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Mai come oggi il Liverpool di Jurgen Klopp appare in crisi e, forse, addirittura alla fine di un ciclo. Proviamo a capire quali sono i motivi della crisi.

Ci siamo abituati a considerarlo come una delle grandi per eccellenza del calcio mondiale, resuscitata dalla magia calcistica di Jurgen Klopp: con il tecnico tedesco alla guida, i Reds sono sempre arrivati tra le prime quattro in Premier League, hanno vinto uno scudetto (il primo dal 1990) e vinto una Champions League su tre finali, esprimendo un gioco molto spettacolare.

Ma a vederlo in questa stagione, il Liverpool (stasera avversario del Napoli nell’ultima giornata dei gironi di Champions) non assomiglia nemmeno lontanamente a questo ritratto. Sabato è caduto nello storico fortino doi Anfield contro il Leeds ultimo in classifica, e adesso si trova solo nono con 16 punti, lontanissimo dalla zona Champions League.

Una trasformazione shockante, che ha spinto sempre più tifosi a chiedere sui social qualcosa che fino a pochissimi mesi fa pareva impensabile: l’esonero di Jurgen Klopp. Un’opzione che, al momento, la società non sembra voler prendere in considerazione, ma che di sicuro fa riflettere sui problemi di una squadra che, in estate, ha comunque speso quasi 95 milioni di euro per assicurarsi giocatori come Fabio Carvalho, Arthur Melo e Darwin Nuñez.

Le ragioni del crollo del Liverpool di Klopp

Arrivi importanti che danno solo un accenno di ciò che il Liverpool ha vissuto in questi ultimi tempi sul mercato, ovvero la ristrutturazione graduale della propria storica ossatura: nei mesi scorsi è andato via Sadio Mané, ma l’anno prima era toccato al metronomo del centrocampo Georginio Wijnaldum, e ancora prima a Dejan Lovren.

“Qualcosa non sta andando nel senso giusto e tutte queste sconfitte ti fanno avere dubbi su molte cose” ha detto Alexander-Arnold, palesando ciò che nello spogliatoio pare ormai essere un pensiero comune. Soprattutto a fronte di numeri che non sembrano poi così negativi: con 23 gol segnati e 15 subiti, il Liverpool è il quinto miglior attacco e la sesta miglior difesa. Non eccezionale, ma nemmeno così drammatico come il nono posto in classifica lascerebbe intendere.

In questi mesi, Jamie Carragher, ex-difensore dei Reds e oggi opinionista tv, ha spesso criticato Klopp, prima suggerendogli di abbandonare il suo 4-3-3 per un modulo in grado di rivitalizzare i suoi interpreti, e poi prendendo di mira la politica di trasferimenti del club. L’ex-difensore ha criticato in particolare la mancanza di alternative della società ai suoi obiettivi primari: ad esempio, fallito l’assalto a Tchouameni il Liverpool ha rinunciato a rinforzare un centocampo la cui età media sta diventando troppo alta.

Il Guardian ha raccolto le opinioni di alcuni giornalisti specializzati sul club di Anfield, che individuano il grande problema della squadra di Klopp nel calo di rendimento dei suoi interpreti principali (Alexander-Arnold, Van Dijk, Fabinho, Henderson, Salah), sia per ragioni di una preparazione fisica non ottimale sia come contraccolpo psicologico dovuto alla sconfitta nel finale della scorsa stagione sia in Premier che in Champions.

Aimee Lewis della CNN aggiunge anche il grande ostacolo degli infortuni, che hanno privato il Liverpool di alcuni giocatori fondamentali per gli equilibri tattici, come Naby Keita a centrocampo e Diogo Jota e Luis Diaz in attacco. L’assenza prolungata di questi ultimi due, unita all’addio di Mané e al rendimento altalenante del nuovo arrivato Nuñez, ha messo in crisi innanzitutto il reparto offensivo, che era un settore cruciale del gioco della squadra, cn Klopp che si è ritrovato a corto di alternative e alla fine ha dovuto rilanciare Firmino, dato come partente in estate e oggi capocannoniere dei Reds.

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