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Pirlo e Lucescu si sono già incontrati prima di Juventus – Dinamo Kiev, ai tempi dei loro esordi (come giocatore e allenatore) nel campionato italiano, prima a Brescia e poi a Milano.

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Lucescu è sempre stato un allenatore specializzato nel riconoscere i giovani talenti, e Pirlo non ha mai fatto segreto di dovere molto al rumeno, che fu il primo a credere in lui ai tempi del Brescia. Erano gli anni Novanta, in cui la Serie A attirava i migliori calciatori e tecnici del mondo, e sebbene i loro due precedenti incontri non siano stati particolarmente fortunati in termini di risultati, hanno rappresentato molto nella crescita di Pirlo come calciatore.

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Pirlo e Lucescu: gli esordi a Brescia

Dopo la caduta del regime comunista in Romania, Mircea Lucescu si era trasferito in Italia, dove si costruì una buona reputazione da allenatore: prima un’esperienza poco soddisfacente al Pisa, nel 1990-91, e poi un buon periodo al Brescia, che condusse a due promozioni dalla B alla A, lanciando Maurizio Ganz e poi Roberto Baronio, e portando in Italia alcuni suoi celebri connazionali come Florin Raducioiu, Dorin Mateut, Ioan Sabau e soprattutto Gheorghe Hagi.

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Proprio in quegli anni, Andrea Pirlo si faceva strada nelle giovanili del Brescia e della Nazionale, affermandosi come un trequartista molto promettente. Lucescu lo notò e ne seguì la crescita, portandolo per la prima volta in prima squadra, anche se poi fu Adelio Moro, in panchina dopo l’esonero del rumeno nel 1995, a farlo esordire in Serie A nel maggio 1995, a 16 anni e 2 giorni, più giovane debuttante della storia delle Rondinelle.

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Lucescu venne richiamato in panchina per la stagione successiva, ma preferì tenere Pirlo nella squadra Primavera, aggregandolo saltuariamente alla prima squadra ma senza mai schierarlo in campo. Tutto ciò consentì al bresciano di crescere senza pressioni, portando il Brescia Primavera a vincere il Torneo di Viareggio. La stagione della prima squadra fu pessima, Lucescu venne esonerato e rimpiazzato da Reja, che poi si potè poi godere il talento di Pirlo. Ma il centrocampista ha spesso sottolineato l’importanza del periodo con Lucescu, definendo il rumeno “il mio maestro”.

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Pirlo e Lucescu: 15 giornate a Milano

Le carriere dei due presero direzioni diverse per poi riconvergere nuovamente a Milano, sponda nerazzurra, nel 1998. Il Brescia era tornato in A, e Pirlo era divenuto il principale astro nascente del calcio italiano, così che l’Inter aveva scelto di ingaggiarlo e farne uno degli elementi di spicco di una rosa di prim’ordine, che l’anno prima aveva sfiorato lo scudetto trascinata dai gol di Ronaldo. Lucescu, invece, dopo un’esperienza alla Reggiana era tornato a casa, e aveva ottenuto buoni risultati col Rapid Bucarest.

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Le cose, all’Inter, stavano andando male e Pirlo non era riuscito ad ambientarsi; Lucescu arrivò a inizio dicembre al posto di Simoni con i nerazzurri settimi, e iniziò a dare più spazio al talento bresciano, anche se principalmente da subentrato, per non sovraccaricarlo di responsabilità in una squadra che doveva ancora trovare i suoi equilibri. Purtroppo, l’allenatore rumeno non riuscì a sistemare l’Inter, che a fine marzo era precipitata in nona posizione. Moratti lo licenziò e affidò la panchina a Castellini.

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Nonostante le 18 presenze in nerazzurro, la stagione di Pirlo fu lontana da ciò che ci si aspettava da lui; iniziarono così i prestiti che, alla fine, lo portarono alla cessione al Milan, dove Ancelotti lo avrebbe reinventato regista basso. Lucescu, invece, si trasferì in Turchia, e col Galatasaray vinse la Supercoppa europea contro il Real Madrid. Intorno alla metà degli anni Duemila, mentre Pirlo si affermava come il miglior regista d’Europa, Lucescu iniziava il proprio ciclo allo Shakhtar Donetsk, che sarebbe stato il suo più grande capolavoro.

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