in qualche lega di primo piano.

Eppure non più tardi di cinque anni fa il Milan aveva deciso di puntare in maniera decisa su di lui, arrivato in uno degli ultimi giorni del calciomercato estivo per 25 milioni dalla Fiorentina, con cui invece aveva fatto molto bene.

Il ballottaggio eterno, anche qui, con André Silva, una manciata di gol, la sensazione di non essere proprio il centravanti di cui avevano bisogno i rossoneri. Probabilmente è stato uno dei peggiori affari della gestione del Milan “cinese”. E sì che quella dirigenza non è che ne abbia imbroccate molte.

Un anno dopo, la cessione all’Atletico Madrid, che a sua volta se ne sarebbe disfatto ben presto, cedendolo in prestito alla Roma.

Al Verona era arrivato a prezzo di saldo, dopo aver perso nel frattempo anche la Nazionale per via di una bega disciplinare durante il Mondiale del 2018. Mentre la Croazia si avviava a grandi passi verso la finale, infatti, Kalinic veniva rispedito a casa per essersi rifiutato di entrare in campo nella partita d’esordio contro la Nigeria. La motivazione, un infortunio alla schiena che gli impediva qualsiasi movimento.

Insomma, l’unico scontento di quella squadra capace di issarsi fino a un passo dal titolo mondiale, perdendo solo contro la Francia. Sarebbe dovuto essere la riserva di Mandzukic in attacco, ma non ebbe il tempo nemmeno per dimostrarlo. Gli venne anche data una medaglia d’argento, come a tutti gli altri 22 compagni di squadra, ma la rifiutò.

Da allora naturalmente non ha più vestito la maglia della Croazia, dopo 15 gol in 42 presenze. In patria però adesso Kalinic ci ritorna, al termine di una parabola abbastanza in picchiata negli ultimi anni.

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