Con un colpo di scena il Governo ha cancellato il Decreto Crescita, una norma che nell’ultimo anno e mezzo aveva portato enormi benefici ai club italiani. Cosa succede adesso?
Come se non bastasse la sanguinosa crisi economica dovuta al lockdown forzato causa CoVid-19, l’Agenzia delle Entrate ha deciso di bloccare, per i club italiani di calcio e basket, le agevolazioni stabilite dal Decreto Crescita, una norma stabilita nel 2019 che serviva per venire incontro alle società che avevano intenzione di portare in Italia nuova forza lavoro.
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Un vero e proprio pasticcio all’italiana, soprattutto dal punto burocratico. Secondo la ricostruzione del Sole 24 Ore, la decisione di fare marcia indietro sarebbe stata presa dal Governo in ottobre e ufficiosamente ratificata in queste ore. Un passo importante, delicato, che rischia di scombinare le strategie pianificate a tavolino dai manager dei club italiani.
Il motivo non è risentimento verso un mondo, quello del calcio, sempre banalizzato e bistrattato, o almeno non lo è questa volta. Semplicemente, ci si è dimenticati di scrivere il decreto attuativo che la rendesse operativa tale norma. Un paradosso comico se non fosse che, da ridere, non c’è proprio nulla. La nuova deadline per emanare il Decreto Crescita ora è il 28 febbraio 2021: se non passa, tutto verrà cestinato.
Decreto Crescita: cos’è e cosa prevede
Il Decreto Crescita, emanato nella primavera del 2019 con la nominazione di Dl34, si rivolge a “lavoratori «impatriati», ovvero quei lavoratori residenti all’estero nei due periodi d’imposta precedenti che trasferiscono la residenza in Italia per almeno due anni, svolgendo l’attività lavorativa prevalentemente nel territorio italiano”. A questi professionisti spetta la detassazione ai fini Irpef, per 5 anni, del 70% del reddito di lavoro dipendente o autonomo.
A rientrare in questa categoria sono gli sportivi, gli allenatori, i dirigenti tecnico-sportivi e i preparatori che, da legge, operano nelle discipline riconosciute come professionistiche. Ergo, anche e soprattutto i calciatori, coloro i quali fanno girare la maggior parte del denaro, con i quali i club interessati sono avvantaggiati in quanto, facendoli arrivare in Italia, potrebbero abbattere sensibilmente il proprio carico fiscale.
Decreto Crescita: club e calciatori interessati
Le big di Serie A avevano però già cominciato a sfruttare i benefici del Decreto Crescita. Per esempio, Inter e Juventus hanno lavorato parecchio utilizzandolo da sponda fiscale. Considerando solo l’annata in corso, i nerazzurri andrebbero a rimetterci oltre 23 milioni di euro, ovvero la differenza che intercorre tra la tassazione tramite Decreto Crescita e quella senza agevolazioni.
Un bagno di sangue portato in primis dagli stipendi pagati ad Antonio Conte, Romelu Lukaku, Cristian Eriksen e Alexis Sanchez, ma anche Arturo Vidal e Hakimi rientrano in questa casistica. i bianconeri invece ci rimetterebbero “solo” 21,37 milioni di euro, derivati da Mathjis de Ligt, Adrien Rabiot, Aaron Ramsey, Alvaro Morata, Arthur, Danilo e Weston McKennie. Fuori da questo discorso rimane Cristiano Ronaldo, arrivato a Torino già nel 2018.
Per quanto riguarda le altre, subito dietro a Inter e Juventus è il Napoli a essere maggiormente toccato da questa sospensione del Decreto Crescita, con quasi 9 milioni di differenza. Poi la Roma, con 7,92 milioni di euro, e il Milan, con 7,05 milioni di euro sui quali pesa in eccesso l’ingaggio di Zlatan Ibrahimovic. Andrà trovata una soluzione, perché se la politica non dovesse intervenire, la crisi delle società italiane si acuirà ancora di più, toccando scenari decisamente meno rosei.
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