Le squadre del Sud continuano a vivere un periodo di crisi di risultati abbastanza evidente: esiste una questione meridionale anche nel calcio?
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Dice Oreste Vigorito, presidente del Benevento, che Mazzoleni “è messo lì sempre per ammazzare le squadre del Sud“. Senza giudicare nel merito questa ennesima ipotesi di complotto del calcio italiano, bisogna riconoscere che il problema delle squadre del Sud non è una novità, e ovviamente non dipende solo da un arbitro.
La questione meridionale non è un fatto esclusivamente politico, ma anche economico, e pertanto si riverbera pure sul calcio, con risultati che purtroppo sono sotto gli occhi di tutti. I club del Sud sono sempre una minoranza in Serie A, e spesso sono tra quelli meno competitivi.
Un problema storico
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La storia del calcio italiano parla abbastanza chiaro: solo 14 squadre del Sud hanno preso parte ad almeno un campionato di Serie A, e solo una (il Napoli) è nella top 10 dei club più presenti. Inoltre, solamente due di loro sono riuscite a conquistare uno scudetto, ovvero Napoli e Cagliari.
Il più grande di tutti, Gigi #Riva.
Tanti auguri, Rombo di Tuono!#Riva73 ❤️💙 pic.twitter.com/s1yde3TV4N
— Cagliari Calcio (@CagliariCalcio) November 7, 2017
E proprio quest’ultimo caso è abbastanza significativo, perché dietro al titolo nazionale dei sardi del 1970 ci sono soldi che sardi non erano, ma arrivavano direttamente dalle aziende di Angelo Moratti, un imprenditore del Nord. Come è del resto il milanese Tommaso Giulini, proprietario del Cagliari dal 2014. O come Maurizio Zamparini, imprenditore friulano che fu l’artefice del grande Palermo degli anni Duemila. E la Salernitana, appena tornata in Serie A, è notoriamente controllata dal laziale Claudio Lotito.
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Già nel 2014, Termometro Politico denunciava la crisi delle squadre del Sud, dopo che nella stagione 2010/2011 si era raggiunto il record di ben sei club meridionali in Serie A. In questa stagione ne abbiamo avuti quattro, ma il Crotone e Benevento sono entrambi retrocessi, e il Cagliari ha lottato a lungo per salvarsi.
La crisi delle squadre del Sud
La Salernitana colmerà solo uno dei due posti lasciati liberi nella massima serie, e quindi nella prossima annata di A avremo un ulteriore calo delle squadre del Sud. Ai playoff di Serie B è stato ammesso un solo club meridionale, il Lecce, eliminato in semifinale dal Venezia, ma nel frattempo il Cosenza è sceso in Serie C, dove però quest’anno ha già sancito la retrocessione in D della Cavese, con il record negativo di punti tra i tre gironi (23 in 36 partite, peggio sia di Livorno che di Arezzo) e il fallimento del Trapani, incapace addirittura di iniziare la stagione.
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Tra i circa 150 club falliti negli ultimi vent’anni, oltre un terzo sono squadre del Sud, anche abbastanza importanti come Napoli, Bari, Foggia, Reggina e Palermo. La disparità economica, e di conseguenza di risultati, risulta ancora più evidente se confrontiamo il meridione con una regione del Nord molto piccola come la Liguria, che in questa stagione ha avuto tre club in A e uno in B.
#Trapani, il Tribunale ha deciso: il club granata è ufficialmente fallito https://t.co/FCNFUZ3PO7 #Notizie
— Mediagol Palermo (@Mediagol) December 22, 2020
Le ragioni economiche e tecniche
Come già accennato in precedenza, il problema è innanzitutto di natura economica: al Sud ci sono imprenditori meno ricchi rispetto al Nord, e in generale le realtà locali non riescono a attrarre grandi investimenti dall’estero (come invece è riuscito allo Spezia, per fare un esempio).
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I casi di Crotone e Benevento in questa stagione, ma anche del Lecce nella scorsa, sono emblematici: fin da subito, le rose non sono sembrate all’altezza della categoria e non sono bastate le ottime prove a livello di gioco o i gol della rivelazione Simy per riuscire a garantire la permanenza in A. Lo stesso Cagliari, che grazie a una più ricca proprietà settentrionale è riuscito ad allestire una squadra migliore (Godin, Nandez, Rugani, Nainggolan), ha trascorso tutta la stagione nelle parti basse della classifica.
Queste difficoltà si ritrovano anche nella produzione dei talenti. Nel giro della Nazionale di Mancini ci sono solamente sei giocatori meridionali, di cui la metà campani (Insigne, Immobile e Mandragora); e se guardiamo all’Under-21, i giocatori del Sud spariscono del tutto. Anche questo è sintomo di una crisi i cui fattori sono interconnessi: l’instabilità economica impedisce la progettazione e quindi anche lo sviluppo dei talenti, che cercano di occasioni per emergere altrove, in contesti meno problematici.
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Non è un caso che il principale talento del Sud che abbiamo oggi, Lorenzo Insigne, sia entrato nel settore giovanile del Napoli subito dopo l’acquisto da parte di De Laurentiis, cioè di un proprietario con disponibilità economica e ambizioni. Mentre, per contro, Castrovilli ha lasciato il Bari nel 2016, nel breve periodo tra il primo e il secondo fallimento dei pugliesi.
Una soluzione sostenibile e duratura per la crisi delle squadre del Sud, oggi, non può limitarsi allo sport, però, e deve coinvolgere riforme politiche e sociali più ampie, che agiscano sul territorio prima che nei campi da calcio. Solo che, al momento, nulla di tutto questo pare in vista.
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