David Beckham arrivò la prima volta al Milan il 7 gennaio 2009. Dodici anni fa il calcio e il Milan erano molto diversi e l’acquisto dello Spice Boy ne era il simbolo vivo.
Quando il Milan annunciò che dal gennaio 2009 David Beckham avrebbe vestito la maglia rossonera, le reazioni furono controverse. Nello spogliatoio e a Milanello non vedevano l’ora di giocare con il numero sette del Manchester United, mentre parte della stampa si schierò dalla parte di chi sosteneva che il suo arrivo non fosse altro che una trovata mediatica.
Beckham al Milan: perché?
Il perché è presto detto: David Beckham, proprio come Andriy Shevchenko e Ronaldinho, rientrava in una diversa ottica di calcio mercato rispetto ad oggi. L’arrivo di grandi stelle anche avanti con l’età, era il simbolo di un’epoca in cui le grandi squadre dovevano non solo curarsi dei bilanci – rimpolpati dalle vittorie, dalla partecipazione alla Champions League e dai partner commerciali – ma soprattutto mantenere alta l’attenzione intorno alle proprie vittorie grazie a campioni conosciuti in tutto il globo.
L’arrivo di Beckham in quell’inverno fu il coronamento di un corteggiamento che per quasi una decade il Milan portò allo Spice Boy, offrendo al calciatore inglese la possibilità di ritornare in nazionale.
Il Milan acquistò un campione che si rivelò in breve molto più che una figurina Panini, mentre Beckham ritrovò la nazionale – a quel tempo allenata da Capello – giocando altre otto partite dopo il suo approdo in rossonero arrivando a 115 presenze in totale.
Il Milan del passato
Dodici anni fa il Milan veniva dalla vittoria del Mondiale per Club contro il Boca Juniors e da un quinto posto che consegnò la qualificazione all’allora Coppa Uefa nelle mani di Carlo Ancelotti, all’ultimo anno in rossonero.
L’anno precedente Galliani e Berlusconi avevano acquistato Ronaldo, il brasiliano, dal Real Madrid, riuscendo nella parziale rinascita del fenomeno. In quell’estate, dopo gli acquisti di Zambrotta (31 anni) e Shevchenko (33 anni), Galliani regalò ai tifosi anche Ronaldinho (28) dal Barcellona.
Stessa formula che due anni dopo il Condor userà per portare a Milano Robinho, e Ibrahimovic costruendo la squadra destinata a vincere il diciottesimo scudetto rossonero.
Con Ancelotti in panchina, il Milan uscirà ai sedicesimi di Coppa Uefa e arriverà terzo in campionato con il miglior attacco (70 gol) e la seconda miglior difesa (35 gol subiti), salutando a fine stagione Carlo Ancelotti, Paolo Maldini e Ricardo Kakà colonne portanti di una squadra in piena rivoluzione.
Ma in quello spogliatoio, la compresenza di campioni universali come David Beckham, Ronaldinho, Andrea Pirlo, Clarence Seedorf, Gennaro Gattuso, Filippo Inzaghi e di giovani promesse come Alexandre Pato (autore quell’anno di 18 gol in 43 presenze) dimostrava come in poco più di una decade il calcio sia radicalmente cambiato.
Il Milan di oggi
Con Maldini in dirigenza, il Milan di oggi primo in classifica ha scelto di puntare si sull’esperienza di Zlatan Ibrahimovic, ma circondandolo di giovani dalle belle e rosee speranze. Le prospettive del progetto di Maldini e Massara sono chiare: costruire in casa i campioni del futuro, cercando di renderli competitivi già nel presente.
Ibra non è altro che il totem intorno al quale far ruotare queste splendide intenzioni. Per dirla in altri termini, l’arrivo di un David Beckham oggi in rossonero sarebbe un colpo di incredibile potenza mediatica che aumenterebbe il tasso di esperienza in rosa, ma non sarebbe la priorità. O meglio, non costituirebbe la spina dorsale della strategia di acquisto del Milan, come di altre grandi squadre europee.
