Zavarov, ex-meteora della Juventus dalle grandi ambizioni, compie oggi 60 anni e ha ricevuto gli auguri sui social del club. Ma qual è stata la sua storia?
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I tifosi più giovani certamente non hanno memoria di chi sia il misterioso ucraino a cui oggi ha fatto gli auguri sui social la Juventus: Oleksandr Zavarov visse un’esperienza purtroppo breve e incolore in bianconero, alla fine degli anni Ottanta, sebbene il suo arrivo fosse stato accolto con tutt’altro clamore.
Oggi il trequartista di Vorosilovgrad compie 60 anni, e ci dà un’ottima occasione per ripercorrere brevemente la storia e l’eccezionale approdo in Serie A del “Maradona sovietico”.
Da Lobanovski a Zoff
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Nel 1988, la Juventus stava per avviare la stagione della rifondazione dopo la pessima annata sotto la guida di Rino Marchesi (sesta in campionato): in panchina era stato chiamato Dino Zoff e sul mercato si era deciso di puntare su grandi colpi per tornare a sognare in grande: uno era stato il 23enne talento del Porto Rui Barros, e l’altro appunto Oleksandr Zavarov.
Buon 6️⃣0️⃣' compleanno a Zavarov! 🎂#ForzaJuve pic.twitter.com/bP4Wm2INcZ
— JuventusFC (@juventusfc) April 26, 2021
Zavarov arrivava dalla Dinamo Kiev del mitico Colonnello Lobanovski, con cui aveva conquistato la Coppa delle Coppe del 1986, guidando un attacco stellare dietro a Ihor Bjelanov e Oleh Blochin, due vincitori del Pallone d’Oro. Sempre nel 1986 era stato protagonista con l’URSS ai Mondiali, e ancora di più due anni dopo agli Europei, chiusi in finale contro l’Olanda. Lobanovsky, uno dei più grandi allenatori del mondo, aveva detto di lui: “Come Maradona, Zavarov ha una tecnica incredibile, può decidere una partita in qualsiasi momento, sa organizzare il gioco e difendersi”.
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L’eccezionalità del suo trasferimento non era legata solo alle sue immense doti, ma al fatto che i calciatori del mondo comunista arrivavano all’Ovest solo molto raramente, e spesso a fine carriera; i sovietici in particolare non lasciavano mai la propria patria. Zavarov, che all’epoca aveva solo 27 anni, era il primo sovietico della storia della Serie A, e per lui già si scomodavano paragoni con il precedente 10 juventino, Michel Platini.
Gli anni bianconeri di Zavarov
Come a simboleggiare come sarebbe andata a finire la sua avventura italiana, Zavarov debuttò in maniera drammatica in Coppa Italia contro l’Ascoli: autorete e poi infortunio. Non si adattò al campionato, non si adattò al clima, non si adattò al fatto che in Italia non si gioca nell’anno solare come in URSS. Alla fine della sua prima stagione, la Juventus chiuse quarta e lui fece più panchina che campo.
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In estate lo si sarebbe voluto prestare al Verona, ma ci si decise a tenerlo, visti i 7 miliardi spesi per il suo cartellino. Per facilitarne l’ambientamento, la dirigenza gli affiancò il connazionale Sergej Alejnikov della Dinamo Minsk: la rivista ufficiale del club bianconero commentò la nuova coppia con il titolo “JuventUrss”. Le cose sembrarono lentamente migliorare, ma a febbraio un nuovo infortunio segnò di fatto la fine della sua carriera alla Juventus, che pochi mesi dopo lo cedette al Nancy.
Nel frattempo esplodeva Schillaci, la Juve vinceva Coppa Italia e Coppa UEFA e avviava una nuova rivoluzione, scegliendo Maifredi come nuovo allenatore. Zavarov lasciò l’Italia e la sua maglia numero 10 (già in quest’ultima stagione ceduta prudentemente a Marocchi) passò sulle spalle del nuovo acquisto Roberto Baggio.
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