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Intorno alla stagione di Erling Haaland stanno piovendo critiche ingiustificate che nelle ultime settimane sono sfociate addirittura nel ridicolo

Nei primi dieci giorni di aprile si è detto di tutto intorno ad Erling Haaland, coinvolgendo nel dibattito due ex calciatori di Liverpool e Manchester United, oggi commentatori televisivi che spesso sono protagonisti di uscite un po’ oltre i limiti del consentito. Il cinque aprile – ad esempio – dopo il pareggio tra Arsenal e Manchester City Roy Keane, ex capitano del Manchester United, ha dipinto Haaland come un giocatore di “League Two” (l’equivalente della Serie D inglese) per la quantità di gioco prodotto contro i Gunners e per la sua presunta incapacità di essere utile alla squadra in modo diverso dal segnare reti. Una settimana più tardi, esattamente il dodici aprile, Jamie Carragher – ex capitano del Liverpool – lo indica come grandissimo finalizzatore, non come campione a tutto tondo, portando come prove le difficoltà avute nello scontro con difensori di primo livello come Virgil van Dijk, Antonio Rudiger e William Saliba. 

Se vedete qualcosa di sbagliato in queste dichiarazioni beh, siete dalla stessa parte di chi scrive e di Pep Guardiola, che dopo i commenti dei due ha voluto scendere in campo non per difendere il proprio giocatore, ma per sottolineare l’insensatezza di questo filone di critiche che da inizio stagione sta tormentando il centravanti norvegese. Il tecnico spagnolo ha parlato di Haaland spiegando come la scorsa stagione – quella dell’esordio in Premier League – il Manchester City non avrebbe potuto vincere quello che ha vinto senza Haaland in rosa, e non solamente per il numero incredibile di gol segnati. Il triplete (poi trasformato in pokerissimo con la Super coppa Uefa e il Mondiale per Club) è scaturito necessariamente dall’arrivo di Haaland, che con i suoi cinquantadue gol (cinquantadue!) in una stagione ha contribuito al completamento del progetto di Guardiola, rendendo il City non più solo pericoloso con i suoi trequartisti ma anche con il proprio centravanti. 

Proseguendo nell’esplorazione dei commenti giunti intorno alla figura di Haaland in questa stagione possiamo vedere come colleghi del norvegese si siano esposti in maniera diametralmente opposta, sottolineando come il suo impatto sul City non dipenda solamente dai gol segnati, ma soprattutto dalla presenza in campo che sposta il baricentro difensivo avversario su di lui. Una presenza di questa caratura cambia obbligatoriamente gli equilibri delle partite, lasciando più spazio ai rifornitori del centravanti e permettendo alla squadra di esprimersi al meglio anche quando Haaland non riesce a segnare. Ciò che però è paradossale è che l’analisi fatta intorno alle critiche e alla sua stagione sembra riportare un quadro disastroso a livello di prestazioni e di statistiche, ma nulla è più lontano dalla realtà di questa ipotesi. 

Haaland in questa stagione ha già segnato trentuno gol in trentotto partite, fornito sei assist e affrontato un infortunio di due mesi dovuto ad un sovraccarico fisico che lo ha tenuto lontano dai campi tra la metà di dicembre e la fine gennaio, obbligandolo ad un reintegro ai ritmi della Premier e della sua squadra graduale e giustamente pianificato. Per questo le critiche citate non hanno alcun senso. 

Haaland è il miglior centravanti del mondo 

Prima dell’infortunio Haaland viaggiava ai ritmi dello scorso anno: ventidue partite, diciannove gol e cinque assist in stagione; dopo lo stop il ritmo è cambiato, rallentando a causa di una ripresa fisica necessariamente progressiva, e in sedici partite le reti segnate sono state dodici, con un solo assist fornito. Capiamo che con numeri simili – e un infortunio di mezzo – è impossibile parlare di Haaland come di un giocatore di Serie D, così come indicarlo come centravanti che necessita della squadra per segnare è riduttivo e banale. 

Certo, il norvegese è il perfetto terminale offensivo di qualsiasi squadra sappia produrre gioco di qualità e la sua presenza nella costruzione pratica e diretta del gioco spesso non è decisiva come quella di Harry Kane o di Kylian Mbappé. Ma chiedere ad Haaland di fare qualcosa di diverso dal segnare valanghe di gol è controproducente perché sin dal suo esordio tra i professionisti, ciò che il norvegese sa fare meglio è il dettaglio che fa la differenza tra vincere trofei e perdere partite: segnare. 

Se le critiche piovute su di lui sembrano assurde è proprio perché – anche in un momento di appannamento – Haaland segna sempre e segna tanto, come moltissimi calciatori idolatrati nel nostro campionato non hanno mai fatto e mai faranno. 

L’unico neo della stagione è forse il dato contro alcune grandi squadre come Arsenal e Real Madrid, dove i difensori citati da Carragher hanno potuto avere la meglio su di lui per fattori molteplici, uno dei quali è certamente la qualità del loro talento. Guardiola lo ha più volte sottolineato: il calcio è composto da più componenti e un risultato – di qualsiasi natura esso sia – è dovuto alla somma di tutte queste componenti ed è impossibile isolarne una sola ed ottenere la stessa conclusione. Ciò che conta, ancor di più prima della partita di questa sera contro il Real Madrid, è evitare di lanciarsi in critiche eccessive nei confronti di un fuoriclasse perché – parole di Pep – potrebbe smentirti nei primi dieci minuti della partita successiva. 

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