Quando Beckham approdò al Milan, i rossoneri non solo avevano rivitalizzato Ronaldo e Ronaldinho, e riabbracciato Shevchenko, ma da tempo avevano in squadra Favalli (Classe ’72), Emerson (classe ’76), Kaladze (classe ’78), Zambrotta (classe ’77), Oddo (classe ’76), oltre a tutti i grandi alfieri di Ancelotti, Seedorf, Pirlo, Jankulovski, Inzaghi, Dida, Nesta e Maldini.
Una rosa piena di campioni ma che ai giovani concedeva solo lo spazio del talento più puro: Thiago Silva sarà inserito in rosa l’anno successivo, Alexandre Pato era l’unico diamante grezzo che quel gruppo di campioni ammetteva al loro fianco.
Conclusioni estive
Ma come andò Beckham in quel Milan? Nella prima stagione, quella 2008-09, il Becks mise a referto 20 presenze (2 in Coppa UEFA), segnando 2 gol (contro Bologna e Genoa) e fornendo 6 assist (di cui 2 contro la Lazio in un perentorio 0-3 all’Olimpico). Numeri niente male per un ragazzo di 34 anni che nell’anno precedente aveva giocato oltre oceano.
#OnThisDay
Free-kick master David Beckham bends a beautiful set piece and scores 👨🏼🎓
Splendida punizione a giro di Becks 👨🏼🎓 pic.twitter.com/53r5n4z3dx— AC Milan (@acmilan) January 28, 2019
Grazie a tali prestazioni, il rapporto tra Beckham, il Milan e i Galaxy si intensificò, facendo prolungare il prestito fino alla fine della stagione italiana e dando vita ad un’amichevole, il 20 luglio 2009, a Los Angeles.
In quell’occasione il Milan vestì la maglia della stagione successiva, maglia che Beckham avrebbe vestito solo pochi mesi dopo.
Infatti, nel gennaio 2010 Beckham tornò in rossonero, facendo registrare per la stagione in cui Leonardo sedeva sulla panchina del Milan, 13 presenze e 3 assist, incluse le due gare di Champions League contro il suo Manchester United.
Il 21 marzo 2010 però, riportò la lacerazione del tendine d’Achille, vedendosi costretto a saltare le ultime dieci gare della stagione e a tornare a Los Angeles per la riabilitazione.
Dopo quell’infortunio Beckham tornò in campo prima coi Galaxy e poi con il Paris Saint Germain, giocando fino al 2013 in Europa nel PSG di Leonardo e Ibrahimovic. Un altro calcio.
Rapporto d’amore
Due le curiosità su quello che fu (e che tutt’ora è) il rapporto tra Beckham e il Milan: il primo lo confessò Galliani in un’intervista di qualche anno fa, in cui parlava del momento in cui il Milan acquistò l’inglese. L’allora amministratore delegato rossonero, disse che Beckham aveva rinunciato a molti soldi per venire al Milan, una cifra così importante da poter essere resa pubblica solo se Beckham avesse voluto divulgarla.
Il secondo è invece di estrazione più recente: in una foto sul proprio profilo Instagram il campione inglese ha certificato il rapporto d’amore con i rossoneri postando un contenuto con i suoi due figli, Brooklyn e Romeo Beckham, a Firenze, entrambi con le maglie del Milan della stagione 2019/2020.
Due spotlight che ci riportano al tema fondante questo articolo: l’arrivo di Beckham, così come quello di Ronaldinho, di Ronaldo e di tutti gli altri campioni, certificava lo status di un Milan differente. Attento al rendimento in campo e alla diffusione mediatica del proprio marchio, scegliendo con cura i giocatori ai quali affidare il compito di vincere e di rendere il Milan marchio globale.
Oggi questo è più difficile, a causa di regole più restrittive e delle necessità di curare i bilanci in maniera diversa. Ma, bilanci a parte, un David Beckham oggi sarebbe utile al Milan: per mantenere il primato, e per restituire quell’aura di grandezza propria del club rossonero.
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