La Juventus a caccia di identità. O meglio, le idee di Thiago Motta, e della squadra, sono piuttosto chiare; quello che mancano sono i risultati, troppo altalenanti e troppi pareggi. Per l’allenatore, arrivato dopo il miracolo Champions col Bologna, è tempo di critiche. Inevitabile, se alleni la Juve e non vinci. Per di più, dopo un mercato faraonico e le più rosee aspettative dei tifosi. La sensazione è che ci vorrà del tempo per vedere la squadra giocare al meglio e, soprattutto, vincere.
Fra le note positive di questo inizio di stagione c’è Mattia Perin, che ha scelto di restare come alternativa a Di Gregorio ma che, quando chiamato in causa, e spesso di recente, sta dimostrando di meritare qualcosa in più del ruolo di secondo. Una carriera di grandi promesse e di periodi difficili, prima di fare una scelta di cuore e, anche, di vita: la Juventus come secondo di Szczesny, forse quando poteva ambire a qualcosa di meglio. Ma la Juve è la Juve, ed è difficile dire no. Lo è soprattutto quando, solo qualche anno prima, avevi addirittura pensato di smettere.
Intervenuto in un’intervista a Cronache di Spogliatoio, Perin ha fatto una importante rivelazione sul suo passato: “Ero in un periodo dove stavo anche pensando di smettere di giocare dopo l’ennesimo infortunio alla spalla, e dissi al mio agente Alessandro Lucci “Ora basta, smetto, vengo a lavorare per te”. Avevo 26 anni. Volevo smettere, basta. Avevo fatto due crociati, tre volte la spalla, tutto in 5 anni. Non mi stavo più divertendo“. Ne è uscito grazie all’aiuto dei Mental Coach, che lo hanno portato fuori dal tunnel: siamo certi che oggi non smetterà mai di ringraziarli.