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C’era un tempo in cui la Russia e le squadre russe potevano partecipare alle competizioni internazionali e ogni tanto sfornavano qualche giocatore dal talento cristallino. Uno dei più brillanti si chiama Andrej Arshavin, attaccante di San Pietroburgo che ha guidato la nazione più estesa del mondo ai vertici del calcio europeo.

Nel clima di esclusione e isolazionismo a cui la Russia odierna è costretta, quel breve passato glorioso assume ancor di più dei contorni nostalgici. 

Andrej Arshavin muove i primi passi nelle giovanili del Lokomotiv Mosca, ma è lo Zenit San Pietroburgo a renderlo grande. In realtà, club e giocatore si tengono per mano e si rendono grandi a vicenda nel primo decennio degli anni ’00. Fino ad allora lo Zenit aveva vinto solo un campionato prima della dissoluzione dell’Urss e, dall’istituzione della Prem’er Lega nel 1992, non era mai riuscito a spodestare le squadre di Mosca. Dopo diversi anni di maturazione, nel 2006 Arshavin viene nominato “Calciatore russo dell’anno”, ma il premio è solo l’anteprima di un film incantevole e forse troppo breve. L’anno successivo guida lo Zenit verso il primo scudetto di una lunga serie (oggi il palmares del club ne vanta 10), siglando 10 goal e regalando 11 assist ai compagni. Poi è il turno della conquista della Coppa Uefa: i russi battono squadre attrezzate come Villarreal e Marsiglia e umiliano Bayer Leverkusen e Bayern Monaco perché Russia batte ciclicamente Germania, come insegnano i corsi e ricorsi storici di Giambattista Vico. Paradossalmente, in finale lo Zenit trova l’avversario meno ostico, un Rangers tutto catenaccio e ripartenze. Per la seconda volta in pochi anni una squadra russa vince il secondo torneo più prestigioso d’Europa.

In questi anni Arshavin è pura classe in un contesto idilliaco, è una guida tecnica insostituibile capace di decidere le partite da solo. Alla squadra manca solo un passo per raggiungere il tetto d’Europa e arrivare dove nessun altra squadra russa è arrivata. Il 29 agosto 2008 va in scena la Supercoppa Uefa che vede sfidarsi lo Zenit e il Manchester United. La gara termina con la sconfitta per 2-1 dei Red Devils detentori della Champions League. Per comprendere la portata di questa vittoria è sufficiente un dato: dal 2009 al 2023 è capitato solo tre volte che la vincitrice della Champions perdesse la Supercoppa, tutte le volte grazie all’Atletico di Simeone. 

Quanto fatto con il club va confermato in Nazionale e quale occasione migliore degli Europei  Austria-Svizzera del 2008? Arshavin salta le prime due partite per squalifica e la Russia arranca, riuscendo comunque a battere di misura una Grecia in fase discendente. Il passaggio del turno lo si decide all’ultima gara contro la Svezia e qui Arshavin comincia il suo percorso da trascinatore assoluto. Contro gli scandinavi capitalizza alla perfezione uno splendido contropiede, ma le vere magie arrivano contro l’Olanda ai quarti di finale. La partita è in parità fino al secondo tempo supplementare, quando Arshavin mette un cross al bacio per Torbinskij che deve solo mettere il piede a venti centimetri dalla linea di porta. Tre minuti dopo si mette in proprio calciando sotto le gambe di Van Der Sar. È tripudio, festa, storia, ed è anche sesto posto nella classifica del Pallone d’Oro.

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Purtroppo in semifinale arriva la Spagna più forte di sempre e la Russia si deve arrendere ai futuri campioni. Tutte queste esperienze da top player attirano l’interesse delle migliori squadre d’Europa e alla fine la spunta l’Arsenal per 20 milioni di euro. I primi sei mesi di Arshavin alla corte di Wenger fanno impazzire i tifosi, soprattutto quando decide di realizzare uno straordinario poker contro il Liverpool ad Anfield. Si conferma a sprazzi negli anni successivi, ma a Londra gli rimproverano una certa indolenza e una non tendenza al sacrificio. Al genio si è aggiunta la sregolatezza e da qui non si torna più indietro. 

Arshavin illumina per poco, pochissimo tempo

Per qualche anno Arshavin si alterna tra Arsenal e Zenit, dove mostra gli ultimi sprazzi di un talento infinito e vince da comprimario altri due scudetti russi. All’Europeo 2012 subisce una cocente delusione con l’uscita della Russia ai gironi per poi rispondere stizzito alle critiche dei suoi tifosi. Da lì a poco anche la vita privata si incrina, tra frasi contro le donne alla guida e serate di eccessi che fanno vacillare il suo secondo matrimonio. Memorabile è il video che lo riprende in sella a un cavallo mentre torna a casa da una serata visibilmente ubriaco.

Come ultima tappa della sua carriera Arshavin sceglie Kairat, squadra del Kazakistan, perché un gigante in decadenza può sentirsi ancora gigante se si circonda di nani. Sono due anni conditi da qualche trofeo, ma non dalla vittoria del campionato per un solo punto di differenza con l’Astana. Nel 2018 si ritira e si getta a capofitto nell’industria dell’abbigliamento, dove svolge i lavori di stilista e imprenditore. Ciò nonostante, l’ultima immagine calciofila di Arshavin è grottesca: è proprio lui il malcapitato protagonista di un errore della Uefa durante i sorteggi degli ottavi di finale di Champions. Un episodio mai successo prima che fa il giro del mondo insieme alle smorfie del russo e costringe la Uefa a rifare l’estrazione da capo. 

In conclusione, la luce di Arshavin è durata giusto qualche anno. Il tempo sufficiente per far innamorare la nazione più grande del mondo, il tempo necessario per essere votato come uno dei più grandi calciatori russi/sovietici di tutti i tempi. Se fosse stato più longevo, sarebbe entrato nell’Olimpo dei campioni insieme a giocatori molto più celebrati di lui, ma non tutti desiderano di vivere nell’Olimpo. C’è chi preferisce il bar, un bicchiere di vodka e la consapevolezza di essere amato dalla sua gente. Per Arshavin è sicuramente questo l’Olimpo.