Cole Palmer è arrivato a Londra in fretta e furia, scappando da una Manchester troppo affollata per permettergli di diventare uno dei migliori giocatori della Premier League.
Detta così può sembrare pretenziosa, ma a dicembre – appena prima della gara con il Luton Town in cui il numero venti del Chelsea avrebbe senato due reti – quando Pochettino ha affiancato il talento inglese al campione argentino non è sembrato esagerato credergli sulla parola. Partiamo dalle basi: Cole Palmer è un classe 2002, nato a Manchester e cresciuto nello stesso distretto di Marcus Rashford, con cui probabilmente ha condiviso anche la scuola elementare. Conteso dai settori giovanili delle due squadre della città, la crescita calcistica è avvenuta non di pari passo con quella fisica, e per questo c’è stato il rischio che il suo talento si perdesse tra le maglie delle selezioni becere fatte per amor della vittoria. Una volta scelto il Manchester City però, quella qualità così estrema nel tocco di palla – tale da ricordare alcuni dei talenti della Masia del Barcellona – non è passata inosservata, e dopo stagioni più che convincenti con le giovanili – una delle quali conclusa con il gol vittoria della FA Cup giovanile che mancava da dodici anni al City – nel 2020 è finalmente arrivato il momento del suo esordio.
Ci serve in questo caso il tasto dell’avanti veloce: arriviamo all’estate 2023, il Manchester City di guardiola è campione di tutto e ad agosto si giocano Community Shield e Super Coppa Europea rispettivamente contro Arsenal e Chelsea. Cole Palmer figura tra i convocati, anche perché il mercato ha portato via Gundogan e Mahrez al tecnico spagnolo e le qualità di Palmer sono le stesse che Pep aveva scorto in Foden quando giocava nelle giovanili con Sancho e Brahim Diaz. La crescita del trequartista inglese quindi doveva ricalcare quella del connazionale oggi centro di gravità della squadra di Guardiola e le due partite contro Arsenal e Siviglia sarebbero state una bella palestra in vista di una stagione in cui il tecnico gli aveva promesso minutaggio più sostanzioso.
Il problema è che Cole Palmer non ci sta. Non sta alla panchina, non sta al percorso costruito per lui da Guardiola e dal suo staff, non sta alle tempistiche necessarie alla maturazione di un talento in una squadra che ha vinto tutto appena tre mesi prima. Segna quindi con l’Arsenal e segna con il Siviglia, guadagnandosi il titolo di MVP della finale di Super Coppa Europea e dimostrando a chiunque quanto il suo talento possa essere generazionale in Premier League. Ciò che accade dopo è la semplice e diretta conseguenza della ribellione del classe 2002: Guardiola cerca di ricordargli quale sia il programma che il City ha riguardo alla sua carriera, il Chelsea in cerca dell’ennesimo acquisto offre 47 milioni di sterline e Palmer accetta, lasciando il City e l’Academy, trasferendosi a Londra dove in pochi mesi si assumerà le responsabilità che Guardiola ancora non si sentiva di dargli.
Palmer e Pochettino
Lo snodo fondamentale di questa storia è il rapporto tra il calciatore e Pochettino: il tecnico del Chelsea, incaricato di guidare una rivoluzione oggi ad un bivio tra fallimento e successo, ha subito legato con il giovane trequartista, dandogli fiducia nelle partite importanti e rendendolo centro nevralgico di una squadra che per tutta la stagione è stata in balia di una confusione figlia del cambiamento. In una situazione simile Palmer ha segnato sedici gol e fornito dodici assist con la maglia del Chelsea in appena trentacinque partite. Numeri assurdi se pensiamo al contesto in cui si sono sviluppati, con il Chelsea dodicesimo in classifica e in balia di uno tsunami di problemi. Ecco, questi problemi Palmer sembra risolverli, soprattutto nelle partite che contano: in stagione ha segnato contro l’Arsenal il Tottenham, il Manchester City (ovviamente) e il Manchester United tra le grandi del campionato, e ha confermato la sua attitudine a decidere le partite importanti in FA Cup contro il Leicester due settimane fa (un gol e un assist) e contro il Middlesbrough in semifinale di EFL Cup a gennaio.
Torniamo quindi a dicembre, alle dichiarazioni di Pochettino e al paragone con Angel Di Maria: se oggi sembra azzardato perché Di Maria è un mostro sacro del calcio contemporaneo, in Palmer si possono intravedere le movenze, la qualità e l’eleganza del Fideo. A lui l’arduo compito di utilizzarle per costruire una carriera altrettanto vincente e leggendaria come quella del trequartista argentino.
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