Era dal 1995/96 che lo storico club ungherese del Ferencvaros mancava dalla massima competizione europea. La squadra odierna punta soprattutto sui giovani e alcune vecchie conoscenze del calcio italiano.
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È bastato lo 0-0 interno, agli ungheresi del Ferencvaros, per riuscire ad avere la meglio dei norvegesi del Molde e tornare a disputare i gironi di Champions League dopo 25 anni di assenza. Decisivo il rocambolesco risultato dell’andata, dove le Aquile Verdi conducevano per 2-0, sono state poi rimontate e solo a tre minuti dalla fine sono riuscite a riacciuffare il pareggio.
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Per il Ferencvaros si tratta del coronamento di un lungo percorso di qualificazione iniziato il 19 agosto eliminando un’altra squadra scandinava, gli svedesi del Djungarden, e poi superando a sorpresa il Celtic, sconfitto per 2-1 a Glasgow. Nel terzo turno, gli ungheresi hanno poi avuto la meglio, col medesimo risultato, di un’altra squadra più quotata, la Dinamo Zagabria, che l’anno scorso affrontò nei gironi l’Atalanta.
Il passato glorioso del Ferencvaros
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Il clamore dei media attorno alla qualificazione in Champions League del Ferencvaros è dovuto al passato vincente del club, che divenne la squadra simbolo del calcio ungherese negli anni Sessanta, cioè il periodo che seguì la repressione della rivoluzione politica nel paese e il dissolvimento della Squadra d’Oro, la nazionale che aveva vinto l’oro olimpico del 1952 e sfiorato il titolo mondiale del 1954.
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Nei primi anni Sessanta, quando in panchina arrivò Jozsef Meszaros, il Ferencvaros non vinceva un titolo dal 1949, ma il nuovo tecnico fu in grado di ricostruire una squadra capace di dominare il campionato locale e farsi valere anche in Europa, raggiungendo una semifinale di Coppa delle Fiere (l’antenata dell’odierna Europa League) nel 1963, per poi conquistare il titolo due anni dopo, superando in serie Roma, Athletic Bilbao, Manchester United e Juventus.
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Era una squadra solida e spettacolare, nello stile del calcio danubiano, che poteva vantare alcuni giovani di talento come l’ala destra Zoltan Varga o il promettente difensore Laszlo Balint, ma la cui stella indiscussa era il centravanti Florian Albert, marcatore implacabile e completo da ogni punto di vista, che nel 1967 vinse addirittura il Pallone d’Oro. In questo periodo, il Ferencvaros raggiunse ancora i quarti di finale di Coppa dei Campioni (il suo miglior risultato nell’antenata della Champions League), e di nuovo la finale della Coppa delle Fiere.
L’inizio della crisi
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Nel 1968, Varga, che aveva solo 23 anni, disertò e fuggì all’estero, andando a giocare in Scozia e Germania: così, il Ferencvaros perdeva uno dei suoi giocatori di maggior talento. Gli infortuni di Albert ne segnarono poi il prematuro declino, trascinandosi dietro non solo le Aquile Verdi di Budapest, ma un po’ tutto il calcio ungherese.
La finale di Coppa delle Coppe del 1975, persa contro la grande Dinamo Kiev di Lobanovski e Blochin, fu l’ultimo acuto del club di Budapest. Anche i trionfi domestici diventarono più rari, e con l’apertura dell’Est, che fece da preludio alla caduta del Muro di Berlino, gli ungheresi di talento iniziarono a migrare all’Ovest; come Balint, che nel 1979 si trasferì in Belgio.
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Nei primi anni Novanta, il Ferencvaros visse una piccola resurrezione, per qualche anno dominò i tornei nazionali e, nella stagione 1995/96, tornò a giocare nella fase a gruppi della Champions League, dove chiuse terzo davanti agli svizzeri del Grasshoppers e dietro ad Ajax e Real Madrid (a cui strappò un pareggio per 1-1 in casa).
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Negli ultimi 25 anni, le Aquile Verdi sono rimaste nell’anonimato internazionale, sebbene dall’inizio del decennio abbiano ripreso a vincere titoli in Ungheria. Nel 2018, in panchina s’è seduto Serhij Rebrov, ex-giocatore e poi allenatore della Dinamo Kiev, che ha riportato al successo interrompendo il dominio dello Shakhtar Donetsk.
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Nelle ultime due stagioni, il Ferencvaros ha vinto due campionati ed è andato progressivamente migliorando in Europa: la prima volta è uscito ai preliminari di Europa League, ma l’anno scorso si è guadagnato l’accesso alla fase a gironi, mancando la qualificazione di un solo punto, dietro al Ludogorets.
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La rosa è priva di grandi nomi, e l’unico giocatore con un po’ di fama internazionale è il portiere Adam Bogdan, ex-Bolton e Liverpool. I tifosi italiani, invece, probabilmente riconosceranno due vecchie conoscenze del nostro calcio: Balint Vecsei, centrocampista passato da Bologna e Lecce, e l’attaccante Roland Varga, che ricorderanno a Brescia e Foggia. Ma se dobbiamo parlare di stelle, i nomi da tenere d’occhio sono l’ex-prodotto del vivaio dello Shakhtar Oleksadr Zubkov – un’ala destra da 9 gol e 6 assist nello scorso campionato ungherese – e il numero 10 Tokmac Chol Nguen, ala mancina norvegese di origine kenyota con 3 gol segnati nei preliminari di Champions.
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Ma la squadra di Rebrov ha anche alcuni giovani interessanti. Due talenti locali: il mediano Andras Csonka, 20 anni, reduce da un buon prestito al Soroksar, e il terzino 17enne Dominik Csontos, che sta facendosi largo nella squadra maggiore. In estate si è aggiunto alla rosa il talento della Dinamo Zagabria Roko Baturina, centravanti di 20 anni, che ha esordito in Coppa d’Ungheria con doppietta e due assist.