L’avventura di Guardiola in Italia racconta molto di un allenatore sempre alla ricerca di sfide e di occasioni per migliorarsi
LEGGI ANCHE: Perché i tifosi della Roma hanno manifestato contro Solskjaer
“Sembro Francesco De Gregori che dice ‘la storia siamo noi‘. Nella gara d’andata non ti lasci andare, sei timido, poi quando ti passa la paura giochi più libero”. La citazione che non ti aspetti arriva, a microfoni di Sky Sport, da Pep Guardiola, l’allenatore catalano del Manchester City reduce dalla vittoria al Parco dei Principi nella semifinali di andata di Champions League.
E arriva in un ottimo italiano, mescolatosi nell’inflessione spagnola, a riprova di quanto ancora l’allenatore più celebre al mondo si senta legato al nostro paese, dove ha giocato nel finale di carriera.
Guardiola in Italia: l’avventura di Brescia
LEGGI ANCHE: Gündogan come Guardiola: “La nuova Champions è solo il male minore”
Regista del Barcellona lungo tutti gli anni Novanta, uno dei giocatori simbolo del Barça allenato da Johan Cruijff (che lo fece esordire in prima squadra nel 1990 e ne fece il suo allievo), nel 2001 Guardiola aveva 32 anni ed era ormai nella fase calante, anche perché in Catalogna stava ormai emergendo il suo erede Xavi. Così, scelse di lasciare Barcellona per fare un’esperienza in Italia.
https://twitter.com/aspinelli98/status/1200692529236267008
Un’esperienza particolare, perché snobbando tanti club di prima fascia che avrebbero potuto essere interessati a lui, approdò al modesto Brescia, dove prese il posto di Andrea Pirlo, trasferitosi al Milan. La scelta di Brescia fu dovuta principalmente al fatto di poter giocare accanto a Roberto Baggio, che era approdato nel club lombardo un anno prima.
LEGGI ANCHE: Nagelsmann divide la critica, Matthaus: “Non ha vinto nulla”
Ma nelle Rondinelle Guardiola trovo una squadra di tutto rispetto: Luca Castellazzi, Fabio Petruzzi, Alessandro Calori, i gemelli Filippini, Ighli Tare, più alcuni giovani interessanti come Daniele Bonera, Dario Dainelli, Andrea Caracciolo e Luca Toni. In panchina, l’istrionico Carletto Mazzone.
Guardiola e la Roma
La stagione col Brescia fu molto positiva, conclusa con un comodo tredicesimo posto in Serie A e la semifinale di Coppa Italia: Guardiola giocò solo 13 partite complessive, segnando però due reti, il 30 marzo all’Udinese e il 14 aprile all’Inter.
LEGGI ANCHE: Il calcio di Guardiola funzionerebbe con giocatori di seconda fascia?
Questo gli permise di ottenere un’ultima grande occasione di carriera, venendo ingaggiato dalla Roma, reduce dal secondo posto in campionato e allenata da Fabio Capello. Il catalano si ritrovò quindi a giocare accanto a campioni come Cafù, Emerson, Samuel, Batistuta, Totti, Montella e Cassano.
Guardiola: "Roberto Baggio is one of the most incredible players I've played with. He'd had two operations on his knees and was half-lame, but he was always were I thought he should be. I can't imagine what he'd be like had he been fully fine and surrounded by good players." pic.twitter.com/hFljaUi5XU
— Barça Universal (@BarcaUniversal) September 14, 2018
L’avventura in giallorosso non fu altrettanto soddisfacente, sia per le prestazioni della squadra che per le sue poche presenze (6 appena, tra cui però la sua ultima in Champions League da giocatore), e a gennaio rientrò al Brescia, di nuovo con Baggio e Mazzone. Al suo ritorno in Lombardia, il club era sest’ultimo con 3 punti sulla zona retrocessione; a fine anno, era nono a meno 7 dalla Roma.
LEGGI ANCHE: Dan Friedkin: quanto è ricco il proprietario della Roma?
In estate, Guardiola lasciò l’Italia per il Qatar, ma portò con sé un importante bagaglio di conoscenze tattiche e anche culturali, come appunto le canzoni di Francesco De Gregori.
Seguici sul nostro sito, resta aggiornato CLICCA QUI e contattaci sui nostri social: Instagram, Facebook, Twitter e Flipboard! Inoltre, ascolta il nostro Podcast su Spotify!