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All’Estadio Olímpico di Barcellona è andato in scena il Clasico: protagonista assoluto Bellingham ma la gara dà un segnale forte al calcio italiano

Uno spettacolo che i soli abbonati di Dazn hanno potuto gustarsi in Italia. Ci riferiamo, purtroppo per il calcio italiano, al Clasico andato in scena all’Estadio Olímpico di Barcellona (il Camp Nou è in fase di ristrutturazione profonda, quello che non accade nel nostro Paese insomma). I catalani padroni di casa hanno ospitato il Real Madrid nella madre di tutte le partite, quella attesa dal mondo intero, nonostante in campo non vi siano più Cristiano Ronaldo e Messi uno di fronte l’altro.

I due supercampioni hanno scelto mete esotiche per i rispettivi finali di carriera ma ciò che conta è pur sempre il blasone dei due club. Due società in grado di rinnovarsi sempre e comunque e di offrire uno spettacolo ugualmente di altissimo livello, con i calciofili di tutto il mondo che hanno potuto solo lustrarsi gli occhi dinanzi a cotanta bellezza.

Il Clasico – per chi non l’abbia visto – è terminato 2-1 per il Real Madrid; le merengues hanno vinto in rimonta e nei minuti di recupero, inviando un segnale chiaro agli avversari ed all’Europa intera. A deciderla, manco a dirlo, Jude Bellingham, il giustiziere dell’Italia pur senza segnare nelle gare di qualificazione ai prossimi Europei, devastante con il suo gioco.

Due gol per l’inglese, arrivato in estate dal Borussia Dortmund e piazzato da Ancelotti sulla trequarti, alle spalle di Vinicius e Rodrygo, due punte agili che non danno punti di riferimento. La mossa del tecnico di Reggiolo all’addio di Benzema.

Al primo Clasico, quindi, Bellingham è stato semplicemente devastante, decisivo come ormai spesso gli accade. Un classe 2003 – sì, avete letto proprio bene – che ha conquistato l’intero popolo madridista. Intoccabile per Ancelotti, Bellingham è destinato ad essere per lungo tempo il fenomeno del calcio mondiale ed il leader del Madrid. Una sventola da fuori area ed un gol da rapace d’area, quasi a ricordare un vecchio bucaniere tricolore come Pippo Inzaghi, a dimostrare ancora una volta quanto il buon Jude sia completo e capace di ogni cosa.

Il Clasico dei giovani ed il Barça dei canterani: in Serie A non c’è spazio per loro

Bellingham, come detto, è stato decisivo rubando la scena a tutti ed ammutolendo l’Estadio Olímpico però il Clasico ha messo in mostra una nidiata di canterani destinati a diventare giovani campioni. Xavi, che nella scorsa stagione ha vinto la Liga al primo anno sulla panchina del Barça, ha sposato appieno lo stile blaugrana, assaporato per tutta la sua vita calcistica.

Spazio ai giovani della cantera, soprattutto se talentuosi. E così, nell’undici titolare, si son visti calciatori di fatto poco più che maggiorenni. Un 2003 come Bellingham è Fermín López Marín, centrocampista ed ultimo talento esploso alla Ciutat Esportiva Joan Gamper, il cuore pulsante del club, sede dell’accademia. Un palo per lui dopo pochi minuti che poteva indirizzare definitivamente la gara (si era sull’1-0) dopo il gol in Champions League nell’ultimo turno ed una sfrontatezza propria solo di chi ha le stimmate dei campioni.

Come lui, Alejandro Balde, terzino sinistro che non sta facendo rimpiangere un’icona del Barcellona, quel Jordi Alba lasciato andar via senza troppi rimpianti. Gioca senza paura alcuna, spinge e difende sulla corsia senza soluzione di continuità e non ha avuto paura nemmeno di Dani Carvajal, un calciatore ben più esperto del giovane 2003. Addirittura un anno più giovane è Gavi, ormai un veterano. Classe 2004, titolare del Barcellona quand’ancora non aveva i 18 anni e la patente di guida, il ragazzo è un pilastro anche della Spagna. Centrocampista, mezz’ala, perfino falso nueve, posizione occupata sia nel Barcellona che in Nazionale, Gavi è un tuttocampista dal futuro luminoso e radioso.

Quattro titolari Under 20 nel Clasico, la gara più importante in Spagna e nel mondo, più Yamal, addirittura 16enne, classe 2007, subentrato a gara in corso e già un giovane fenomeno, tanto da far litigare due Nazionali.

Serie A, dietro Baldanzi il vuoto: serve la svolta

Cosa accade in Italia? L’esatto opposto. Luciano Spalletti – prim’ancora Roberto Mancini – denunciano la mancanza di giovani talenti convocabili in Nazionale. L’attuale CT dell’Arabia ha scandagliato il Sudamerica e l’Argentina alla ricerca di calciatori da naturalizzare, vedi Retegui, ormai presenza fissa del gruppo azzurro.

In Serie A non è prassi puntare sui giovani, a maggior ragione se italiani; l’unico 2003 protagonista nel nostro campionato – anche il più talentuoso – è Baldanzi, stellina dell’Empoli, trequartista tutto fantasia che proverà a salvare i toscani dalla retrocessione. Le big lo seguono ma nessuna fin qui ha affondato il colpo. E, ne siamo certi, in caso di trasferimento ugualmente non sarebbe titolare seguendo la filosofia del “risultato ad ogni costo”.

Poca pazienza con i giovani, nel farli crescere e soprattutto strutture inadeguate per la maggior parte dei club dove questi possano esprimere il talento in possesso. Ed i risultati sono sotto gli occhi di tutti; gli ultimi due Mondiali visti dal divano, una qualificazione agli Europei tutt’altro che in discesa, senza dimenticare un campionato diventato poco competitivo e quasi noioso, come dimostra anche l’ultima assegnazione dei diritti tv.

L’erba del vicino è sempre più verde; stavolta non è solo un modo di dire ma una consapevolezza della realtà. Il calcio italiano, stritolato dai debiti e dagli scandali, dimostri di poter essere in grado di cambiare finalmente strada. Dalla Spagna è stata presa l’idea della Supercoppa “allargata”, a quattro squadre; chissà se mai i club italiani possano un giorno decidere di puntare sui talenti in erba che crescono nei settori giovanili, seguendo il coraggio di Barcellona e Real Madrid.