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Olivier Giroud con la doppietta realizzata ieri nel derby di Milan è diventato un eroe per i tifosi rossoneri. In realtà il centravanti francese è il simbolo di una squadra come quella di Pioli, che si sta facendo largo in classifica in Serie A pur essendo di continuo sottovalutata.

Un po’ come Giroud stesso, uno dei giocatori più vincenti di questi ultimi anni a livello internazionale, ma mai considerato granché. Eppure il suo palmares è lì a ribadirlo.

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Giroud, il non-predestinato

Olivier è campione del mondo in carica con la Francia, d’Europa a livello di club col Chelsea e anche in passato ha conquistato titoli ovunque sia stato. Persino al Montpellier, squadra con cui è esploso, ormai dieci anni fa, nel 2012, vincendo un incredibile campionato davanti al Psg appena diventato degli sceicchi.

Una parabola alla Luca Toni, un giocatore maturato abbastanza tardi e poi diventato fondamentale ovunque. Basti pensare che fino a 24 anni Giroud giocava in Serie B e non aveva nulla del predestinato. Alto, grosso, forte fisicamente, un buon sinistro, parecchi gol nelle “minors” e stop.

Poi, all’Arsenal, tre FA Cup e altrettanti Community Shield, la “Supercoppa inglese”. In generale un ruolo da intoccabile nello scacchiere dei Gunners, che in Francia hanno sempre tendenzialmente pescato bene fin dai tempi di Vieira, Henry, Pires, Wiltord e compagnia.

Al Chelsea, infine, ha sempre fatto il suo, senza mai reclamare un posto da titolare ma anzi facendosi trovare sempre pronto. La concorrenza del resto è sempre stata abbastanza spietata, eppure Giroud bene o male un certo numero di presenze anche nelle partite importanti l’ha cavato fuori con regolarità.

E come dimenticare poi l’incredibile nottata del 2 dicembre del 2020, quando segnò 4 gol al Siviglia in Champions, diventando il giocatore più vecchio a realizzare una tripletta nella massima competizione europea? Un’annata chiusa con la vittoria in quella competizione, pur senza scendere in campo in finale. Il suo contributo alla causa, comunque, l’aveva già dato.

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Più Giroud, meno Benzema

Il vero capolavoro tecnico-tattico del nativo di Chambery, a un tiro di schioppo dall’Italia, quindi, è stato però il Mondiale del 2018 vinto con la Francia. Non perché abbia fatto chissà quali numeri: anzi, ha chiuso a 0 gol segnati come Guivarc’h nel 1998 (stessa maglia-stesso ruolo-stesso risultato finale), ma lasciando un’impressione del tutto diversa.

Giroud è diventato titolare in punta di piedi, quando Deschamps aveva capito che il tridente leggero Griezmann-Mbappé-Dembelé non poteva andare da nessuna parte, e che ci voleva un perno centrale forte fisicamente: in tal modo le difese avversarie dovevano occuparsi anche di lui, liberando così spazio per l’estro di Mbappé e Griezmann, con Dembelé ovvio sacrificato.

milan giroud brahim rebic

Fonte: Insidefoto

Senza Benzema, auto-esclusosi dalle convocazioni pur essendo forse il centravanti francese più forte, Giroud – che peraltro scarso tecnicamente non è – è stato perfetto nel suo lavoro sporco. Enorme spirito di sacrificio senza che nessuno gli rendesse grandi meriti, tra i lampi di Mbappé e Pogba e le infinite corse di Kanté.

Deschamps senza Giroud, ma con Benzema titolare, all’ultimo Europeo invece è naufragato malinconicamente, fuori agli ottavi con la Svizzera ai rigori.

Eterno sottovalutato, Olivier, simbolo perfetto adesso di un Milan visto sempre come “underdog”, come sorpresa. Anche nel derby vinto ieri si è letto soprattutto di un’Inter “presuntuosa”, o che ha pensato di aver già conquistato il derby sull’1-0 a venti minuti dalla fine. E che in generale, forse anche giustamente, i nerazzurri rimangono la squadra più forte del campionato.

Intanto il Milan ha riaperto, chissà per quanto, la Serie A. Grazie al suo simbolo perfetto, l’eterno sottovalutato, che in teoria era arrivato per fare la riserva di Ibrahimovic.

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