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Il Torino ha comunicato l’esonero di Marco Giampaolo. Fatale al tecnico la brutta figura contro lo Spezia, ma i problemi nascono da lontano

Marco Giampaolo non è più l’allenatore del Torino. L’ufficialità è arrivata all’indomani del brutto pareggio casalingo contro lo Spezia, nel quale i granata non sono andati oltre lo 0-0 nonostante la superiorità numerica ottenuta dopo soli 7 minuti di gioco. L’espulsione di Vignali poteva spianare la strada alla rinascita del Torino, invece è andato tutto male.

Zero tiri in porta per 89 minuti, con lo Spezia che invece con coraggio ripartiva sfruttando il grande lavoro di Piccoli e Gyasi, mentre i ragazzi di Giampaolo arrancavano tra un giro palla lento e prevedibile e zero movimenti tra le linee. Tutto troppo facile per Italiano, che a fine partita avrà avuto di che rammaricarsi. Nella notte il presidente Cairo ha fatto le sue valutazioni, arrivando all’inevitabile decisione di esonerare l’allenatore sul quale aveva scommesso solo sei mesi fa.

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Fonte immagine: @Fantacalcio (Twitter)

Le colpe di Giampaolo

Negli ultimi anni tutti gli esoneri operati dal Torino sono stati accolti a gran voce dalla maggior parte della tifoseria. Nel caso di Giampaolo, i social network hanno fatto eco ad alcuni fan contenti ma, in contrapposizione, si sono alzate parecchie voci di dissenso. Sia chiaro, Marco Giampaolo non è esente da colpe per questa prima parte di stagione, ma tutto è sempre e solo subordinato a una gestione societaria approssimativa e poco lungimirante.

Soffermandoci meglio sulle responsabilità del mister, va certamente detto che alcune scelte di campo non hanno pagato. La dirigenza non lo ha aiutato, ma giocatori come Rodriguez, Linetty e Murru pare fossero suoi suggerimenti. Da una parte l’impossibilità di fare un certo tipo di mercato lo ha portato a puntare su “cavalli” a lui conosciuti; dall’altra, almeno all’inizio, ci ha messo un po’ troppo a capire che – con questa rosa – il 4-3-1-2 era un modulo difficilmente perseguibile, tantomeno affinabile.

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Fonte immagine: @andrelapegna (Twitter)

Le responsabilità della società

Le colpe di Giampaolo, se così vogliamo definirle, finiscono qui. Poi si apre un discorso dirigenziale e societario sul quale si potrebbe davvero scrivere un libro. Per esempio, perché non gli sono dati gli uomini adatti per giocare il suo calcio? Non erano necessari campioni, ma calciatori funzionali a un’idea che, nell’anno in cui una stagione si è attaccata a quella successiva, non poteva essere sperimentata a lungo.

Dopo due mesi, Giampaolo è addirittura passato a più miti consigli, tornando al 3-5-2 e ammettendo due verità incontrovertibili: in primis, la squadra non ha palleggio e possesso nelle corde; la seconda, quella che riguarda il modulo, risiede nel fatto che la rosa sembra modellata – pur avendo caratteristiche distruttive – per giocare con una difesa a tre.

Ci ha provato, ha fallito. Per mancanze sue ma anche per sfortuna e, soprattutto, senza mai essere veramente affiancato da una dirigenza che ha portato avanti una strategia poco lungimirante, nella quale l’unico caposaldo era che qualunque giocatore in entrata fosse semplicemente un’occasione. Funzionale o meno, poco importa.

In più, è arcinoto che tra una stagione e l’altra ci sarebbe stato da fare un profondo lavoro di restyling dello spogliatoio, mandando via calciatori scontenti, anagraficamente al capolinea e fisicamente non più idonei. Non è stato fatto nemmeno questo, così Giampaolo è andato in guerra a fronteggiare i carrarmati con una fionda. E l’epilogo non poteva che essere questo. Triste, inevitabile, con scenari futuri ancora peggiori.

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