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Una decina di anni fa il campionato italiano accoglieva una freccia nera con una capacità innata di spaccare le partite. Il suo nome era Gervais Lombe Yao Kouassi, ma tutti lo ricordano semplicemente come Gervinho. Un soprannome brasiliano per un ragazzino della Costa d’Avorio che sogna di diventare calciatore è un bel carico di responsabilità, ma anche un attestato di stima da parte del suo allenatore ai tempi delle giovanili.

Brasile e Costa D’Avorio hanno una cosa in comune: la povertà dilagante. Ed ecco che, come tanti campioni delle favelas, Gervinho comincia la sua avventura nel mondo del calcio giocando senza scarpe. Soltanto dopo aver superato tre test, uno all’anno, l’Accademia di Abidjan gli fornisce delle calzature in quanto calciatore meritevole. 

Nel 2004 Gervinho viene scoperto dal Beveren, squadre militante nel campionato belga, e sbarca in Europa. Dopo due anni in prima squadra, le sirene francesi lo convincono a fare un altro salto di qualità. Arriva la chiamata del Le Mans e poi, dopo due altri anni quella del Lille. Proprio qui, al confine con il Belgio, il giovane esterno esplode trascinando la sua squadra verso uno scudetto che mancava da 57 anni e verso una Coppa di Francia che mancava da 56. Sono trentasei i goal in due stagioni tra tutte le competizioni: medie altissime che non riuscirà mai più a ripetere, ma che lo lanciano in direzione Premier League. 

La prima esperienza in un top club, l’Arsenal, non inizia nel migliore dei modi: all’esordio Gervinho cade nelle provocazioni di Joey Barton e lo schiaffeggia. Rosso e tre giornate di squalifica, ma molti in Inghilterra lo avranno invidiato per aver messo le mani addosso a uno dei giocatori più cattivi e fastidiosi della storia. Nel biennio ai Gunners si toglie qualche soddisfazione, come segnare i primi goal in Champions League, ma non riesce a ripetere quanto prodotto nei suoi anni al Lille. In più, nella Coppa d’Africa 2012 Gervinho spara in curva il rigore decisivo della finale permettendo agli avversari dello Zambia di ottenere una storica vittoria. Avrà modo di rifarsi nel 2015, quando vince la competizione da protagonista, ma il CT lo sostituisce un minuto prima della lotteria dei rigori in finale. Sbagliare è umano, perseverare è evitabile. 

Nel 2013 Gervinho sbarca a Roma e diventa ben presto un pilastro della formazione capitolina guidata da Rudi Garcia. Segna 26 goal in due anni e mezzo e segna a tutte le grandi del calcio italiano (Milan, Inter in campionato, Juve e Napoli in Coppa Italia), ma anche a qualche big del calcio europeo come il Bayern Monaco. L’ultima rete è forse quella più importante, il testamento che ha lasciato ai suoi tifosi qualche mese prima di scegliere la Cina: il goal in un derby vinto, che a Roma è importante quasi come un goal in finale di Champions League. 

In Cina quel ragazzino che giocava senza scarpe si ritrova a guadagnare 8 milioni di euro all’anno, ma dopo qualche stagione di entrate stellari ritorna la voglia di mettersi in gioco in campionati più competitivi con stipendi più bassi. Il richiamo dell’Italia non si può ignorare e Parma gli dà la possibilità di affermarsi come leader tecnico. Gervinho guida la squadra verso due salvezze tranquille e diventa uno degli incubi più ricorrenti di Inter e Juventus, alle quali segna con regolarità. Il terzo anno è complicato per i cambiamenti societari e l’ivoriano è accusato di non impegnarsi più. Servono nuovi stimoli.

Le ultime esperienze di Gervinho

Le ultime due esperienze con Trabzonspor e Aris Salonicco sono segnate da una rottura del legamento crociato anteriore. Infortunio difficilmente recuperabile se avviene all’età di 34 anni. Comunque lui torna a giocare per gli ultimi sgoccioli di una carriera ricca di soddisfazioni. Oggi Gervinho è svincolato, ma non ha dato ufficialmente l’addio al calcio: le ultime notizie sulla vita del calciatore riguardano una trattativa con il Trapani, non conclusa positivamente a causa di pretese troppo alte per un club che in quel momento militava in Serie D.

Gervinho è stato una spina nel fianco delle difese di mezza Europa. Qualcuno sostiene che avrebbe potuto costruire una carriera ancora più vincente, ma se si potesse mostrare a quel bambino senza scarpe cosa gli avrebbe riservato il futuro, beh ecco, credo che quel bambino correrebbe scalzo a cento all’ora in preda all’entusiasmo. Sì, quell’entusiasmo che vive solo in chi è consapevole di poter realizzare i propri sogni.