Stephan El Sharaawy è il miglior esempio di cosa sia diventata la Roma dall’arrivo di Daniele De Rossi, e ora ha messo nel mirino anche la nazionale.
Quando a diciannove anni sfrecciava con la maglia del Milan sembrava che i rossoneri avessero trovato l’erede di tutti quei giocatori offensivi che fanno vendere biglietti e magliette, e fanno vincere trofei. El Shaarawy in versione Milan sembrava und demonio arrivato dalla Liguria, irrefrenabile al punto da sbattere da solo contro il muro che ha posto fine alla prima parte della sua carriera. Il binario morto di Monaco ne aveva spento i propulsori, costringendolo a fare un virtuale passo indietro per una carriera che sembrava destinato a ben altro. Il primo approdo alla Roma si è consumato in questo modo, tra i dubbi di coloro che avevano sollevato ben più della polvere intorno alla sua carriera e le poche certezze riguardo il suo talento. Era il 2016 e – per ironia della sorte – sulla panchina giallorossa sedeva Luciano Spalletti, proprio colui che ne ha reinventato la carriera e che potrebbe coronare la crescita del Faraone con una convocazione per i prossimi europei.
Ma prima di pensare alla prossima estate, questa sera la Roma gioca contro il Bologna una gara da dentro – fuori per la prossima Champions League. Con gli emiliani a +4 sui giallorossi che però hanno la gara contro l’Udinese da completare, una vittoria permetterebbe alla squadra di De Rossi di avvicinarsi pericolosamente a quella di Thiago Motta, perpetuando quella rincorsa iniziata dopo l’esonero di Mourinho e oggi ad un passo dal concretizzarsi. La roma di De Rossi ha iniziato a correre sin dal primo allenamento guidato dall’ex capitano giallorosso e simbolo di questa corsa perpetua è proprio Stephan El Shaarawy, la cui maturità è lampante da alcune stagioni a questa parte. Se sotto le direttive di Mourinho il faraone aveva iniziato a studiare per diventare un giocatore totale, capace di offendere e di difendere, con De Rossi la dedizione alla causa della Roma è diventata totale abnegazione per il sé stesso di prima, quell’El Shaarawy che faceva sognare con colpi di tacco, giocate al limite dell’irriverenza e gol terribili segnati ai danni di portieri avversari inermi. Non è più quel giocatore El Shaarawy, non è più quel ragazzo prodigio che il Milan sembrava aver scovato non si capisce ben dove: oggi è un calciatore maturo di trentadue anni in grado di offrire le proprie capacità ad una causa come quella della Roma, squadra che – nel momento di exploit del suo talento – non era nemmeno considerata all’altezza di quello che sarebbe stato il suo futuro.
Le cose però non sempre vanno come previsto e lo stesso De Rossi ha spiegato cosa sia successo ad El Shaarawy nel corso degli anni: si parla di una trasformazione non estetica ma quantitativa, in cui i propulsori del suo motore hanno cambiato finalità e motivo di utilizzo. Nel corso di questa stagione – ad esempio – El Shaarawy ha giocato in sei posizioni diverse, dal terzino sinistro all’ala destra, passando per tutti i ruoli del centrocampo e dell’attacco. In questo modo si è reso non solo utile alla squadra ma anche a sé stesso, diventando indispensabile prima per Mou e poi per DDR, al punto da divenire l’ago della bilancia della doppia sfida con il Milan. Un rendimento simile – condito comunque da otto assist e tre gol stagionali – racconta di un El Shaarawy finalmente adulto, cambiato nelle movenze ma non nell’attitudine, in grado id mettere da parte i fantasmi di un passato francese e cinese che stavano per strapparlo al calcio europeo e che oggi sembrano lontani come mai prima d’ora.
El Shaarawy e la nazionale
Il filo conduttore di questa trasformazione è proprio Luciano Spalletti, suo allenatore alla prima avventura a Roma e primo a schierarlo a tutta fascia in un Roma – Frosinone in cui il faraone trovò anche un bellissimo gol di tacco. Da quel momento – e nonostante l’avventura cinese – El Shaarawy è entrato in una fase di maturazione costante, aiutato da Mourinho e dalle cavalcate europee della recente storia giallorossa e spinto ora ai suoi limiti estremi da De Rossi e dal coinvolgimento che tutta la squadra sta vivendo in questo concitato finale di stagione.
Tutto questo però può avere un fine preciso e molto importante: a giugno l’Italia difenderà il titolo conquistato con Mancini nell’estate 2021 e diverse caselle dei convocati di Spalletti ancora risultano libere. Un El Shaarawy simile può diventare un’arma importante per il commissario tecnico che nella duttilità e nell’applicazione del faraone potrebbe trovare un alleato importantissimo in vista di partite dall’enorme impatto emotivo.
Si parte quindi da questa sera, dalla sfida con il Bologna e dalle gare che mancano per portare la Roma in Champions League e per tentare l’assalto a quella coppa europea che – un anno più tardi – troverà ancora il Bayer Leverkusen come ostacolo sul cammino della Roma di El Shaarawy e De Rossi.
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