Javier Pastore è ricordato come uno dei talenti più cristallini degli ultimi quindici anni. Come il cristallo splendeva e incantava; come il cristallo si è rivelato dannatamente fragile.
C’era un tempo in cui una squadra del sud vestita di rosa lottava per un posto in Champions League regalando spettacolo sui campi di tutta Italia. Quel Palermo aveva come capitano Fabrizio Miccoli e lanciava a raffica calciatori che avrebbero poi dominato la scena calcistica internazionale: Edinson Cavani, Paulo Dybala, Josip Ilicic, Salvatore Sirigu, Andrea Barzagli, Luca Toni e ovviamente il Flaco Javier Pastore.
Pastore è un trequartista tecnico ed elegante, con un buon fiuto del goal e una capacità innata di servire assist ai compagni. Nei due anni al Palermo diventa uno dei giocatori più amati, uno di quelli che ti rapiscono il cuore per sempre a suon di belle giocate. D’altronde nel calcio cosa può rendere più immortali di una tripletta nel derby contro l’acerrima rivale? Il 14 novembre 2010 Pastore ha deciso di marchiare a fuoco il suo nome nella storia del club, diventando il primo calciatore a fare tre goal nel derby di Sicilia. Prima sfrutta di testa un cross di Balzaretti, poi buca Andujar con un destro potente da dentro l’area e infine chiude la contesa in contropiede su assist di Maccarone. La città di Palermo è ai suoi piedi.
A fine stagione, dopo aver totalizzato 82 presenze e 16 goal in due anni, Pastore sposa la causa Paris Saint Germain. In quel momento il PSG è un club in ascesa grazie agli investimenti del sovrano qatariota che ne ha rilevato le quote. Prima del loro arrivo, il Paris Saint Germain aveva vinto a malapena due campionati e lo si ricordava principalmente per aver scoperto Ronaldinho, più che per grandi traguardi sportivi. Pastore resta nella capitale francese per sette anni e assume un ruolo determinante nella crescita del club: segna 45 reti e vince tutto quel che c’è da vincere in Francia. Ha meno fortuna nelle competizioni europee, ma quello è un tabù che il Paris non è riuscito a sfatare nemmeno con il tridente Messi, Mbappé e Neymar. Nonostante ciò, la capitale francese si inchina alla sua classe esattamente come aveva fatto Palermo.
Nel 2018 il trequartista argentino si sposta da capitale a capitale e torna in Italia, scegliendo la Roma. L’esperienza giallorossa è deludente perché nel frattempo sono iniziati quei problemi fisici che non hanno più smesso di tormentarlo. Ha comunque il tempo di incantare i tifosi con due reti quasi fotocopia contro Atalanta e Frosinone. Due reti geniali di tacco, due reti da fenomeno. Sono le ultime gemme, ma anche gli ultimi goal europei. Infatti, dopo le quattro marcature segnate nella prima stagione romanista, non troverà più gioie personali. Inizia il calvario, iniziano i problemi all’anca: da questo momento in poi entra ed esce dall’infermeria senza mai guarire completamente. Non ci sono più highlights da segnalare e la parabola del fenomeno Javier Pastore termina sulla soglia dei trent’anni.
Pastore ha finito troppo in fretta
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Dopo un anno e mezzo all’Elche in cui ha tentato di sfidare il suo corpo senza troppo successo, Pastore è tornato al goal in Qatar dopo quattro anni di digiuno. Un solo goal, giusto per celebrare quel talento svanito troppo presto. Dall’estate scorsa è svincolato. Non ha dato formalmente addio al calcio, ma ha raccontato in una lunga intervista a “La Nacion” che tornare a giocare non è più una sua priorità. Ora vive a Madrid con la sua famiglia e svolge la riabilitazione dopo essersi fatto impiantare una protesi di ceramica al posto dell’anca, ormai irrimediabilmente danneggiata. Dall’intervista è sembrato comunque felice di condurre una vita normale e si è chiesto se potrà ambire ad altri ruoli nel mondo del calcio. Chissà.
In astronomia una stella più è luminosa, più ha vita corta. Questa legge vale anche per molti altri tipi di stelle (non tutte), nel cinema, nella musica o nello sport. Pastore rientra perfettamente in questa categoria e ci fa dubitare dell’importanza di essere longevi. In fin dei conti un calciatore diventa eterno nel momento in cui fa innamorare una o più piazze per cui ha giocato. Fino a quando è stato integro, il Flaco le ha fatte innamorare tutte quante. Tutto il resto è marginale.
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